40. Boccino d'oro

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In tutti i scenari che avevo in mente vedevo Hebe che mi torturava a morte.
«Che aspetti lì impalata? Aiutami a mettere a posto!» sibilò il fratello della mia amica mentre si fiondava sugli oggetti caduti.
Non me lo feci ripetere due volte e mi misi a raccogliere tutto.
Notai che anche che un ripiano della libreria era totalmente ceduto e diversi oggetti e pupazzetti inquietanti erano volati e rotolati per la stanza.
Afferrai una bambolona di pezza con i codini neri e dei bottoni azzurri al posto degli occhi, con una maglietta dotata di un teschio con le orbite a cuore e la gonna a righe bianche e nere. Era inquietante, afflosciata sul mio palmo sinistro, ma da un certo punto di vista assomigliava a Hebe.
«Ehi! Quello gliel'ho regalato io!» esclamò Jude prendendomelo dalle mani. Lo sollevò in alto e lo ammirò meravigliato.
«Wow, questo coso avrà almeno tredici anni, non ci credo che lo tenga ancora.» ridacchiò divertito.
Non aveva l'aria da universitario con quell'espressione da bimbo emozionato. Mi ricordava la madre di Hebe, Livia.
Ricordai che Hebe mi aveva detto di non avere mai avuto un vero rapporto fraterno con lui. Eppure, se aveva tenuto quella orribile bambola per tanto tempo, significava pure qualcosa.
Jude appoggiò la bambola con cura sullo scaffale che aveva appena sistemato e si voltò a guardarmi, serio.
Mi spaventai come la prima volta che l'avevo visto.
«Com'è che guidi l'auto di mia sorella ed entri in camera sua trafugando tra la sua roba?» mi chiese sospettoso.
«Io... Io stavo cercando indizi sul regalo di compleanno da farle.» borbottai intimorita da quel cambiamento repentino del suo umore.
Magari era bipolare.
«Regalo di compleanno?» esclamò confuso sgranando i suoi occhi blu.
«Sì... Oggi è il compleanno di Hebe.» dissi perplessa.
«Oggi?» ripeté a pappagallo. Annuii.
Jude corse verso la scrivania e afferrò il calendario della sorella, prima di realizzare di non saperlo leggere perché Hebe non segnava niente sopra. Poi prese il telefono e guardò.
«Oh!» esclamò.
«Oggi è il compleanno di Hebe!» disse come se l'avesse appena scoperto.
«Già. È quel che ho detto.»
«Che succede qui?» chiese Lance sbucando dalla porta aperta.
Poi si accorse dei libri per terra e gli oggetti messi alla rinfusa sullo scaffale mezzo riparato.
«Siete morti, lo sapete?» chiese il ragazzo addentando una manciata di pop corn che teneva tra le mani.
Lo guardai male.
«Anche tu.» dissi.
«Cosa? Perché anche io?» esclamò il mio ragazzo spaventato. «Questa volta non c'entro niente!»
«Ma perché sei Lancelot e se la prenderà anche con te a prescindere, quindi vedi di aiutarci.» commentai.
Lance guardò prima me poi gli oggetti, poi si decise ad appoggiare la ciotola di pop corn sulla scrivania per aiutarci a mettere a posto.

«Se ne accorgerà.» commentò Lance a braccia incrociate quando finimmo.
«Ma è tutto al proprio posto.» rispose Jude con una mano sotto il mento con aria troppo seria e professionale. Recitava?
«C'è una cosa dei lettori che non capite. Abbiamo sempre una nostra logica nella disposizione dei nostri libri. Ognuno ha la propria, varia da chi li divide in preferenze, per autori, per genere, per saghe o anche a colori delle copertine, ma sta di fatto che ognuno ha il  suo. In questo caso sono tutti Thriller, ma ci siamo limitati a metterli tutti sui scaffali e assicurarci che le pieghe per i tascabili non siano troppo evidenti.» spiegò Lance.
«Bene allora siamo morti. Vi va una fetta di torta?» chiese Jude uscendo dalla camera come se non fosse successo niente.
«Oh! Quindi l'hai fatta tu quella meraviglia che ho visto in cucina?» chiese Lance seguendolo euforico.
«Ma...» non sapevo cosa fare. Era scioccante che quei due avessero preso la situazione così poco seriamente. Io avevo paura!
Alla fine decisi di uscire dalla stanza. Avrei pensato in seguito al regalo di compleanno, ma in quel momento dovevo lasciare la scena del crimine.

Pensavo che avrei passato con Lance tutta la giornata, ma a quanto pare dovevamo condividere il nostro tempo con Jude.
Il fratello di Hebe non sembrava minimamente a disagio per aver interrotto una specie di appuntamento di una coppia.
A tarda sera, stavamo giocando a carte e Jude ci stava stracciando di brutto a Balle. Tutta colpa della poker face che si ritrovava.
Lance sembrava fin troppo divertito per aver mancato un pomeriggio intero solo con me e ciò mi irritava parecchio. Oltre al fatto di star perdendo tutte le partite.
«Zhur, sei proprio negata.» ridacchiò Lance mentre mi prendevo tutte le carte, di nuovo.
Mi trattenni dall'insultarlo e rifeci le carte.
«Quindi... Voi state insieme.» commentò con aria disinteressata Jude. Anche lui mi dava fastidio. Che razza di domanda era?
«Sì» replicò Lance concentrato sulle sue carte.
«Capisco. È un tre di quadri.» disse passandomi la carta.
«Balla?» tentennai.
E ovviamente mi sbagliai.
La porta d'ingresso si aprì, facendo barcollare all'interno due persone.
Una era Hebe, l'altra era Theo.
Hebe era aggrappata a lui, traballante e intontita, mentre il ragazzo tentava di trasportarla come meglio poteva.
«Ehi! Come va?» ci salutò sorridente nonostante lo sforzo.
«Tutto bene! Com'è andata la serata?» chiese allegramente Lance alzando una mano.
Lo guardai e inarcai un sopracciglio, ma siccome non si degnava di offrirsi in aiuto, mi alzai per farlo io.
Hebe sapeva d'alcool ed era semi svenuta. Non diceva niente, ma aveva un singhiozzo che la stava tormentato.
«Portiamola in camera.» dissi portandomi il suo braccio destro attorno alle spalle.
Gran bei fratelli che aveva.
Una volta che avevamo portato a letto Hebe, Theo lanciò un sospiro di sollievo.
«Uh! C'è qualcosa di diverso in questa libreria?» chiese Theo guardandosi attorno.
«Cosa? Come?» esclamai colta alla sprovvista.
«Vieni spesso qui?» chiesi.
«Certo!» replicò lui pulendosi gli occhiali con il bordo della felpa. Poi si accorse di ciò che aveva detto.
«Cioè, non intendo in quel senso.» sì affrettò a spiegarmi. «Assolutamente non per quello.»
Inarcai un sopracciglio.
«Cioè, non che non voglia.» aggiunse arrossendo.
«Ma non che ci speri e ci pensi tutti i giorni!» esclamò imbarazzato facendomi ridere.
«Theo, io non ho detto niente. Lo sai vero?» chiesi per chiarire, sperando che smettesse di continuare a fraintendersi e crearsi in testa conversazioni inesistenti.
«Sì, hai ragione.» balbettò in imbarazzo.
«Almeno non morirò oggi.» affermai per alleggerire la tensione indicando lo scaffale.
«Tranquilla, ti copro io.» sorrise Theo sostenendosi gli occhiali sul naso con l'indice.
«Quindi rimani a dormire qui?» chiesi con un sorrisetto indicando la ragazza sul letto e lui.
Il rosso infiammò le sue guance.
«Cosa? Cioè, me l'ha chiesto lei e... Gliel'ho promesso e... Forse dovrei tornare a casa, hai ragione.» disse agitato cercando di superarmi.
Mi affrettai a fermarlo trattenendolo per la giacca.
«Resta. Gliel'hai promesso, no?» sorrisi facendogli l'occhiolino. Poi uscii dalla stanza e chiusi la porta dietro di me.
«C'è un ragazzo nella stanza di mia sorella. Quella stessa sorella che è arrivata a casa totalmente sbronza.» commentò Jude fuori dalla porta, cogliendomi di sorpresa. Non sembrava particolarmente contrariato, preoccupato o infastidito. Era una semplice constatazione.
«Già.» dissi senza sapere che dire, cercando con lo sguardo Lance. Ma di lui nessuno traccia.
«Dovrei preoccuparmi?» mi chiese. Non sembrava scherzasse. Me lo stava davvero chiedendo?
«No?» risposi tentennando.
«Okay, suppongo che essendo sua amica ne sappia più di me.» commentò voltandosi e andandosene in cucina.
Mi diressi in salotto e trovai Lance intento a mettere a posto i giochi da tavolo che avevamo tirato fuori.
«Senti, si è fatto tardi, torno a casa.» gli dissi cercando la mia borsa.
Lance si raddrizzò immediatamente e mi raggiunse scavalcando con un salto uno sgabello che gli intralciava la strada.
«Ehi, ma come! Di già?» chiese con tono quasi ferito.
Come se fosse colpa mia se non avevamo passato il tempo assieme.
«Sì, beh, probabilmente se resto qui sarò costretta a giocare ad "Allegro chirurgo" o ai bastoncini di Shangai.» affermai sarcastica facendo trasparire l'irritazione.
«Ehi...» Lance mi prese le mani e mi attirò più vicino a sé. «Non sapevo che Jude fosse a casa. Non sono abituato alla sua presenza...» si scusò appoggiando la fronte contro la mia.
Sospirai. Ero veramente una persona debole perché in un attimo mi aveva fatto passare il fastidio e la rabbia. Tutto merito del suo tono di voce e di quel sorrisetto sulla faccia.
«Che ne dici di rimanere per sta sera?» mi sussurrò all'orecchio.
«Lo proponi solo perché hai paura della reazione di Hebe domani?» chiesi divertita.
«Paura di che? C'è Theo che mi difende.» ridacchiò lui.
«Allora? Rimani?» mi chiese guardandomi negli occhi.
Avevo il sì sulla punta della lingua. Ero pronta a fare qualsiasi sacrificio pur di passare quella notte con lui. Poi mi resi conto di una cosa. Una cosa imbarazzante a livelli estremi.
Non mi ero depilata.
«No.» risposi staccandomi. «Magari la prossima volta.» affermai con un sorriso di scuse.
Mi dileguai in camera sua per prendere la borsa.
«Davvero non puoi? Se è per asciugamani e spazzolino te li posso prestare io. Magari anche una maglietta per dormire.» mi disse raggiungendomi, rimanendo, però, sullo stipite della porta.
«Non è quello il problema.» mi affrettai a dire, anche se la tentazione di potergli rubare una maglietta era grande.
Ero cresciuta con l'ideale che mettersi la maglietta del proprio ragazzo fosse la cosa più romantica che esistesse.
«Solo che... Mi scoccia avvertire mia madre. Lei odia essere avvertita all'ultimo.» gli dissi. Anche se quella volta non era il motivo per la quale stavo rifiutando.
Lance sospirò.
«Okay, allora ti accompagno a casa.» si arrese prendendo le chiavi della sua auto.
«Oh! Lance, domani tieniti libero che andiamo a prendere il regalo per Hebe.» aggiunsi mentre entravamo in auto.
«Perché? Non ha bisogno di regali.» borbottò lui.
«Non dire sciocchezze.» dissi.
«Non hai ancora capito, Zhur? Sono nato per dire sciocchezze.» ridacchiò avviando l'auto.

Insicura (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora