56 - James

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- Ti sei fatto sentire spero! - urla Elijah. Siamo in cucina, appena tornati da scuola. Charlie ha pianto per tutto il tragitto e una volta a casa è crollato tra le braccia di Elijah. Papà lo ha portato a dormire di sopra, poi è sceso e ci ha raccontato cosa è successo. Sento la rabbia ribollirmi dentro. Più papà raccontava cosa era accaduto e più non riuscivo a vederci. Sentivo un desiderio di prendere l'auto, andare in quella scuola e spaccare ogni cosa.

- Certo che ho fatto storie! - ribatte papà. - Ho chiesto che venissero presi seri provvedimenti, neanche ricordo cosa ho urlato al preside e a quei genitori degenerati.

- Non è abbastanza! - ansima Elijah. - Charlie... - tossisce più volte e papà si avvicina a lui.

- Ora calmati, Eli - gli accarezza la schiena - lo so cosa intendi.

Elijah lo scaccia e lo guarda truce. - Perché sempre Charlie... dovremmo cambiargli scuola!

- No - intervengo - non prendiamo decisioni dettate dal momento.

- Cosa vuoi aspettare!? - Elijah si porta una mano al petto. - Che risucceda? Che la situazione peggiori?

- Certo che no! - ribatto, già sto cercando di controllarmi, il comportamento di Elijah non aiuta. - Ma se Charlie non vuole e questo potrebbe essere peggio per lui... insomma, chi ti assicura che in una nuova scuola non sarà uguale a ora?

- Quindi non facciamo nulla?

- Stiamo già facendo qualcosa, Eli - dice papà. - Ho detto loro che non voglio che Charlie abbia più contatti con quel ragazzo e domani chiamerò per sapere meglio cosa hanno deciso. Se è meglio fargli cambiare scuola lo farò.

- Non c'è neanche da aspettare - si acciglia Elijah. So che vuole proteggere Charlie da tutto e tutti, perché lo voglio anche io, ma non saremo con lui sempre. Charlie deve imparare a chiedere aiuto quando si rende conto che la situazione lo richiede. Stringo i pugni. Come può chiedere aiuto? Non sa cosa significa. Per anni ha dovuto fare affidamento solo su se stesso, è normale che non lo sappia fare. Siamo noi che non lo riusciamo a capire.

Mi volto. Ho bisogno di andare da Charlie, di parlargli. Anche se è di sopra a dormire, sento questo irrefrenabile urgenza di dirgli che la deve smettere di chiudersi tutto dentro. Che può aprirsi con noi, su ogni cosa. Sento papà ed Elijah continuare a discutere dalla cucina mentre io vado in soggiorno e mi dirigo verso le scale. Mi congelo però quando noto Charlie seduto sull'ultimo gradino in basso. Mi guarda, un po' spaventato, ha gli occhi ancora rossi dal pianto e stringe una barra di legno della ringhiera in una mano.

- Charlie - sposto veloce lo sguardo verso la cucina. Da qui ci avrà sentito urlare e parlare di lui, dannazione. - Ti senti meglio?

Abbassa lo sguardo e annuisce agitandosi. Mi siedo sullo scalino accanto a lui. - Papà ci ha raccontato cosa è successo, mi dispiace che non abbiamo potuto fare nulla per impedirlo.

Charlie mi guarda e abbassa subito la testa. - N-non ho fatto n-nulla.

Esito prima di mettergli una mano sui capelli, poi mi maledico perché con mio fratello non devo farlo e gli sposto i capelli dalla faccia per poterlo guardare meglio. - Lo so, Charlie, nessuno ti dà la colpa.

Lui mi guarda, ancora per nulla convinto. - N-non ho l-litigato con n-nessuno.

Lo stringo, perché ha gli occhi umidi e sembra sul punto di piangere di nuovo. - Lo so, ti credo.

- N-non... - e scoppia a piangere, la testa che affonda nel mio petto. A quel punto anche papà ed Elijah devono averlo sentito dalla cucina perché smettono di litigare ed escono in soggiorno.

Missing Brother [Completa]Where stories live. Discover now