26. Realizzazione

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A tarda sera sentii la mia famiglia rientrare in casa, ma li ignorai. Ero consapevole di sembrare patetica, rinchiusa nella propria stanza per qualcosa che aveva fatto il fratello maggiore, ma non ci potevo far nulla. Ci stavo male.
Qualcuno bussò alla porta con forza, ma lo ignorai.
«Apri la porta, Clayton» disse la gelida voce di Hebe.
«No!» esclamai come una bambina.
«Aprila o la tiro giù.»
«Provaci!»
Il bussare si fece più forte ed insistente, così forte che mi costrinsi ad alzarmi e ad aprire.
Hebe non si fece molti problemi ad entrare in camera e sedersi sul mio letto, incrociando poi le lunghe gambe fasciate da anfibi alti fin sotto il ginocchio.
«Numero uno. Non ti permetterò di piangere su te stessa perché tuo fratello è un coglione.» disse alzando un dito fissandomi intensamente con i suoi occhi zaffiro.
«Numero due. La prossima volta che non rispondi ai miei messaggi, ti spacco il telefono.» affermò alzando anche il medio.
«Numero tre. Siamo amiche, non dovresti chiuderti in te stessa.» La ragazza mi regalò un raro sorriso che mi stupì e riscaldò il petto. Corsi da lei e l'abbracciai, iniziando a piangere.
«Ehi, ehi, non esageriamo, niente contatto fisico!» esclamò lei. Ma io strinsi la presa.
Dopo che mi staccai, mi chiese:«Lance mi ha detto che è venuto a parlarti. Sembrava strano. Insomma, più strano del solito. Che gli hai detto da traumatizzarlo tanto?» chiese. Arrossii al pensiero di quel che avevo fatto.
«Niente, l'ho cacciato via.» dissi.
«Beh, ci è rimasto male.» mi spiegò con un sorriso meschino sulle labbra, come se si divertisse attraverso sofferenze altrui.
«Comunque. Tuo fratello ha detto che è stato un cazzo di ignavo perché prova veramente qualcosa per la Vanderbilt e sapeva che se avesse aiutato te, la ragazza si sarebbe messa nei guai con la Tromp o qualcosa del genere. Onestamente, trovo che sia una scusa campata per aria. Cioè, davvero? Scegli la donzella oca invece della famiglia? Però lui non è importate. Quella importante sei tu. Non puoi crogiolarti in te stessa solo per questo. Dovresti, che so, vivere la tua vita e mostrare a tutti che sei tosta.» Fece tutto il discorso gesticolando con le mani smaltate di blu notte.
«Ma io non sono tosta» mi lamentai.
«E invece lo sarai. Ora alzati. Usciamo» mi disse categorica tirandomi sù.
La ragazza mi obbligò a cambiarmi e truccarmi, senza permettermi di farle alcuna domanda. Era una ragazza prepotente. Eppure quel suo atteggiamento da comandante non mi dava fastidio. Mi limitai ad obbedirla.
Ace cercò di parlarmi mentre stavamo per uscire ma Hebe si frappose tra noi.
«Lei verrà con me e tu non disturberai.» disse a schiena dritta mente mio fratello la fissava con stupore.
«Okay» disse infine.
La ragazza mi invitò a saltare sulla sua auto e mise in moto.
«D'ora in poi ti porterò io a scuola e Xavier ti porterà a casa, come sempre, per il suo piano.» mi disse con gli occhi fissi sulla strada.
«Almeno finché non fai pace con tuo fratello e tu e Xavier non fingiate di mollarvi.» continuò.
«Hebe... Hai detto che anche tu hai un fratello, no?»
«Jude. Sì.»
«E hai detto che non avete un buon rapporto. È successo qualcosa o...»
«No. Tra me e Jude è sempre stato così. Non abbiamo litigato o niente. Quindi non c'è nulla di cui scusarsi.» mi spiegò. «Al contrario di te e Ace. Voi vi volete bene. E anche se si è comportato da babbeo, sappiamo entrambe che ti adora» Forse me lo ero immaginata, ma mi era sembrata dispiaciuta.
«Non hai mai provato...»
«Azura, non tutti i rapporti tra fratelli vanno bene. Certi non si sopportano e basta.» mi disse lei con tranquillità.
Hebe continuò a guidare fino a giungere nel parcheggio di un locale stra pieno di gente urlante.
«Oggi suonano i ragazzi qui.» mi spiegò trascinandomi dentro.
Il calore del locale e gli schiamazzi mi conquistarono immediatamente, e lo fecero ancora di più quando la band di Tony salì sul palco.
«È il primo debutto di Theo nella band!» mi rivelò la ragazza al mio fianco gridandomi nell'orecchio, sopra le urla dei presenti. Infatti, Theo Allwell sembrava un po' fuori posto in mezzo agli altri ragazzi in abiti rock. Con la sua felpa e i suoi jeans sembrava capitato lì per caso. Si sistemava nervosamente gli occhiali e la chitarra che aveva con sé ripetutamente, mentre Tony riscaldava il pubblico con i suoi saluti.
Poi iniziò a cantare.
Canzoni cariche. Canzoni di rabbia, di sbagli, di vendette, di incomprensioni, di sfruttamento. Senza rendermene conto ballavo con Hebe in mezzo alla folla. Non era la mia musica. Non era lontanamente simile a ciò a cui ero abituata, ma mi piacevano. Mi caricavano.
Quando fui troppo stanca per continuare a ballare mi fiondai verso il bar trascinandomi dietro la mia amica, rendendomi conto che non l'avevo mai vista ballare o in qualche discoteca che frequentavo. Le scintillavano gli occhi.
«Non sono vestita adeguatamente.» me ne uscii mentre mi fissavo negli specchi dietro gli alcolici del bar. Il semplice maglione bordeaux aderente che avevo addosso e i jeans attillati non erano abbastanza appariscenti per i miei gusti.
«E che ti importa?» mi sfidò Hebe con lo sguardo, prima di ordinare da bere per entrambe.
«Grazie, siete un pubblico fantastico!» esclamò Tony dal palco prima che potessi risponderle.
«Ora, come ultima canzone, abbiamo "she is not mine" scritta interamente dal nostro chitarrista Theo Allwell!» esclamò il ragazzo nel microfono.
«Pensavo che Theo suonasse il violino.» affermai fissando Theo avanzare impacciato.
«A quanto pare sa suonare anche la chitarra.» disse Hebe fissando il palco, ovvia.
«Questa canzone, parla, con le note, di un amore non corrisposto. Non è il massimo dell'allegria, ma non siamo qui per divertirci, siamo qui per sfogarci, dico bene?» gridò facendo fare lo stesso al pubblico.
Theo si fece avanti e tolse la chitarra elettrica, prendendo il violino appoggiato in un angolo del palco. Poi iniziò a suonarlo.
Guardandolo suonare, gli occhi chiusi, il volto inclinato verso il suo strumento e le dita gentili, ricordai il momento in cui Arn mi aveva obbligato a seguirlo per assistere al concerto di beneficenza organizzata dalla scuola musicale di Londra. Ace era voluto venire con noi soltanto per me. Non voleva che mi annoiassi troppo. Ma alla fine fummo entrambi affascinanti dalle capacità del ragazzo che in quel momento si trovava sul palco. Non aveva la sua tenuta elegante, ma le note che suonava erano tali. Ad un tratto la musica di fece veloce e potente. Il pubblico era zittito ad ascoltarlo suonare. Gryf, dietro di lui, con la batteria, iniziò ad aggiungere alcuni colpi alla musica. Poi fu il turno di Fin al basso. La sorella Dor si aggiunse immediatamente e la scena venne restituita a Tony che iniziò a cantare. Il violino si accompagnava tremendamente bene a quella cruda musica che ci regalavano. Sentivo le note e le parole parlare e diverse immagini del mio passato affiorarono nella mia mente. Era una vita vuota, senza significato, ma poi qualcosa era cambiato. Qualcuno mi aveva aperto le porte, ma non mi bastavano quelle. Nel profondo sapevo che c'era un'altra porta che volevo aprire. La canzone me lo fece capire.
Tony finì di cantare e io compresi che forse mi ero veramente innamorata di Lancelot Chanders. E quanto questo probabile amore non fosse corrisposto.

Insicura (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora