37. Ansia da palcoscenico

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Angolo Autrice
Non leggete questo capitolo.

Passammo tutti i pomeriggi dopo scuola all'Accademia dell'arte. Poi la sera andavamo a casa mia per studiare, poiché lui preferiva evitare casa.
A quanto pare Jude si era fatto vivo anche da loro e Hebe sembrava sempre sul punto di esplodere davanti a tutti. Sembrava che Theo fosse l'unica persona capace di calmarla in quei momenti.
Una di quelle sere, facemmo tardi, perché Lance aveva passato la maggior parte della serata a giocare a D&D sul mio computer, perdendo un sacco di tempo.
«Non dare la colpa a me se andrai male al test di matematica.» sbuffai.
«La cosa positiva è che andremo male assieme.» replicò il ragazzo alzando i pollici vittorioso.
«Scemo! Non portare sfiga!» esclamai buttandogli addosso il cuscino che lui afferrò al volo.
«Mancato!» gongolò.
Alzai gli occhi al cielo.
«Potremmo ripassare domani mattina.» proposi.
«Zhur, devo tornare a casa, lavarmi e mettermi a letto. Domani non mi sveglio sicuramente prima per studiare. E poi, casa mia è più lontana da scuola che da te.» disse Lance sbadigliando.
«Dormi qui.» proposi di getto.
Lance mi guardò stupito.
«Uh, davvero?» chiese.
«Certo. Chiederò a Ace o Arn di prestarti qualcosa.» dissi sollevandomi dal letto e mettendomi a gambe incrociate.
Vidi le guance e orecchie di Lance arrossarsi.
«Io... Non volevo correre...» mormorò lui.
Quando capii dove erano andati a parare i suoi pensieri scoppiai a ridere.
«Che vai a pensare? Dormiremo assieme, ma non siamo mica obbligati a far sesso.» replicai agitando una mano.
«E poi non lo farei mai con la mia famiglia al completo nelle loro stanze. Le pareti non sono poi così spesse.» lo presi in giro.
Lance si schiarì la voce imbarazzato.
«Bene, emh, avverto mio padre.» disse il ragazzo prendendo il telefono.
«Ottimo! Io vado a chiedere il necessario ad uno dei gemelli.» dissi balzando in piedi.
Uscii dalla stanza e bussai alla porta di Arn. Senza attendere risposta entrai ed inciampai su uno dei libri, cadendo poi su degli appunti.
«Oddio, scusa.» dissi sistemando i fogli che speravo non aver rovinato.
«Oh, Zhur, che ci fai qui?» chiese Arn riemergendo dagli abissi dello studio.
Arn aveva un'aria esausta, con quelle occhiaie sotto i suoi occhi grigi. Aveva i capelli spettinati da una parte, come se ci avesse passato ripetutamente la matita mentre era intento a pensare.
I pantaloni e il maglioncino erano completamente stropicciati. Sicuramente aveva dormito con quelli.
«Sicuramente io non mi ridurrò mai così per lo studio.» affermai certa.
«Mai dire mai.» commentò Arn.
«Ace non si dà mai tanto da fare.»
«Ace ha una buona memoria. Gli basta leggere le cose una volta per saperle già. Solo che essendo dislessico ci metterebbe di più del normale ed essendo anche iperattivo, non ci si mette proprio.» spiegò Arn. «Gli basterebbe poco e lo sa. Ma non lo fa.»
«Capisco. Emh, senti. Io e Lance abbiamo fatto tardi con lo studio. Non è che gli presteresti un cambio d'abito? Uh, e mi dici dove sono gli spazzolini di riserva e gli asciugamani puliti?»
«Dorme qui? Sul tuo letto?» mi chiese invece Arn.
«Sì, perché?» chiesi senza capire dove volesse andare a parare.
«Non hai mai... Umh, portato un ragazzo nel tuo letto.» mormorò Arn.
«Arn, dove vuoi arrivare?» chiesi.
«No, nulla. Solo che... Dev'essere una storia seria se lo fai dormire nel tuo letto.» replicò semplicemente Arn stringendosi nelle spalle.
Cinque minuti dopo consegnavo a Lance tutto il necessario, per poi spingerlo in bagno prima che qualche sottospecie di babbuino chiamato Ace Clayton lo rubasse al mio ragazzo.
Quando anche io uscii dal bagno, profumata di bagnoschiuma al cocco e shampoo alle rose, trovai camera mia completamente al buio.
«Lance? Perché hai spento le luci?» chiesi tastando la parete alla ricerca dell'interruttore.
«Forse perché dobbiamo dormire?» commentò la sua voce dalla zona letto.
Strascicai i piedi finché le mie mani non trovarono i bordi del letto e raggiunsi la trapunta. La sollevai e mi infilai dentro, rannicchiandomi sul bordo.
Due forti braccia mi trascinarono contro il suo corpo, facendo combaciare la mia schiena al suo petto.
«Ha solo una piazza e mezza questo letto. Non vorrai mica cadere.» sentii sussurrare al mio orecchio. Poi ispirò profondamente il profumo del bagnoschiuma dalla mia pelle.
Mi rigirai sul letto per avere il suo viso più vicino. Con le dita afferrai le vesti e lo tirai verso di me per baciarlo.
Inizialmente, era stato concepito come un lungo bacio della buonanotte, ma lasciarsi trasportare sembrava inevitabile. Eravamo soli,  buio, sul letto.
Ci avvinghiammo l'uno all'altro. Mi spostai sopra di lui, facendo scivolare a terra la trapunta. Mi sfilò la mia vestaglia fluidamente con un gesto veloce, ritrovando le mie labbra prima che l'indumento si separasse dalla sua presa.
Non ero da meno e spinta dal mio desiderio nei suoi confronti, lo spogliai.
«Voglio vederti.» lo sentii sussurrare con voce roca mentre lasciavo una scia di baci dall'addome al petto.
Quelle parole mi portarono bruscamente alla realtà, ricordandomi che dall'altra parte del muro c'era mio fratello.
«La prossima volta continuiamo da dove ci siamo interrotti. Ace mi prenderebbe per il culo a vita se ci sentisse a fare qualcosa di più.» gli sussurrai accarezzando il suo collo con il naso.
«Mmm, hai ragione.» mi disse.
Ma nessuno dei due si spostò di un millimetro. Le sue mani scorrevano avide sulla mia schiena, giungendo senza timidezza sul fondo schiena.
Le mie labbra e la mia lingua sentirono il sapore salato della sua pelle e decisero, di loro spontanea volontà, di lasciare sulla clavicola di Lance un marchio.
In quel preciso istante un forte bussare dal muro interruppe i miei bassi gemiti di cui non mi ero nemmeno accorta di produrre.
«È possibile che tuo fratello ci abbia sentiti.» sussurrò Lance ridacchiando, mentre le sue mani tornavano verso l'alto.
«Scusa.» gli dissi appoggiando le mani sul suo petto per allontanarlo.
Recuperammo entrambi i nostri vestiti, tastandoli al buio, per poi coricarci nuovamente sotto le coperte.
Stretti l'uno all'altro ci addormentammo, cadendo in un sonno tranquillo senza sogni. Essendo essi diventati realtà.

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