41. Troppo passato per vivere il presente

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Negli episodi precedenti

Prima del POV di Hebe eravamo rimasti ad Azura tormentata nel suo dire o meno a Lance che lo ama, dato che la prima volta, anche se gli è sfuggito per sbaglio, è andata male. Nonostante questo problema, la nuova neo-coppia è finita a letto assieme e qui Azura si è dovuta trattenere di nuovo nel confessare i suoi sentimenti.

«Che stai facendo?» mi chiese lui attirandomi verso di lui e affondando il volto nell'incavo del mio collo.
Ridacchiai per il solletico e il telefono che prima tenevo in mano scivolò tra noi, perso tra le coperte.
«Ho accettato una richiesta di amicizia di Facebook.» dissi.
Il musetto delizioso di Lance sbucò dalle coperte e mi guardò. Aveva i ricci arruffati e la gote rossa e un'aria così spaesata che mi fece intenerire.
«Dovrei preoccuparmi? Cioè, non sono quel tipo di fidanzato che monitora le amicizie e i contatti, ma...»
«Era di Iris.» lo interruppi aspettandomi la sua reazione.
Se fu sorpreso, non lo diede a vedere.
«Ah.» commentò mettendosi seduto. Le coperte gli scivolarono sulla vita mentre si allungava verso i suoi pantaloni.
«Non ci vai spesso su Facebook, vero?» chiesi cercando di non farlo insospettire.
«No, tranne per controllare eventi come i Comics o spoilerarmi crudelmente su serie TV e quant'altro.» replicò cacciando un enorme sbadiglio.
Lo osservai rivestirsi. Era interessante.
«Mi passi il reggiseno?» gli chiesi candidamente.
«Guarda che puoi anche non metterlo» sorrise mentre lo raccoglieva.
«Non mi chiedi perché ho accettato la richiesta d'amicizia della tua ex?» gli chiesi mentre mi rivestivo anche io.
«In realtà sono più curioso di sapere perché lei te l'abbia fatta, ma non è essenziale per la mia sopravvivenza saperlo.» replicò andando a togliere il dvd di "Hunger Games" dal lettore.
«Quindi lei sa di me?» chiesi ancora.
«Uh, sì, perché?»
«Penso che dovresti sapere anche tu di lei, allora» rivelai mostrandogli il telefono.
«Pare si sia fidanzata di recente. Più o meno quando ci siamo messi assieme noi. Forse lo frequentava già da prima.» dissi precipitosamente.
Lance diede un'occhiata al mio telefono, scorrendo il profilo della sua ex.
«Non lo conosco.» dichiarò infine. «Ma l'importante è che adesso sia felice.»
Il che implica che è stata parecchio infelice per essersi lasciata con Lance? O era infelice già da prima?
Non sapevo cosa pensare. Ero felice che Iris si fosse fidanzata quasi subito la sua rottura con Lance.
Lance controllò il suo cellulare prima di stamparsi un largo sorriso sulle labbra.
«Il prossimo fine settimana devo andare a trovare i miei nonni a Northampton per il compleanno di nonna. Ci sarà anche mia madre e tanto che ci sono saluterò i miei amici di lì. Ti andrebbe di venire con me?» mi chiese a bruciapelo.
«Come?» chiesi sorpresa se non scioccata.
«Sì, insomma, se non ti va non fa niente.» si ritirò immediatamente, imbarazzato.
«Mi stai chiedendo di conoscere tua madre?» non potei fare a meno di sorridere.
«Tanto conosci già mio padre...»
«E come ci organizziamo?» gli chiesi rimettendomi in piedi per raggiungerlo al centro della stanza.
«Staremo nella mia vecchia casa per due giorni. Tanto è nello stesso quartiere dei nonni. Partiamo venerdì pomeriggio e torniamo domenica sera, per te va bene?»
Alzai i pollici sorridente mentre lui ricambiava, si avvicinava e mi baciava.
Essere presentata a sua madre mi sembrava una cosa veramente ufficiosa. Mi dava sicurezza. Quindi non vedevo l'ora di partire assieme a lui.

Mi sarei dovuta subire un'ora di treno. Avrei potuto impazzire in quell'ora.
Avevo fatto lo zaino in fretta e furia e quasi sicuramente avevo dimenticato qualcosa.
Ace mi aveva presa in giro tutto il tempo, assillandomi per cose inutili e prevedendo figuracce a domino.
E come se non bastasse, probabilmente mi stava per venire nuovamente il ciclo. Forse avrei dovuto iniziare a prendere la pillola...
Timbrai il biglietto sospirando mentre Lance controllava il tabellone dei treni.
Sembrava altrettanto esausto e non potei che biasimarlo dato che anche quel giorno il buon vecchio Sasha Lama Lamus se l'era presa con lui.
C'era da dire, però, che da quando c'era Lance, aveva allentato la presa sugli altri studenti.
«Penso che non ti espellerà veramente. La sua era una minaccia vuota.» gli dissi.
«Come?» chiese lui distratto.
«Per quello che ha detto oggi Lamus.»
«Ah, quello l'ho dimenticato.» ridacchiò nervosamente. «Ecco, è uscito il binario.» aggiunse afferrandomi la mano.
La fiumana di gente che scendeva e saliva dai treni, trasportati dalla corrente del dovere sembrava priva di vita. Tutti avevano fretta di tornare a casa, ma nessuno sembrava felice di andarci. La loro era solo una routine fatta di impegni che lottavano contro il tempo. Ognuno di loro aveva una storia e probabilmente si sentivano gli unici al mondo, incompresi e stanchi. Eppure erano tutti uguali. Forse un giorno avrei fatto anche io parte di questi esseri grigi. Forse quel giorno avrei smesso di pensare che tutti guardassero me e me soltanto.
Forse sarebbe stato il giorno in cui avrei smesso di pensare alla gente che mi giudicava e avrei iniziato a giudicare me stessa. O forse lo facevo già.
La mano di Lance era stretta nella mia mentre sedevamo entrambi sulla panca ad attendere il treno del nostro binario.
Quando arrivò salimmo sul treno e lasciammo che quel mezzo ci trascinasse fuori Londra.
Con lo sguardo rivolto verso l'esterno, vidi piano piano il paesaggio mutare. Dalla pittoresca e inquinata Londra dagli edifici vecchi e pieni, passai a zone di verde pianeggiante. Vidi scorrermi davanti la meravigliosa campagna inglese in tutta la sua pacifica tranquillità.
Lance si addormentò e appoggiò la testa sulla mia spalla. Ronfava leggermente e il suo respiro spostava i miei capelli ramati.
La sua mano strinse di più la mia, le nostre dita intrecciate erano qualcosa di artistico. Mi piaceva come il suo pollice sovrastava il mio. Mi piaceva vedere i nostri polsi incrociati, il suo ormai privo del bracciale con le iniziali sue e della sua ex. Adesso portava un elastico nero. Non sapevo a cosa gli servisse dato che i suoi capelli non erano così lunghi da aver bisogno di esso.
Con l'altro dito tracciai un percorso dalle nostre dita, attraversai le sue vene blu che finivano sotto la manica della felpa arrotolata fino al gomito. Mi piaceva entrare in contatto con lui.
Tornai a guardare verso il finestrino, ma questa volta vidi il nostro riflesso invece del paesaggio esterno.
Sembravamo proprio una bella coppia.

Insicura (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora