Special p. 2

6.1K 327 160
                                    

Capivo che Xavier ci stava male. Sopratutto perché si era dato false speranze su Wren.
Lui era quel tipo di ragazzo che aveva sempre avuto tutto nella sua vita e quella perdita era difficile da contemplare, per uno come lui.
Quel giorno in particolare, Xavier aveva voluto mangiare per forza sul tetto della scuola dove tirava troppo vento e faceva troppo freddo. Ma siccome io e Matthew non volevamo infierire sul pessimo umore degli ultimi undici giorni, accettammo di mangiare con lui.
Nonostante anche lui battessero i denti e rabbrividisse, continuò a mangiare in silenzio, sotto il nostro sguardo preoccupato.
Guardai Matt e lui fissò me. Ci comunicammo le varie preoccupazioni e ci sfidavamo a convincere Xavier a tornare indietro.
«Oh, ma piantatela. Lo so a cosa state pensando. Ditemi un po', quand'è che avevate intenzione di dirmi che ho rotto il cazzo?» sbuffò ad un tratto il nostro amico in comune.
«Per la cronaca, te l'ho detto stamattina. Ma non sembra abbia funzionato dato che mi trovo qui.» commentò Matt.
«Idem.» commentai.
«Ma siccome siamo brave persone...» continuai lasciando la frase in sospeso.
Xavier sbuffò.
«Comunque sia, mi è passata. Ci sono rimasto male, ma il mio ego non mi permette di continuare così. Infondo non mi piaceva poi così tanto.» decretò balzando in piedi.
Matt alzò gli occhi verdi al cielo.
«Sono Xavier Bellson, posso avere qualsiasi donna io voglia al mondo. Migliori di lei.» cercò di auto convincersi.
Matt iniziò a mettere a posto la spazzatura ignorando il monologo dell'amico.
«Sono così solo perché ho l'orgoglio ferito... Nient'altro.» mormorò il ragazzo evitando di guardarci.
«Xavier?» lo chiamai.
«Non ho ragione, Hebe?» mi chiese guardandomi come non mi aveva mai guardata.
Sperava che lo aiutassi quando era quel tipo di persona che se l'era sempre cavata da sola. Quando era quello che aiutava gli altri accettando solo gratitudine negli occhi della gente.
In quel momento la mia simpatia verso la mia migliore amica cedette, così come le mie difese.
«Ti amo.» dissi in un soffio. La calma e tranquillità nella mia voce era quasi aliena in quella situazione.
Matt smise di raccogliere le cartacce e mi guardò, con una sorta di stupore sul suo volto statico.
Xavier inarcò un sopracciglio.
«E per cosa?» esclamò senza aver colto il senso delle mie parole.
«Semplicemente mi piaci.» affermai sinceramente, senza nemmeno una nota di imbarazzo.
Aver ripetuto quella dichiarazione in testa in svariati scenari mi aveva tranquillizzata come non mai.
«Sono contento che tu mi voglia consolare, ma non ho mica bisogno di pietà.» sbuffò.
«Ti piaccio come piaccio a Matt e non è una gran cosa.» disse.
Matt scosse la testa e tornò a pulire il terrazzo.
«Ti sbagli, Xav. Sono innamorata di te. Ma tranquillo, non voglio stare con te o roba simile. Te lo volevo semplicemente dire.» affermai senza essere delusa o ferita.
Xavier tornò a sedersi a terra.
«Ah.» mormorò. E la conversazione morì lì e non venne più ripresa.
Ero felice che non mi avesse rimediato uno dei suoi rifiuti speciali che dedicava a tutte le altre ragazze che gli si dichiaravano. Andava bene così. Lo sapevo, infondo.

In casa mia le cose non andavano bene. Lo sentivo.
Jude si era diplomato e viveva al college, facendosi sentire raramente e i miei genitori sembravano due estranei persino a tavola. Almeno un tempo fingevano di avere un rapporto sano.
Una sera, sentii papà alzare la voce per la prima volta. Non l'avevo mai sentito così arrabbiato e deluso.
Quella stessa notte, lo vidi buttare dei vestiti in valigia pronto per uscire.
«Papà...» lo chiamai dalla soglia della porta, con il cuore che mi martellava a mille.
Mio padre si voltò verso di me.
«Hebe, oh... Hai già finito di studiare?» mi chiese con finta voce pacata.
Lanciai un'occhiata verso la valigia e poi una a mio padre e quasi mi venne da piangere.
In cuor mio sapevo che se quella volta se ne fosse andato, non sarebbe più tornato indietro. Mai più.
«Dove vai?» chiesi nonostante sapessi già la risposta.
«Non è nulla di che. Io e tua madre ci prenderemo delle distanze e...»
«Cazzate.» sibilai.
Non avevo mai usato parolacce davanti ai miei genitori. Cercavo sempre di portare loro rispetto.
«Non ho cinque anni. So quello che sta succedendo. Voglio solo sapere dove andrai. Se ti rivedrò.» mormorai.
Mio padre avanzò verso di me e mi abbracciò di sua spontanea volontà per la prima volta.
«Se resterai con me mi vedrai tutti i gironi. Contatterò il mio avvocato migliore per averti al mio fianco.» disse.
Ero rigida tra le sue braccia, non sapevo che dire. Non riuscivo a vedere un mondo in cui avrei dovuto scegliere tra mia madre e mio padre. Eppure, sapevo che mio padre avrebbe sicuramente vinto se avesse tirato fuori i soldi per un buon avvocato. Mia madre non avrebbe avuto speranze e in compenso sarebbe stata distrutta.
Non volevo far questo alla donna che più ammiravo.
«No.» dissi staccandomi.
«Io... Non potrei mai lasciare questa casa.» mormorai.
Mio padre sospirò, prese la valigia e uscì di casa.
Non tornò mai più.

Insicura (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora