33. Errore

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Giunsi a casa Daniels, ma rimasi in auto.
Avevo promesso a Hebe che sarei venuta, ma all'ultimo secondo avevo una gran voglia di ritirarmi.
Non sapevo nemmeno perché avessi passato due ore davanti all'armadio per capire cosa mettermi. Mi trovavo patetica da sola.
Il telefono continuava a vibrare nuovi messaggi che ignoravo, poche sapevo già a chi appartenessero. Hebe non mi dava tregua.
Prendendo un profondo respiro, scesi dall'auto con estrema lentezza e mi sistemai il vestito rosso che avevo addosso. L'aria fredda di Londra mi fece rabbrividire le parti coperte solo dai collant scuri e il viso arrossato.
Mi sistemai i capelli raccolti in una treccia appoggiata sulla spalla, sistemandomi i ciuffi ribelli dietro le orecchie.
Presi la borsa e chiusi l'auto.
Trascinandomi i piedi avvolti da stivali scuri, giunsi davanti al portone di casa Daniels e suonai.
Ogni secondo d'attesa rischiava di far esplodere il mio povero cuore.
La porta della casa si aprì presentando davanti a me la fotocopia di Lance in versione adulta. Solo che quell'uomo aveva i capelli scuri e non possedeva le orecchie a sventola.
«Salve.» squittii colta alla sprovvista.
L'uomo davanti a me indossava una polo a maniche lunghe, dei pantaloni color cachi e ai piedi si trascinava un paio di ciabatte da operaio blu. Era trasandato e sembrava parecchio stanco.
«Oh, ciao. Tu devi essere l'amica di Hebe. Prego, entra pure.» esclamò l'uomo cordialmente.
«Sono Gareth Chanders, il padre di Lance. Conosci Lancelot, giusto?» mi chiese.
No signore. È solo il ragazzo per la quale ho una cotta spaventosa.
«Sì, frequentiamo molte lezioni assieme.» dissi.
«Mi fa piacere.» commentò allontanandosi verso il soggiorno dove c'era la TV accesa.
Hebe uscì da camera sua e mi guardò male.
«Tutto il tempo al telefono e non mi rispondi ai messaggi. Pensavo mi avessi dato buca.» commentò la ragazza infastidita. Era sempre uno shock vederla senza trucco e in abiti normali.
«Guidavo.» mentii automaticamente.
Hebe alzò gli occhi al cielo e mi condusse in cucina.
La tavola era bandita di leccornie di ogni tipo e solo sentirne il profumo faceva venire l'acquolina in bocca. Sembrava un banchetto del Ringranziamento.
«Mamma! Ma quanto hai cucinato? Non finiremo mai di mangiare tutto!» esclamò Hebe.
«Parla per te, Obscurus. Io mangio per quattro, ma che dico! Per dieci!» esclamò Lance sbucando alle mie spalle. Alla sua vista un sorriso spuntò sulle mie labbra in automatico e il cuore fece una capriola.
«Confermo!» esclamò Iris aggrappandosi al suo braccio.
«Ciao, Zhur» mi sorrise il ragazzo.
«Ciao, Lance!» squittii.
Tossii cercando di riprendermi. C'era la sua ragazza a pochi metri di distanza!
«Smettetela di chiacchierare e venite a tavola.» disse la madre di Hebe sorridendoci amorevolmente.
«Tu devi essere Azura! È un piacere conoscerti! Oh, cielo! Pensavo veramente che Hebe non sarebbe mai riuscita a fare amicizia in quella scuola! Stavo iniziando veramente a preoccuparmi.» disse la donna afferrandomi le spalle come per accertarsi che fossi vera.
«Piacere mio, signora.» replicai imbarazzata.
«Non essere tanto cortese! Ci siamo già viste!» esclamò come se ciò ci rendesse grandi amiche.
Poi mi stampò un bacio sulla guancia.
«Mamma!» esclamò Hebe scandalizzata.
«Che c'è?» replicò la donna sulla difensiva.
Hebe scosse la testa e mi fece sedere prima che subissi un altro attacco da parte della madre, mentre Lance rideva divertito.

«Allora, dimmi Azura, che lavoro fanno i tuoi genitori?» chiese la signora Daniels mentre tagliava la carne.
«Ma saranno cazzi suoi!» esclamò Hebe.
«Hebe, il linguaggio.» commentò passivamente il padre di Lance.
«Grazie per la preoccupazione ma ce l'ho già un padre.» replicò acidamente la ragazza abbassando lo sguardo.
«Che non ti ha insegnato le buone maniere! Scusati immediatamente, signorina!» disse la madre assottigliando lo sguardo sulla figlia.
Guardai Hebe spaventata, pronta a vederla replicare per le rime, quando mi sorprese.
Hebe si morse un labbro e sussurrò:«Mi spiace, Gareth.»
L'uomo annuì, sistemandosi sulla sedia, prima di continuare a mangiare come se nulla fosse successo.
«Uh, comunque mia madre è un'impiegata della Stardust Company» dissi per smorzare il silenzio pesante che si stava formando.
«Oh, è l'azienda rivale della Bellson Enterprise, non è così?» esclamò Livia Daniels. «L'azienda appartenente alla famiglia del tuo amico Xavier, Hebe.» aggiunse.
«E quindi?» borbottò la mia amica.
«Emh, non ne ho idea. Non mi intendo molto di queste cose.» affermai prima che i genitori notassero l'impertinenza di Hebe.
«Mi hanno detto che potrebbe chiudere... Pensi che tua madre sia a rischio lavoro?» chiese il padre di Lance.
«Emh, io... Non saprei.» mormorai.
«Papà, la stai mettendo a disagio. Non potete parlare di qualcosa di più allegro invece che del lavoro? Che so, perché non parlare dei Giganti. Pensate che conquisteranno mai il mondo mangiando tutti gli esseri umani?» intervenne Lance mettendosi in bocca della pasta.
«Ma che farnetichi, Lance!» disse Iris dandogli una gomitata che gli fece andare di traverso il cibo. Mi affrettai a versargli dell'acqua che bevve con avidità.
«Comunque, tua padre che lavoro fa?» chiese Livia cercando di essere ottimista.
«Mio padre è capocuoco al Venus, nei pressi dell'London Eye.» replicai.
«Oh! Ci ho mangiato! Si mangia benissimo, vero caro?» chiese la donna appoggiando una mano sul braccio dell'uomo. «Ci dovremmo andare come ai vecchi tempi.» disse.
«Ci siete andati prima o dopo che papà scoprisse che lo tradivi?» commentò inopportunamente Hebe.
«Non cominciare di nuovo. Ne abbiamo già parlato, Hebe.» disse la donna di nuovo irrigidita.
La ragazza fece spallucce e non alzò mai lo sguardo dal pane che stava spezzettando.
Mi stavo sentendo in imbarazzo in mezzo a quella situazione.
«Anche io ci ho mangiato.» commentò Lance come se niente fosse.
«Ah, sì? Quando?» chiese Iris con un sorriso. Anche lei sembrava a disagio per la piega che stava prendendo quella cena.
«Azura mi ci ha portato.» replicò il ragazzo.
«Oh, già. È vero.» commentai sorridendogli.
«Ed eravate da soli quando ci siete andati?» chiese Iris abbassando lo sguardo sul piatto.
«Sì, e pensa che la cameriera ci ha scambiati per una coppia.» ridacchiò Lance.
In quel momento capii di essermi innamorata di un idiota di proporzioni epiche.
Lance lanciò un grido di dolore e guardò Iris incredulo, mentre lei continuava a masticare tranquillamente.
«Che succede, caro?» chiese Livia.
«Umh, niente.» borbottò il ragazzo.
Avrei scommesso tutti i miei risparmi che Iris gli aveva dato un calcio sotto il tavolo. E se lo meritava. Se al suo posto ci fossi stata io avrei fatto lo stesso. Anche se quell'uscita era stata completamente innocente di per sé.
«Signora Daniels, la cena è stata deliziosa. Le spiace se mi assento per il dolce?» formulò educatamente Iris.
«Certo, cara. Non ti senti bene?» chiese premurosamente la donna.
«No, no, no. Sto benissimo. Ho bisogno... Di un'attimo.» affermò forzando un sorriso.
«Ehi, qual è il problema?» sussurrò Lance fermandola per un polso.
La ragazza si liberò dalla presa con uno strattone e uscì dalla cucina senza voltarsi.
«Mangiate. La cena si raffredda.» affermò Hebe come se niente fosse.
«Scusatemi, io... Le vado dietro.» si alzò anche Lance sotto gli sguardi stupiti dei genitori.
Il resto della cena si concluse in silenzio e Hebe mi scortò in camera sua.
«Scusa. Non ti dovevo far venire.» disse Hebe sedendosi sul bordo del suo letto ben fatto.
«Non ti scusare.» la rassicurai.
«È sempre così... Forse sarebbe stato meglio per me se fosse stato l'avvocato di mio padre a vincere la mia custodia.» borbottò la ragazza.
«Lasciami andare!»
«È dove caspio vuoi andare a quest'ora?!»
«La coppietta felice sta litigando» commentò Hebe raddrizzandosi. Entrambe ci guardammo e ci avvicinammo al muro per origliare.
«Oh! Ma smettila di parlare come un nerd!» sentimmo esclamare la voce di Iris.
«Sai che ti dico? Io sono stufo! Stufo di assecondarti sempre!»
«Tu sei stufo? Io sono stufa!»
«Grandioso! Allora è per questo che ti surriscaldi per nulla!»
«Brutto imbecille! Ti metti pure a fare l'ironia?»
«Senti, io ci provo veramente a renderti felice. Mi puoi spiegare perché diamine sei sempre così scontenta?»
«Perché sono scontenta? Lance, io sono praticamente scappata di casa per te! E cosa scopro quando arrivo? Hai un rapporto più intimo con la tua sorella acquisita che con me! Esci con ragazze che hanno l'aspetto delle fate dei libri fantasy che tanto adori e sei così integrato nella tua nuova vita che mi fai sentire stupida! Sono una stupida a pensare che casa mia non sia più casa senza di te!»
Mi morsi le labbra all'udire quelle parole. Da esse erano trasparita l'immensa frustrazione che aveva provato quella ragazza. Una frustrazione che mi toccò.
A quel discorso era seguito un silenzio che non volevo ascoltare. Volevo che parlassero. Che continuassero a urlarsi contro.
Ad un certo punto sentii una porta sbattere.
Io e Hebe ci guardammo e ci precipitammo fuori in contemporanea giusto per vedere Iris che usciva di casa con dietro la sua valigia.
«Se n'è andata?» sussurrò stupita Hebe.
«Sembra di sì...» mormorai.
La figura di Lance uscì dalla sua stanza con calma, poi voltò lo sguardo verso di noi.
«Mi spiace ragazze, lo spettacolo è finito.» disse facendoci un inchino. Poi si richiuse la porta alle spalle anche lui.

Insicura (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora