28. Dichiarazione

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Rimuginai su ciò che mi aveva suggerito Hebe per tutta la notte.
Potevo ascoltarla e provarne a parlare con Xavier. Dopotutto era stato bello... E poi era veramente un ragazzo fantastico. Mi sarebbe potuta andare peggio.
Oppure, potevo seguire ciò che mi diceva il cuore, per una volta o al massimo ascoltare la mente invece che gli istinti.
«Stupidi ragazzi. Potrei restare single per sempre, che male ci sarebbe?» borbottai al soffitto.
Il male sarebbe sentirmi sola... Molto sola... Volevo e desideravo essere amata più di ogni altra cosa.
Così presi la mia decisione. Il giorno dopo avrei parlato con Xavier.

Appena aprii la portiera del passeggero rimasi a bocca aperta.
Hebe era diversa.
Aveva i capelli neri mossi che le ricadevano a onde sulle spalle, il trucco era appena accennato attorno agli occhi. Nessuna traccia di quello pesante che portava di solito. Persino il rossetto color prugna non c'era più, sostituito dal lucidalabbra. La gonna scozzese senza gli anfibi borchiati e i collant strappati sembravano molto più sobri di come apparivano un tempo. E per finire, miracolosamente, non c'era la giacca di pelle, ma un cappotto, che seppur nero, sembrava meno aggressivo.
«Che ti è successo?» chiesi boccheggiando stupita.
«Che mi è successo?» chiese sollevando le sopracciglia.
«A te.» dissi indicandola. «I capelli, il trucco, i vestiti!» esclamai accomodandomi.
«Si è rotta la piastra, è finito l'eyeliner, stamattina mi si e rovesciato il caffé sulla giacca e sugli anfibi.» disse con un sospiro. Ero comunque perplessa. Solitamente, se le fosse successa questa catena di sfortune, avrebbe tenuto il muso o risposto acidamente a qualsiasi domanda. Eppure sembrava tranquilla.
«Tu... Non sei liscia naturale?» fu l'unica frase che dissi mentre la ragazza metteva in moto e rideva.

Arrivammo a scuola, parlando del più e del meno, allegramente.
Credetemi se vi dico che Hebe di buon umore, è molto più simpatica.
«Che ti è successo oggi? Sembri stra felice.» ridacchiai scendendo dall'auto.
«Non sono di buon umore!» rimbeccò.
«Oh, invece sì che lo sei!» ridacchiai.
Passando il cancello della scuola, un gruppo di coglioni della squadra di lacross fischiò.
«Wow, Daniels! Che schianto! Clayton ti ha convita a passare dall'altro lato? Che perdita!»
Abbassai lo sguardo arrossendo per la vergogna, ferita che quelle voci continuassero a girare.
«Vaffanculo!» esclamò semplicemente Hebe alzando il dito medio sopra la testa senza nemmeno guardare chi avesse parlato.
«Mi piacciono le aggressive! Ricorda che ci sono sempre se torni dalla parte etero!»
Ignorai e non seppi mai chi avesse parlato.
«È prestissimo, siamo in anticipo. Che ne dici di passare alla caffetteria della scuola?» mi propose Hebe controllando il telefono.
«Sì, perché no. Offri tu?» scherzai.
«Certo che no, Clayton.» ridacchiò lei mentre ci avviavamo.
Fu la scelta giusta quella che prendemmo, poiché lì, in mezzo a tanta gente, c'era anche Lance.
Senza nemmeno accorgermi che era in compagnia, lo raggiunsi e gli diedi un pugno sulla spalla.
«Ehi!» esclamai sorridendogli. Vedendo solo lui.
L'aver chiarito ciò che provavo, lo faceva risplendere ancora di più quando mi sorrideva e mi faceva sentire chiaramente il battito del cuore.
«Ehi! Zhur!» esclamò lui andando una mano per salutarmi. «Non ti vedo spesso qui la mattina, solitamente solo quando usciamo di qua vi trovo all'entrata.» continuò.
«Oggi siamo in netto anticipo.» spiegai prendendo nota mentale di svegliarmi sempre prima d'ora in poi.
«Ehi, Lance, noi andiamo, il coach ci vuole lì.» lo salutarono i suoi amici senza nemmeno guardarmi.
«Ci si vede in corridoio» affermò il ragazzo voltandosi per replicare al saluto con pugni e schiaffi senza senso.
Hebe mi diede una gomitata nelle costole.
«Ahi!» sibilai.
«Palese. Palese. Palese.» ripeté più volte con la mano davanti alla bocca, attutendo la voce.
«Non è vero.» sbuffai.
Lei alzò un sopracciglio come a sfidarmi a ripetere.
Non accettai la sfida e strinsi le labbra imbarazzata.
«Dunque, qual buon vento vi porta qui?» chiese Lance tornando da noi.
«Il profumo delle ciambelle.» replicai distogliendo lo sguardo e dirigendomi a passo rigido verso il bancone.
«Pensavo non ti piacesse "ingrassare"» mi affiancò facendo le virgolette con le dita, senza dar tregua al mio cuore.
«I dolci fanno sempre bene. L'hai detto tu, no?»
«Brava, ascolti i saggi come me. Fai bene.» mi circondò le spalle con un braccio mentre con l'altro si batté il pugno sul petto.
«Ma quanto sei scemo?» ridacchiai nervosamente, senza osare guardarlo in faccia.
«Genio incompreso, ricordatelo Zhur.» scherzò dandomi una stretta al braccio.
«Non me l'avvelenare.» intervenne Hebe tirandomi verso di lei e separandomi da Lance. Non sapevo se odiarla o ringraziarla.
«Avvelenare? Sei tu che l'avveleni, semmai.» esclamò Lance.
«Parla pure Chanders, non abbiamo tempo da perdere con te. Un cappuccino e due brioche» ordinò Hebe.
Era veramente di buon umore quella mattina perché solitamente si sarebbe messa a battibeccare con Lance. Ma non l'aveva fatto. Notai che persino il ragazzo era rimasto sorpreso e cercò il mio sguardo in cerca di spiegazioni. Mi limitai scuotere leggermente la testa e alzare le spalle.
Lance si portò un dito alla tempia, facendolo roteare e incrociò gli occhi. È impazzita.
Ridacchiai, ma ciò attirò l'attenzione della ragazza che stava prendendo gli ordini.
«Che avete da sghignazzare, babbei?» chiese scorbutica come sempre, guardandoci male.
«Uh! Allora sei veramente Hebe! Mi stavo spaventando.» scherzai aiutandola con i piattini e raggiungendo una sedia.
«Oggi devo incontrare le ragazze dell'Accademia, vieni con noi?» mi chiese Hebe sorseggiando il cappuccino e creandosi dei baffi di latte, senza nemmeno replicare alla mia battuta.
«Dove? Quando?» chiesi.
«Noia in arrivo!» borbottò Lance che aveva girato la sedia del tavolo accanto e si era seduto con le braccia appoggiate sullo schienale e sostenendo il suo mento.
«Taci, Chanders. Tanto tu non sei invitato»
«Oh! Mi si spezza il cuore! Volevo tanto andare con voi ai saloni di bellezza a farmi le manicure» replicò il ragazzo roteando gli occhi iridescenti.
Era qualcosa di incontrollabile. Le mie labbra si piegavano in un sorriso o la gola produceva una risata ogni volta che i miei occhi si posavano su di lui.
«Appuntamento alla pista di pattinaggio alle quattro» rispose Hebe ignorando ancora una volta Lance.
«Non pattineremo di nuovo, vero?» chiesi con orrore.
«Cosa pensi di fare alla pista di pattinaggio se non pattinare?»
«Non sai pattinare?» si intromise Lance. Scossi la testa.
«Potresti insegnami tu.» dissi di getto appoggiando il volto sulle mani.
Lance sollevò le sopracciglia e poi mi sorrise:«Volentieri, peccato che sia impedito pure io» fece spallucce «Iris è...» si bloccò di colpo e la sua espressione si rabbuiò. «Sì... Beh, è brava. Lei è più brava di me.» balbettò.
«Sai che potresti parlarcene... Cioè, se qualcosa non ti va bene.» mi ritrovai a dirgli.
«Non c'è niente che non vada.» replicò Lance. «Scusatemi, devo iniziare a segnare le mie presenze a lezione. Troppe assenze a quanto pare, vi precedo.» aggiunse alzandosi e andandosene. Era scappato. Fuggito.
«Non parla molto di sé.» mormorai fissando ancora la porta.
«Non sembra andare d'accordo con la sua ragazza. Potresti avere speranze.» mi disse Hebe addentando la sua brioche.
«Non voglio essere la terza incomodo che ruba il ragazzo di una relazione a distanza.» affermai abbassando lo sguardo. Il volto mi andava a fuoco.
«È sbagliato. Io... Non lo farò.» ripetei a bassa voce per imprimerlo nella mia stessa mente.
«Come vuoi.»

Insicura (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora