35. Lasciare

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Il bagno era più grande del soggiorno e cucina di casa mia messi in insieme. L'enorme vasca semicircolare attirava tutte le attenzioni, ma faceva spazio anche ad una doccia alla sua destra, il lavandino e il bidè sulla parete adiacente. Sul lato sinistro un grosso armadio con saponi, shampoo, bagnoschiuma, sali da bagno e asciugamani degni di una SPA, dominava tutto il muro.
Il pavimento era piastrellato e coperto da teli antiscivolo nelle zone attorno ai lavabi.
Mi misi davanti all'enorme specchio sopra il lungo lavandino.
Ero ricoperta da una sostanza verde. Sembrava gel e aveva un cattivo odore.
Arricciai il naso e iniziai a pulirmi il volto con il sapone a mia disposizione.
Iniziai a spogliarmi e a sciogliere i nodi tra i miei capelli rossi quando la porta del bagno si aprì all'improvviso.
Strillai spaventata, e cercai ci coprirmi con le mie vesti il mio corpo coperto solo dall'intimo.
Xavier inarcò un sopracciglio e rise.
«Non c'è niente da ridere! Non si bussa più?» esclamai sconvolta, cercando di coprirmi meglio.
«Rilassati. Non c'è niente che io non abbia già visto.» affermò allungandomi dei vestiti.
«Questo non ti dà il diritto di entrare in bagno mentre sto facendo la doccia!» strillai afferrando i vestiti.
«Ehi, ma sono da maschio.» commentai.
«È casa mia, non una boutique. Ho pensato che  non ti facesse piacere indossare qualcosa che appartiene a chi ti ha fatto questo.» disse indicando lo slime verde.
«Gli asciugamani sono puliti, puoi usarli. E, come vedi, hai una vasta sventa di shampoo e bagnoschiuma.» disse voltandosi, ma prima di richiudersi la porta alle spalle rientrò.
«E... Se non vuoi che qualcuno entri, chiudi la porta a chiave.»
Dopo un occhiolino se ne andò veramente.
Mi affrettai ad ascoltare il suo consiglio per poi entrare nella doccia. Quello specchio enorme mi metteva a disagio. Vedermi così sporca è vulnerabile mi faceva sentire debole e stupida. E non volevo sentirmi così.
Restai sotto il flusso caldo più del dovuto, lavando via la sporcizia e lasciando scorrere via i pensieri. Il vapore mi dava alla testa e l'acqua mi depurava.
Quando finii di levarmi di dosso tutta quella melma dai capelli e mi sentii finalmente pulita, mi decisi ad uscire da quella cabina di vetro. Avvolsi il mio corpo bagnato con un asciugamano morbido di un bel rosa confetto e stesso feci con i miei capelli.
Cercai tra i cassetti dell'armadio e trovai il phon. Pettinai i miei capelli con cura mentre li asciugavo e intanto pensai a ciò che mi era successa nelle ultime ore. In particolare modo la richiesta di Lance. Al sol pensiero mi venne da ridere tra me e me, ma allo stesso tempo volevo piangere per la situazione imbarazzante da cui Xavier era stato costretto a salvarmi. Già, mi aveva salvata molte volte. Come un principe azzurro.
Mi infilai la maglietta nera che mi aveva dato e i pantaloncini di qualche tuta che mi arrivavano fin sotto le ginocchia.
Guardandomi allo specchio realizzai di essere veramente bassa. Sembravo un nano da giardino vestita in quel modo.
Uscii dal bagno, con i miei vestiti sporchi stretti in una mano e i piedi nudi che toccavano il pavimento del corridoio. Raggiunsi quella che doveva essere la porta della camera di Xavier a passi veloci, come se temessi di essere sorpresa in mezzo al corridoio.
Bussai e in poco tempo il ragazzo mi aprì.
I suoi capelli scuri erano ancora umidi, così come il suo petto nudo.
Rimasi senza fiato per diversi secondi a guardarlo e ringraziai il cielo che almeno non fosse solo in asciugamano ma con i pantaloni di un pigiama.
«Emh, grazie.» esordii.
«Non ringraziarmi. È un danno che ti ha fatto un membro della mia famiglia. È giusto che ripaghi. E poi sei mia amica.» disse lui rientrando.
La camera di Xavier era la tipica camera di un ragazzo. Almeno, come mi sono sempre immaginata la camera di un ragazzo.
Non era estremamente disordinata, ma non c'era nemmeno un particolare ordine.
I muri erano azzurri e su di essi erano appesi vari poster di giocatori e squadre di basket o band a me sconosciute. I mobili erano tutti della stessa tinta, marrone chiaro, compreso l'enorme armadio che si mangiava la parete sinistra. Tutto il resto si estendeva alla destra della porta, il letto, i comodini e la scrivania. Accanto alla sedia era appoggiata una custodia di una chitarra e sul tavolo un pallone da basket sopra riviste aperte. C'erano diverse lampade normalissime sui comodini ai lati del letto matrimoniale a trapunte blu. Infine, una libreria era fissata sopra la testiera di esso.
Nessun vestito lasciato sul tappeto e/o buste di cibo o preservativi.
«Pensavo fosse più grande.» dissi.
Xavier alzò un sopracciglio, guardandomi in modo strano.
«La camera, intendo.» arrossii.
«Lo so che ti riferivi alla camera.» ridacchiò divertito recuperando una maglietta e infilandosela, nascondendo ai miei occhi il suo fisico asciutto ma scolpito.
«Quella di mia sorella è grande. Anche quella dei miei. Ho preferito questa perché aveva un bel bagno e potevo raggiungere facilmente a tutte le cose facendo pochi passi. Non ha senso farsi una maratona solo per arrivare all'armadio, no? Sono piuttosto pigro.» ammise fingendo di pensarci seriamente.
«Io, dovrei andare. Ti restituirò la maglietta e i pantaloncini.» affermai individuando la mia borsa con una strana fretta di uscire.
«Lì laverò a mano, così non rovinerò questi indumenti di marca.» scherzai.
«In realtà quelli che hai addosso li ho presi da una bancarella in Italia. Li avrò pagati cinque euro dopo che mi sono vomitato addosso. Mamma non era felice che avessi rovinato per sempre il completo di Valentino.» commentò accompagnandomi alla porta.
Xavier mi allungò un sacchetto vuoto in modo che potessi infilarci dentro i vestiti sporchi.
Mi rimisi i stivali che avevo cercato di pulire in bagno e seguii Xavier attraversare il corridoio di casa sua.
I nostri passi riecheggiavano nella ormai vuota dimora dei Bellson.
«Davvero, grazie di tutto Xav.» dissi imbarazzata quando ormai fui fuori dalla porta.
«Smettila di ringraziarmi, Azura. Altrimenti sarò costretto a chiederti qualcosa in cambio.» sussurrò suadente.
Notando però la mia espressione sconvolta si mise a ridere.
«Ti prendevo in giro. Non fare quella faccia.» esclamò.
«Beh, allora ciao.» dissi allontanandomi.
Il ragazzo mi salutò con una mano e attese che raggiungessi l'auto di Hebe, poi lo vidi chiudere le porte.

Insicura (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora