Capitolo 45

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Jackson pov
Non so come sia possibile che il dolore stesso mi abbia spinto ad immettermi in un rischio maggiore di quello che correvo già, ma quello che so è che l'attimo dopo averlo fatto ho sentito dentro di me dopo tanto tempo una leggerezza immane, stavo bene sul serio finalmente.

Schiudo le palpebre con calma, è raro che me lo possa permettere visto che la maggior parte delle volte i miei incubi non me ne danno modo, quindi mi godo il raro momento.

Non appena acquisisco maggiore coscienza, mi rendo conto di essere nel letto matrimoniale di Arya ed un sorriso ingenuo mi compare in viso ripercorrendo tutto ciò che è successo ieri.

Ecco probabilmente qual è il motivo del mio sonno tranquillo di stanotte.

Sento un po' di rumori ambigui dalla cucina, così infilo velocemente un pantalone di tuta e mi affaccio dall'uscio della porta per controllarne la provenienza.
Come sospettavo, trovo Arya ad impasticciare qualcosa qua e là con l'intento di preparare la colazione, di nuovo purtroppo.

Mi era familiare infatti il baccano che sentivo.

Chi ne risente maggiormente in realtà, sono le orecchie di Lupin che, massacrate dal baccano, implorano pietà.
Un filo di sollievo compare nei suoi occhi solo quando mi intravede dalla sua cuccia ma con lo sguardo gli intimo di rimanere al suo posto.

È così concentrata, ho voglia di spaventarla.

Avanzo con cautela verso di lei posta di spalle concentrata nell'affettare della frutta e non appena mi ritrovo ad un soffio dalla sua schiena, irrompo con le mie dita gelide sui suoi fianchi bollenti.

In quel che è il tempo in cui una folata di vento fa tentennare qualche ciuffo dei miei capelli, mi ritrovo con il coltello puntato nel pieno centro del mio stomaco retto da una presa ferrea e solida che mi spiazza.

Rimango immobilizzato dalla sua mossa e da come sia riuscita a percepire la mia presenza nonostante i miei sforzi.
Credo di aver sottovalutato i suoi anni di addestramento successivi a quando lasciai l'istituto, crescendo il percorso diventa sempre più intenso poiché va a pari passo con l'età.

<<Ma che diavolo ti dice il cervello? Potevo ucciderti!>> sbotta allontanando il coltello dalla mia carne da cui fuoriesce un'impercettibile gocciolina di sangue che trasforma l'inchiostro nero in rosso.

<<Lo avresti fatto?>> domando cercando di capire fino a che punto sarebbe disposta a spingersi non curandomi affatto della ferita a differenza sua.

Striscia il pollice sulla zona in questione scacciando il rosso che ne fuoriesce così da potersi accertare che sia solo un piccolo ed innocuo foro.

<<Credimi, l'impulso di ucciderti è più frequente di quanto tu creda ed in ogni caso, avrei avuto scelta in quel contesto?>> risponde facendomi capire quanto sia alta la sua posta in gioco pur di ottenere l'ultima mossa della partita.

Non rispondo perché purtroppo non c'è da obbiettare.
È ingiusto ed immorale, ma se una notte è senza stelle devi rassegnarti al fatto che sarà più buia delle altre.

Ci accomodiamo alla tavola da pranzo io lei e Lupin con il suo musone sulla mia gamba, e facciamo colazione con quello che è il risultato del suo lavoro assordante di tutta la mattinata, una macedonia.

Già.

Per fortuna si è limitata a fare solo questo visto che, anche solo per tagliare della frutta e guarnirla con della panna, ha fatto desiderare a qualunque essere vivente che circola nel bosco circostante a noi, di essere sordo anzi, nel caso di Lupin, forse di morire.
Ma questo è un pensiero che terrò per me, non ho intenzione di beccarmi un'altra coltellata.

Dentro agli specchi non solo il riflessoWhere stories live. Discover now