Capitolo 47

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Jackson pov
Percorrendo le scale nel rientro, salendo di gradino in gradino, non faccio che pensare a quanti invece ne ho scesi per venire incontro a lei.

I miei occhi sono cupi, colmi di rabbia, lo specchio del mio io più intrinseco.

La sua testardaggine è diventata incontrollabile e questo non è di certo positivo per un'altro testardo.
Se due meteore sfrecciano l'una contro l'altra, inevitabilmente entreranno in collisione fino a decimarsi da sole.

Combatto la voglia di abbracciarla, baciarla e stringerla al punto da sentirla entrare nelle mie ossa tanto da provare dolore, un dolore prova della sua presenza e del fatto che sta bene.

<<Bene ce l'abbiamo fatta, ora qual è la prossima mossa?>> chiede d'un tratto distruggendo ogni mio desiderio affettivo nei suoi confronti.

Sbatto la porta d'ingresso con forza, tanta da farla tremare anche una volta incastratasi nella serratura.
Ne discerne un tonfo così cupo che fa sobbalzare Lupin ed ad un tratto, anche Arya e Dave sobbalzano e si voltano in mia direzione.

<<Non ne avete ancora abbastanza vero?!>> ghigno forsennato avvicinandomi minaccioso a loro.

Ho passato il viaggio di ritorno in silenzio convinto avessero imparato la lezione, ho fatto leva sul mio autocontrollo distraendomi a guardare gli alberi cullati da un leggero venticello.
Il movimento delle foglie era sempre uguale, un loop di tranquillità immane, una costante troppo preziosa per far parte della vita dell'essere umano così distruttivo.

<<Potevi morire, questo non è un gioco e la tua è stata solo fortuna.
Quello era un novellino altrimenti non si sarebbe fatto fregare così!>> chiarisco puntandole il dito contro facendola irrigidire in petto.

<<Ecco cosa faremo adesso>> mi alzo le maniche spostando lo sguardo da lui a lei con estrema convinzione.

<<Ci alleneremo fino allo sfinimento con la consapevolezza che potremmo avere un esercito contro e riusciremmo ad affrontarlo comunque perché dove la forza non bastasse, sapremmo usare l'astuzia.
Da oggi se il piano si fa o no, lo decido io perché qui stiamo parlando di mio padre e nessuno può prevederlo meglio di me>> scandisco l'ultima frase autoritario senza aver intenzione di sentire ragioni.

<<Dovresti darti una calmata>>

Sul serio vuoi far passare me per quello che compie azioni in maniera sconsiderata Dave? Non azzardarti.

<<No, sei tu che dovresti pensare di più a quello che fai cazzo!
Qui ci sono in gioco delle vite e tu fai accordi con una ragazzina che non sa ancora in cosa si è cacciata>> ringhio a due passi dalla sua faccia parecchio irascibile.

<<Se non ti sta bene ciò che ho appena detto va pure per la tua strada perché io mi taglio fuori e sai, non so quanto ti conviene, sappiamo benissimo che senza di me questo piano è soltanto un enorme fiasco>> sottolineo l'evidenza non distogliendo per un attimo il mio sguardo incandescente dal suo frustrato dalla verità delle mie parole.

Seccato distoglie i suoi occhi da me e mi sorpassa sfiorando la mia spalla fermamente immobile, afferra la giacca che aveva appena appeso all'appendiabiti e lascia l'appartamento.

È evidente che ho sceso fin troppe scale ed è ora di risalirle tutte.
Se non vi piace che riprenda il mio posto mi dispiace per voi.

Dentro agli specchi non solo il riflessoWhere stories live. Discover now