5. Tempo

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«Quindi scoperete di nuovo a casa sua?» chiese Beth eccitata. «Cazzo Azura! Non sei felice? Il tuo sogno si è incoronato!» «Certo che lo sono!» esclamai «Almeno fino a quando non ti scaricherà potrai godertelo in tutto il suo splendore» disse Daia sorridente. Un senso di delusione e tristezza si impossessò di me. Daia è sempre stata una che le cose le dice apertamente, ma senza calcolare mai i sentimenti degli altri. Sapevo che quello che aveva detto era vero.
Raggiungemmo il solito gruppo di ragazzi che puntualmente inizò a flirtare con parole provocanti finché tutti non si interruppero. Fissavano un punto dietro di me così mi voltai per vedere una ragazza dall'aria smarrita. La riconobbi come una delle amiche di Hebe. Normalmente era sempre in presenza della ragazza quindi la associavamo a lei, ma senza Hebe avevo faticato a riconoscerla. Mi avvicinai alla ragazza e le toccai una spalla. Lei si voltò facendo ondeggiare i lisci capelli castani scuri.
Non l'avevo mai vista da vicino e avrei fatto meglio a non vederla. Quella ragazza era da far invidia a Daia. Aveva degli grandi occhi a mandorla castano chiaro con pagliuzze dorate che sembravano risplendere sotto questo cielo grigio smorto. E il volto era pressoché perfetto ed angelico, senza un filo di fondotinta. L'unico trucco era il leggero mascara nero applicato sulle già lunghe ciglia. «Oh, ehm...» rimasi senza parole perché la mia autostima era appena finita sotto zero «Cerchi Hebe?» le chiesi gentilmente ritrovando la voce «Sì, mi aveva dato appuntamento qui e non si fa vedere! E dire che ho chiesto il permesso di uscita per lei!» disse corrucciando la fronte. Un ragazzo del nostro gruppo si avvicinò a noi due «Posso aiutarti?» si offrì Tom squadrandola per bene. Portava un semplice maglioncino largo ed azzurro, insieme ad un paio di jeans scuri aderenti e ai piedi dei semplici stivaletti neri. Niente di eccessivo ma mostrava un'eleganza anche con quella roba. Non c'era da stupirsi se ogni volta che passava per di qua aveva gli occhi di tutti puntati addosso. «In realtà...» «Wren?» la chiamò Hebe. Guardò male il mio amico e mi diede un'occhiata di sufficienza «Mi avevi detto di aspettare davanti alla porta d'ingresso!» disse la ragazza alla nuova arrivata «Sul retro idiota» replicò Hebe alzando gli occhi blu al cielo. «Grazie comunque» ci sorrise Wren prima di allontanarsi con l'amica. «Di nulla» replicai. Appena salirono sull'auto di Hebe notai Tom al mio fianco, imbambolato con lo sguardo ebete stampato in faccia «Ohi?» schioccai le dita davanti ai suoi occhi «Azura. Mi sono appena innamorato» disse «Quella è la ragazza più fantastica che io abbia mai visto. Da vicino è ancora più bella» disse sognante «Non farti sentire da Daia» risi perché Daia lo stava frequentando in quel periodo. Non che fosse qualcosa di serio. Tom era il migliore amico di Jason ed era uno a posto e sufficientemente carino con i ricci biondi e gli occhi verde muschio. Tornammo al nostro gruppo.

Hebe non si fece vedere per tutta la giornata. Aveva saltato la scuola per passare il tempo con l'amica, anche perché frequentando l'Accademia dell'arte non doveva essere facile vedersi. «Dopo il diploma, brucio la macchina alla nana malefica» dichiarò Jack «Son con te amico» replicò Tom «Vuoi un passaggio a casa Azura?» chiese poi a me «No, aspetto che Arn finisca gli allenamenti» replicai «Ciao tesoro ci vediamo domani» mi salutò Daia dandomi due baci sulla guancia che ricambiai, stesso fece Beth. Poi entrambe, senza preoccuparsi minimamente di lasciarmi sola ad aspettare mio fratello, se ne andarono ciascuna alla propria macchina. Anche i ragazzi mi salutarono ed andarono via. Ace era a casa con la febbre. Infatti, dopo aver inseguito Carley fuori al freddo si era preso una brutta influenza. Raggiunsi la palazzina dello sport ma scorsi Lance. Sorrisi perché così non avrei sofferto di solitudine nel frattempo. Lo raggiunsi, ma metà strada mi accorsi che era al telefono «Mi manchi anche tu... Ci vediamo presto» disse dolcemente prima di attaccare. Poi si accorse della mia presenza «Non stavo origliando!» esclamai. Lui rise «Coda di paglia Azura?» chiese sorridente «È stato un caso!» mi difesi. Lui fece un'alzata di spalle. «Non ho mica qualcosa da nascondere. Era la mia ragazza» disse tranquillo «Oh! Sei fidanzato?» chiesi «Perché quell'aria stupita?» mi chiese con un sopracciglio alzato «Non ti sembro tipo che possa avere la ragazza?» chiese «Oh! No!» esclamai. Poi mi resi conto dell'errore «Volevo dire sì! Ovvio che puoi avere una ragazza» affermai «Solo che... Non ti manca? Ora non vi vedrete più tanto spesso» dissi «Lo so... Ma non potevo vivere lì da solo.» disse facendo spallucce «E comunque... Se si tratta di vero amore, nessuna distanza è troppa» disse serio. Che parole romantiche! «Ehi! Non guardarmi come un cucciolo ferito! Mi metti in imbarazzo» mi riprese «Scusami tanto» replicai «Aspetti Hebe?» chiesi per cambiare argomento «Sì, oggi ha saltato la scuola per uscire con le sue amiche. Non passano molto tempo insieme per via degli orari sballati» rispose «Immaginavo» affermai «Com'è vivere con lei?» «Se non fossi sicuro che tu sia una ragazza, penserei che ti interessi» fece lui sorridente. Inarcai un sopracciglio «Non sei lesbica vero? Non che abbia qualcosa in contrario, ma sarebbe un enorme spreco per il popolo maschile» sorrisi «Ma tu non eri fidanzato?» lo rimbeccai «Non sto mica flirtando con te. Era una constatazione!» esclamò. Bene Azura, vai con le tue figure di merda! «Ma scherzavo!» scoppiai a ridere nel tentativo di salvarmi la faccia. «Come vuoi che sia vivere con Hebe Daniels» riprese lui «È meglio di quanto pensi la maggior parte delle persone. Non sarà la migliore delle compagnie però è una brava ragazza ed è stranamente altruista, da non credere vero?» sorrise «Oh, eccola!» mi voltai in tempo per vedere Hebe parcheggiare e suonare il clacson «Vuoi un passaggio? So che vuoi un passaggio, andiamo!» fece lui tirandomi per un braccio «Oh! Io... Veramente...» balbettai «Ehi rompipalle! Diamo un passaggio alla ragazza qui presente» disse aprendo la portiera e spingendomi dentro, seguita a ruota da lui. «Cazzo sono? Il vostro autista?» sbottò lei «Ciao Hebe» la salutai timidamente «Come è andata con le tue amiche?» fece Lance ignorandola «Son cazzi tuoi?» replicò lei brusca. Mamma mia? Giornataccia? «So che sei in astinenza di cazzi, ma non c'è bisogno che tu lo ripeta così spesso. Potrebbero prenderti per volgare» disse il ragazzo con un sorriso malizioso «Almeno io non sono nata senza cervello» replicò lei con un mezzo ringhio «Ma tra voi è sempre così? Insomma come fate a vivere sotto lo stesso tetto?» chiesi «Oh, quando lei esce io sto a casa e viceversa. In realtà è un caso, ma non ci troviamo mai. Solamente per andare e tornare da scuola» disse Lance «Però non è male» riprese «Parla per te.» borbottò la ragazza «Credo ti odi» mormorai a Lance «No che non mi odia. È così con tutti! Le servirebbe solo del sano sesso per rilassarsi» disse il ragazzo «Chi ti dice che io non abbia un "amico" da usare in situazioni simili?» chiese Hebe con un sorriso «Ah sì? Lo conosco?» «Lance tu a Londra non conosci nessuno» replicò «Ti sbagli. Io sono molto più socievole di te. In due settimane ho conosciuto più persone che te in due anni.» «Buon per te» replicò «Siamo arrivati» disse la ragazza guardandomi dallo specchio retrovisore «Ciao Azura» mi salutò la ragazza stupendomi «Ciao ragazzi» sorrisi «Grazie per il passaggio» «Non ringraziarmi» rispose Lance spostandosi nel sedile anteriore «Ovvio che non deve ringraziare te. La macchina e la benzina sono miei e sono io l'autista» intervenne Hebe «Sì brontolona. Vorrei tornare a casa se non ti dispiace» poi partirono. Inviai un messaggio ad Arn dicendogli che degli amici mi avevano accompagnata a casa contro il mio volere così da non farlo preoccupare.
Alzai lo sguardo verso il cielo e lo trovai più nuvoloso di stamattina. Le dense nuvole grigie sembravano così vicine, talmente vicine che se allungassi una mano potrei toccarle. Il colore era minaccioso ed emanava un' aria negativa. Si sentiva il pungente odore della pioggia imminente e un tuono in sottofondo mi svegliò dal mio stato di trance. Corsi in camera mia e chiusi la porta a chiave. Quest'oggi non era successo nulla di particolarmente traumatico. Senza contare l'incontro con quella ragazza che mi ha abbassato l'autostima fino a zero. Mi sentivo stranamente negativa e triste, sentendomi improvvisamente vuota ed inutile. Mi misi davanti allo specchio intero dentro il mio armadio e un miliardo di pensieri negativi si affollarono nella mia mente. I primi ticchettii iniziarono a battere sul vetro della finestra, finché non divenne più potente. Guardai la pioggia con aria assente per non so quanto tempo. Quando ero piccola pensavo che la pioggia fossero le lacrime della Terra. Mi sentivo estremamente legata ad essa, quindi il mio umore era direttamente proporzionale alla precipitazioni atmosferiche. Non era cambiato molto. Mi riguardai allo specchio e incontrai la solita figura slanciata, dai capelli ramati e gli occhi di un azzurro sbiadito. Ma nonostante vedessi quella figura tutti i giorni mi era così aliena... Chi sono io? So cosa mi piace, conosco il mio aspetto, ma queste cose mi definiscono? Sono così malleabile da farmi schifo, non mi capisco e non mi comprendo, come posso pretendere che lo facciano gli altri? Cos'è che fa di me me? Volere essere diversa aiuta a migliorarsi? O meglio accertarsi così? Sospirai e presi lo smartphone notando le notifiche di WhatsApp.

Jason Forster:
E se non aspettassimo sabato?

Sorrisi.

Io:
E se non fossi disponibile?

Jason Forster:
Come no!

Possibile che quel ragazzo credesse che il mondo girasse intorno a lui solamente perché possedeva una bella faccia? Sospirai e guardai il soffitto di camera mia. Non ne avevo voglia, sarei rimasta a casa a dormire.

Io:
Non sono disponibile, ci vediamo domani a scuola Jason.

Lasciai il telefono sul comodino e mi sdraiai sul letto. Solamente che nonostante mi girassi e rigirassi, non riuscivo proprio a prendere sonno. Magari posso fare una sorpresa a Jason... Sono proprio incoerente. Ma chi se ne frega. Del sano sesso mi tirerà su di morale. Così mi tirai sù, cercai qualcosa di carino da mettermi e con l'ombrello in mano mi diressi per le stradine di Londra. Fortunatamente casa Forster non era lontana. Svoltai il vicolo e individuai la famosa villetta delle feste più grandiose della città. Proprio in quel momento un'auto che conoscevo molto bene parcheggiò davanti a casa sua. Da quella stessa auto scese una persona che conoscevo ancora meglio. Suonò il campanello e Jason le aprì la porta. Nemmeno il tempo di spalancarla che già si erano incollati l'uno all'altra, voracemente, in modo possessivo e volgare. Mio dio che schifo. È quella dovrebbe essere la mia migliore amica Diamond Tromp?

Angolo autrice

Buon Natale! Capitolo breve e noioso, scusate...

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