49 - Charlie

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Sono stanco, stremato. Stanotte non sono più riuscito a riaddormentarmi dopo quell'incubo terribile che ha svegliato l'intera casa. È stato così vivido: la mamma che mi picchiava e mi trascinava nello sgabuzzino. Io le dicevo che non volevo andarci ma lei continuava a portarmi lì. Quando mi sono svegliato mi sono quasi aspettato che la mamma mi prendesse e finisse il lavoro, e invece mi sono ritrovato tra le braccia di papà ed ero spaventatissimo. Pensavo si sarebbero arrabbiati tutti con me per averli svegliati nel cuore della notte, invece James ha preparato una cioccolata buonissima e papà ha continuato a starmi vicino, anche se sembrava stanchissimo. Neanche Elijah è stato bene, ha avuto una crisi d'asma, ma perché io stavo piangendo nessuno si è assicurato che stesse bene. Mi sento un peso e un fastidio, continuo a creare problemi a tutti. Ne ho creati così tanti alla mamma, è normale che ne crei anche alle persone che mi sono attorno.

- Charlie - mi sento toccare una spalla, sussulto e mi giro allarmato - è suonata la campanella. - È Alan, è in piedi e si sta già dirigendo fuori dall'aula. Mi rendo conto di essermi quasi appisolato e annuisco veloce alzandomi impacciato, tenendomi a distanza e abbassando subito lo sguardo. Da quella volta che mi fece capire quanto lo stessi infastidendo, non ho più provato a parlare con lui o avvicinarmi. So quanto posso essere un fastidio alle persone, e se le farò troppo arrabbiare potrebbero arrivare a urlarmi contro o picchiarmi. Lui già sarà super arrabbiatissimo, perciò non voglio peggiorare le cose. Alan mi fissa, poi mi sorride freddo. - Fa come vuoi - raggiunge un gruppo di ragazzi e ci sono anche Bethany e Kyle lì. Stanno spesso insieme, e Alan ha amici in tutta la scuola ed è sempre ricercato un sacco.

A me hanno iniziato ad evitare i miei compagni. Kyle dice che ho le raccomandazioni, che è questo il motivo per cui non vengo mai sgridato, che posso distrarmi quanto voglio senza finire in punizione e non c'è bisogno che faccia educazione fisica come gli altri. Ma la verità è che l'insegnante ha già chiamato a casa per i miei voti, per il fatto che non sto attento e non parlo mai con nessuno, neanche con i miei compagni. Papà spesso trova tempo per parlare con me, a volte a tavola o in stanza la sera. Mi fa domande e mi chiede come stiano andando le cose a scuola. Non voglio dargli problemi così non dico mai nulla, ma lui è preoccupato e non so cosa fare. Se sarà sempre in pensiero potrebbe iniziare a stancarsi.

Le cose con Mr. Thompson sono sempre le stesse. Con lui gioco tanto ed è molto gentile, mi racconta un sacco di cose divertenti, così la volta scorsa gli ho parlato di Alan. Non gli ho detto il suo nome, gli ho solo detto che avevo un amico con cui credevo di essere ancora amico, ma che in realtà il mio atteggiamento gli ha solo dato fastidio. Mr. Thompson allora se ne è uscito dicendo qualcosa di scioccante: mi ha detto di andare da lui e chiarirci, che forse le cose non erano come sembravano. Non l'ho più risposto e non gli ho detto più nulla, anche se mi chiede ancora di questa storia. Ma non posso parlare con Alan, so cosa succede quando provi a parlare con qualcuno, non funziona mai. Ti viene data la colpa e sei sempre nel torto, e poi c'è la punizione.

Prima di andare in mensa passo per il mio armadietto, poso i libri e prendo una felpa nera. È di Jeff, voglio ridargliela prima che si arrabbi troppo perché gliel'ho presa. Nei scorsi giorni ho scoperto dove si siede a pranzo, e oggi ho intenzione di ridargliela velocemente senza dare fastidio. Entro in mensa con la felpa, mi guardo attorno e subito trovo Jeff seduto al suo tavolo di sempre. È con altri ragazzi, ma con loro non ci parla mai. Mangia guardando sempre dei video dal cellulare che lo fanno sbellicare dalle risate. Fa un sacco di rumore e lancia occhiatacce a chiunque non gli vada a genio. Ho paura di ridargli la felpa, ma devo farlo. Mi avvicino il più silenziosamente possibile, mi batte forte il cuore e sono spaventato. Lui ride mentre si porta un cucchiaio di polpettone alla bocca e guarda un video dal cellulare. - Che stupide - dice, poi finalmente alza lo sguardo e mi vede. - Cosa, Baker?

Sussulto. Jeff non mi ha mai chiamato per cognome. Di solito mi chiama per nome e mi ride in faccia per cosa ho detto, per come l'ho detto. Gli allungo la felpa per fargli capire che vengo in pace. - G-grazie.

Missing Brother [Completa]Where stories live. Discover now