Capitolo 1

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9 anni prima:
Mi svegliai bruscamente udendo delle grida, non riuscivo a comprendere se facessero parte di un sogno o fossero reali fin quando non le udii nuovamente e decisi di correre al piano di sotto.
Era esattamente lì che stava accadendo l'impossibile, un uomo dal volto coperto ed armato stava puntando nel suo mirino la mia famiglia.

Mio padre non appena notò la mia figura sulle scale, iniziò a correre malamente verso di me non curante di nessun pericolo se non di me e della mia incolumità.

Un impetuoso rumore mi frantumò i timpani, ci misi poco a realizzare che quell'uomo premette il grilletto.
Eccolo il primo proiettile, fu per lui, dritto in testa dove portava le rughe del duro lavoro che s'imponeva di portare avanti per noi ed il nostro futuro, futuro che in quel momento gli venne privato per sempre di vedere.
Lo vidi accasciarsi sul pavimento, i suoi occhi erano indirizzati ancora ed incessantemente verso di me fin quando il sangue li seppellì sotto di esso.
Erano marroni, come il cioccolato che sapeva amassi tanto e non mi faceva mai mancare.

Faticai a realizzare quanto successo, ma non mia madre.
Le sue urla mi fecero tremare il cuore, la disperazione possedette ogni parte di lei.
L'assassino le intimò di smetterla eppure lei non faceva altro che dirmi <<Prendi Trasy e scappa, Arya prendi Trasy e scappa hai capito?!>>

Il mio piccolo cuore scalpitava aiuto, dovevo ascoltarla? o forse era meglio stare ferma? e se il mio movimento fosse costato la sua vita?

Fu un secondo, la vidi avventarsi verso quel mostro con gli occhi di chi sapeva di andare incontro alla morte, ma non le importava.
Non ci ha creduto nemmeno per un secondo di uscirne viva, il suo unico scopo era prendere del tempo per noi, lei voleva salvarci.

Eccolo, il secondo proiettile, si insidiò brutalmente all'interno del suo stomaco dipingendolo di rosso come una tela bianca fra le mani di un pittore, una tela troppo peculiare per un artista così brutale.

La vidi perdere vita lentamente, mentre il suo corpo cedeva ed anche i suoi occhi mi regalavano un ultimo sguardo, nonostante tutto, sorridente e rassicurante per non farci portare il peso del suo dolore ma in alcuni piccoli attimi, le sue espressioni la tradivano.
Sapevo cosa dicevano quegli occhi "Rendimi fiera".
Me lo diceva sempre, ogni mattina prima di oltrepassare la porta di casa.

Racimolai quel briciolo di coraggio che mi permise di afferrare la mano di Trasy, così piccola e confusa, ed iniziai a correre con lei, era tutto ciò che mi era rimasto, nell'arco di qualche minuto non avevo più una famiglia, un porto sicuro.

Quel viscido essere, ancora famelico di sangue sì voltò verso di noi e non ebbe un secondo di esitazione, la leggerezza con cui compiva ogni suo atto, la sua freddezza, lo rendeva terrificante ai miei occhi.

Ancora una volta il penetrante frastuono dello sparo si impossessò delle mie orecchie rendendo quell'acustica della morte insopportabile al mio udito per tutto il resto della mia vita.

Esitai, iniziai a cercare di capire dove mi avesse colpita, quanto ci avesse messo ad iniziare a provocarmi quel dolore così difficile da mascherare. Ben presto mi accorsi però, che il terzo ed ultimo proiettile stava spegnendo l'esile corpicino della mia sorellina che ha abbracciato la vita per un tempo così ingiustamente troppo breve e la sua mano lentamente abbandonava la mia cedendo alla gravità.

Fu proprio lì che mi arresi, non avevo più niente, non volevo più niente.
Quelle grosse gambe procedevano verso di me con decisione, ed io coperta dalla sua ombra, mi inginocchiai ponendo le mie piccole mani davanti alle orecchie e chiudendo gli occhi aspettai il mio turno, il mio proiettile.

Dentro agli specchi non solo il riflessoWhere stories live. Discover now