Capitolo 19

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Jackson pov
Buio in ogni direzione, vago nel vuoto terrorizzato dall'ignoto che mi accinge.
All'improvviso una voce disperata, <<Jackson, Jackson ti prego aiutami!>>
Una luce fioca illumina mia madre intenta a fuggire dalla ferocia di colui che mai ha meritato di essere denominato padre.
<<Mamma!>>
Urlo a pieni polmoni, cerco di andare in suo soccorso ma ogni mia azione è nulla, non riesco a toccarla, a toccarlo, a fermare tutto, corro inarrestabile verso di loro ma non li raggiungo mai.

Mia madre si ferma, non riesce più a correre, la malattia le rendeva pesante già anche solo camminare.
Si accuccia sul pavimento sovrapponendo le mani davanti al volto pronta ad accogliere il suo destino, pronta a subire l'ira dell'uomo dinnanzi a se.
<<Smettila papà smettila!>>

Porto le mani ai capelli con rabbia chiudendo le palpebre per cercare di fuggire da quelle immagini.
<<Smettila, basta>> sussurro in maniera troppo bassa per essere sentito, come se lo chiedessi a me stesso.

Le urla di mia madre vengono sostituite da profondi affanni.
Conosco quel respiro, Arya, ha una crisi.
Stesa sul suolo inerme annaspa faticosamente fra le braccia della direttrice.

<<Jackson>> biascica a fatica tra un affanno e l'altro.
<<Dove sei>> chiede con un velo di tristezza mentre una lacrima le riga il viso porcellaneo.
<<Arya, Arya sono qui!>>
Ricomincio a correre velocemente.
<<Bisogna chiamare un'ambulanza non sento il polso>>
Corro corro e corro sempre più forte tanto da inciampare sui miei stessi piedi, devo aiutarla solo io so come calmarla.
Stanco di inseguire il nulla mi precipito con le ginocchia al suolo, inizio a sferrare numerosi pugni su di esso sfogando invano la mia rabbia.
<<NO! NO! NO!>>

<<Chi è davvero il cattivo figliolo? Non hai mai salvato nessuno eppure potevi farlo, le hai condannate tu, tutte e due>>

Scatto violentemente dal letto spalancando gli occhi ed ansimando pesantemente, la mia vista è offuscata il cuore quasi mi scoppia dentro al petto.

<<Ehi ehi ehi, che succede?>>
Una figura che lo shock non mi permette ancora di identificare, si alza repentinamente e corre verso di me.

<<È tutto ok>> mi sussurra dolcemente accarezzandomi la guancia con premura.

Mi giro verso di essa cercando di smettere di boccheggiare rendendomi conto di essere davvero sudato.
Non appena la vista inizia a concedermi una migliore visuale trovo il suo sguardo, un sedativo alla mia ira, al mio dolore.
Sono in camera sua, sul suo letto e lei sta bene.
La guardo per un secondo immobile come se fermassi il tempo, poi la abbraccio in maniera disperata quasi soffocante oserei dire.

<<Credo di essere stata troppo dura con te Jackson>> dice nella piega del mio collo allontanandosi poi leggermente per guardarmi.

Per la prima volta mi guarda con questo sguardo da quando l'ho rivista, è compassionevole ma allo stesso tempo complice, un "so quanto soffri ed io ho sofferto tanto quanto te e sono qui pronta a sorreggerti affinché tu non cada" detto solo con gli occhi, con una luce dentro di essi.

<<È evidente che anche tu hai i tuoi demoni ed io non so cosa tu abbia potuto affrontare in questi anni anzi, non so davvero niente, neanche ciò che dovrei e quando lo vorrai potremmo iniziare ad aprirci un po' di più l'uno con l'altro e scoprire le nostre carte coperte>>

Accenno un piccolo sorriso insieme ad un sospiro di sollievo e la stringo al mio petto con un abbraccio fraterno, non c'è nulla da dire o da aggiungere, il momento parla da sé e noi siamo sempre stati bravi a parlare senza parlare.

Forse il vero problema fra noi, è che fin ora abbiamo usato troppe parole e chissà se persino Dio non abbia difficoltà a prevederla per quanto sia maledettamente riflessiva ma impulsiva, sensibile ma vendicativa, vulnerabile quanto insormontabile.
No, forse questo è troppo anche per lui.
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<<Aumenta>> ordino deciso disteso sulla panca concentrato a sfidare la gravità.

<<Fratello vuoi morire? È una forma di masochismo? No perché se è ques->>

<<Nick! Aumenta questo dannato peso>>
Perdo un po' la pazienza sotto sforzo contando i secondi prima di cedere alla stanchezza.

<<Agli ordini Hulk tutto purché non inizi a diventare un bestione verde>> ironizza per via del mio rimprovero.

Termino il mio esercizio ed inizio ad asciugare le gocce di sudore che si erano formate.
Oggi mi sono svegliato davvero di buon umore nonostante io abbia avuto un incubo ma ormai per me non è una novità svegliarmi così, difatti la mia concentrazione è attratta da altro, dal dopo.
Quello non mi succede alquanto spesso, è più unico che raro rimanere sorpreso piacevolmente da qualcuno per me.

<<Ma si può sapere che cavolo assumi? Fino a qualche ora fa eri enormemente sbronzo sul ciglio del marciapiede a raccontarmi la storia tua e di Arya e a proposito, non credere che io non sia arrabbiato per non avermel->>
Mi ritrovo Nick attaccato al mio viso mentre cerca prove evidenti che confermino che io abbia assunto qualche stupefacente, contemporaneamente continua a parlare mentre io cado in uno stato di trans dove distolgo la mia attenzione da oggi e la porgo a ieri:

Lux, Violet, alcool, parco, Nick, parole, testa che gira, Arya poco vestita, commenti, stanza di Arya, discorsi idioti, bacio,
"Tu mi fai diventare matto"

Porca puttana che diavolo ho fatto?

<<Mi stai ascoltando?!>>

<<Eh? Si>> rispondo enormemente distratto e preoccupato.
Nick si porta la mano alla fronte arreso alla mia parziale assenza.

<<Se avevo il sospetto che assumessi qualcosa ora ne sono sicuro>>

E ora cosa dovrei fare? Parlarle?
E cosa le dovrei dire? Che è tutto vero? Che non lo è?
Non so nemmeno io cosa sia, se ci sia.
Sento la gola asciutta proprio come le mie parole, non si può spiegare quello che non si conosce.
Forse la scelta più saggia è quella di far parlare lei, non era ubriaca infondo.
Si farò così.

<<Ti giuro che se spiccichi una sola parola di tutto ciò>>
Inizio a minacciarlo quando magicamente conclude la mia frase.

<<Mi farai pentire del bene che ti voglio si, eri ubriaco ma eri pur sempre Jackson>>

Scuoto la testa ridendo immaginandomi mentre cercavo di intimorirlo in uno stato in cui probabilmente avrei fatto pena a chiunque.

<<In ogni caso sai che puoi contare su di me sempre anche perché le tue minacce valgono quanto un paio di occhiali ad un cieco>>

Gli lancio un'occhiata benevola mentre Nick si distende sulla panca per iniziare il suo allenamento.
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Dentro agli specchi non solo il riflessoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora