11. Casa sua

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Cosa accadde nel 1917?
Ah, questa è facile.
Iniziai a scrivere frettolosamente, per risparmiare tempo, la risposta corretta del test di storia. Scrissi nel dettaglio l'entrata in guerra degli Stati Uniti, del loro contributo indispensabile, dell'uscita dalla guerra della Russia e i suoi motivi, della sconfitta a Caporetto dell'Italia e della ripresa sul fiume Piave di Diaz... Tutte le informazioni che avevo memorizzato il pomeriggio precedente fluirono come un fiume in piena sul foglio bianco davanti a me. L'inchiostro della mia penna mi macchiava la mano mentre sentivo il liscio materiale della carta sotto la pelle. Intanto la paura di non riuscire a terminare il test in tempo mi faceva respirare male, nonostante, grazie alla mia preparazione, riuscissi a consegnare sempre in anticipo. Tendevo sempre a scrivere troppo ma almeno la professoressa Eve mi premiava per l'impegno. Terminai la verifica e rilessi più volte le mie risposte più che esaurienti mordicchiando distrattamente il cappuccio della penna. Soddisfatta consegnai il foglio ottenendo il solito sorriso orgoglioso della professoressa Eve e me ne tornai al posto. Non ero una secchiona. Basti guardare i miei pessimi voti in letteratura e matematica, oltre a trigonometria ovviamente. Quella non poteva essere considerata una materia, nonostante il professor Machines fosse parecchio simpatico. Era un uomo sulla cinquantina basso e con un paio di baffi molto buffi, soggetti ovviamente delle congiure dei studenti, che in realtà, odiavano solamente la sua materia. Rimasi ad osservare gli altri studenti terminare il compito e mi accorsi che Lance (frequentavamo un sacco di corsi in comune) guardava il soffitto con la penna in equilibrio tra il naso e il labbro superiore, che gli diedero un'espressione molto buffa. Sembrava che non avesse scritto niente sul suo figlio e che non ne avesse nemmeno l'intenzione. Sospirai. Che voleva farne del suo futuro se ora non studiava? Ad un certo punto il ragazzo guardò l'orologio sulla parete della lavagna che segnavano dieci minutino allo scadere del tempo e si mise a scrivere freneticamente. Mi scappò una risata che venne smorzata dallo sguardo oppressivo della professoressa Eve. Abbassai lo sguardo intimidita.
Tutti gli studenti terminarono il test in tempo allo suonare della campanella. Mi diressi nel laboratorio di biologia sedendomi al mio posto accanto a Bethany che mi sorrise raggiante. «Beh, com'è andata storia? Hai rifiutato un pigiama party con la sottoscritta per quello stupido test.» mi squittì la ragazza mentre si metteva il fard specchiandosi sul riflesso di una delle provette del laboratorio. «Bene» dissi distratta mentre applicavo del rossetto. «Ti informo che non ho preso gli ultimi appunti sull'anatomia della rana. Mi dovrai dare una mano.» disse Beth facendo gli occhi dolci. «Sì va bene» replicai da copione. «Ti ricordi Anthony ?» chiesi distratta «Anthony chi?» fece lei «Anthony Goodwin, il tizio della band dell'altra scuola... Sai il cantante, quello con i capelli scuri e gli occhi smeraldo» feci vaga «Ah sì! Il tizio che mi piaceva? Sai poi ho scoperto che piace anche a Daia, quindi ho lasciato perdere e ho voluto puntare sul tizio nuovo, Chanders. Ma è fidanzato! Che tragedia! E dire che era così simpatico! Sono stufa di essere single! Voglio un ragazzo!» straparlò Beth. Come al solito iniziava a parlare e non la finiva più. Ascoltava solamente Daia, neanche fosse la sua Regina. «Aspetta, hai detto che interessa a Daia?» uno strano sorriso comparve sul mio volto «Sì perché? Non dirmi che l'hai conosciuto e che gli hai messo gli occhi addosso!» esclamò la tinta appoggiandosi falsamente le mani fresche di manicure sulle labbra carnose. Ridacchiai «Nah, l'ho incontrato per caso e prova ad indovinare con chi?» chiesi con fare allusivo. «Chi? Chi? Dai dimmelo e non tenermi sulle spine!» pregò lei sbattendo le ciglia ricoperte di mascara. «Okay! Ti pare che io non ti dica le cose?» esclamai come se fosse una cosa assurda. Mi avvicinai al suo orecchio e sussurrai «Hebe Daniels» «COSA?» esclamò lei mentre entrava la professoressa che pregò tutti di zittirci. Ma ovviamente noi la ignorammo. Ci limitammo a continuare il discorso a bassa voce. «Quella Hebe Daniels?» chiese indicando accusatoriamente la ragazza con la camicia nera seduta nel primo bancone. «Sì! Quella!» dissi fingendo incredulità. «Però non dirlo a Daia! Ci rimarrebbe male» mi affrettai a dire. «Tranquilla. Questo segreto finirà nella tomba con me.» sì, certo, come no. «Perfetto.» dissi soddisfatta prestando il 10% della mia attenzione alla lezione.

Insicura (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora