14. Amica?

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«Ahi!» esclamai ficcandomi il dito in bocca. Mi ero bruciata il dito sfiorando per sbaglio la padella. Iniziai a saltellare per la cucina scuotendo la mano e battendo i denti. Poi il lume della ragione mi raggiunse e la ficcai sotto il getto dell'acqua del lavandino. Quando la fresca acqua mi diede il sollievo, andai a cercare la pomata per le bruciature. «Sento puzza di bruciato!» esclamò uno dei miei fratelli. Dal tono strafottente era sicuramente Ace. «Sì, mi sono bruciata» gridai mentre frugavo nel cassetto delle pomate. «Davvero Zhur! Che stai combinando c'è davvero puzza di bruciato!» esclamò questa volta Arn. Annusai l'aria è constatai che c'era effettivamente puzza di bruciato. Corsi in cucina e spalancai la porta trovando la padella completamente in fiamme. Cacciai un urlo e i miei fratelli precipitarono in cucina agitati «Oh merda!» esclamò Ace. «Estintore estintore!» disse agitato Arn mentre correva da una parte all'altra. «Lì lì!» gli gridò Ace correndo verso l'estintore e prendendolo. «Come si usa?!» esclamò ancora «Che ne so! Leggi le istruzioni!» esclamai isterica «Brucia!!!!» gridai indicando le fiamme ed agitando la mano come una forsennata. Arn strappò dalle mani di Ace l'estintore e lo attivò. Della schiuma andò a finire per tutta la cucina oltre che in faccia all'altro fratello prima di spegnere completamente le fiamme. Seguì un silenzio tombale in cui tutti fissavamo il forno annerito dalle fiamme «Sono morta» affermai «Mamma mi ammazza» sussurrai notando la carne bruciata della padella ormai nera. «Papà ti disereda.» aggiunse Ace «La figlia del cuoco migliore di Londra brucia la cucina» recitò «Smettila Ace! Mi fai sentire in colpa!» esclamai sull'orlo di una crisi di pianto «Ehi, tranquilla Zhur, è stato un incidente. Può capitare» mi consolò Arn abbracciandomi e mettendomi una mano sulla testa. Affondai il volto nel suo maglione cercando di alleviare i miei sensi di colpa. «Andiamo a comprarci una pizza?» chiese Ace. «Vado io. Tanto è a due isolati da qui» affermai staccandomi da mio fratello «Sicura Zhur? Vado io se vuoi» si offrì Arn. Scossi la testa e iniziai a dirigermi verso la mia borsa «Ti accompagno?» propose Ace prendendo la giacca. «No. Rimante qua entrambi. Vi prendo il solito, okay?» esclamai fondandomi fuori. Ispirai aria inquinata nei miei polmoni cancellando il terribile odore di bruciato della cucina e iniziai ad incamminarmi per le strade. Mi sentivo particolarmente giù di morale ed ero piuttosto sicura che non fosse solamente la paura della sgridata della mamma e per le spese che i miei genitori avrebbero dovuto fare per sistemare quel disastro, ma era anche per quello che era successo quella mattina. Avevo umiliato Diamond davanti a tutta la scuola, infondo, era uno dei miei desideri più grandi... Ma avevo realizzato anche che in tutti questi anni avevo continuato a frequentare persone che si sono approfittate della mia amicizia. Beth non era nemmeno intervenuta a mio favore. Tom e Jack erano rimasti in silenzio a guardarla insultarmi, troppo codardi per contraddirla. E Jason? Jason Forster, il più bel i ragazzo della scuola per cui mi ero presa una cotta per così tanto tempo? È stato solamente un illusione creata dalla mia bacata mente. Lo credevo perfetto. Lo credevo come il tipico ragazzo tormentato e bellissimo, quello dei libri, quello che si sarebbe innamorato perdutamente di me. E invece era una delusione totale. Stavo cominciando a credere che al mondo non esistessero i cavalieri oscuri e misteriosi che mi avrebbero portata nel loro mondo buio. Un mondo in cui sarei stata la luce e la cura per la loro purificazione. Fantasticavo decisamente troppo. Con il mio gesto sconsiderato mi ero lasciata cadere nel gradino più basso della popolarità scolastica. La gente da quel momento in poi mi avrebbe evitata come peste, additandomi e sparlandomi alle spalle. Sarei rimasta sola ai margini sociali, avrei perso ogni festa e non avrei trovato l'accompagnatore al ballo di fine anno! Che mi era saltato in mente? A chi mi potevo affidare? Non potevo pesare sui miei fratelli che l'anno successivo sarebbero pure partiti per i college, Hebe non avrebbe voluto accollarsi una Barbie come me. Si suiciderebbe piuttosto. È vero, è stata disponibile nei miei confronti, ma non è così che saremmo diventate amiche... E poi probabilmente mi odiava. E Lance? Non potevo certo addossarmi a lui per questi ultimi due anni. Lui aveva la sua vita sociale, la sua ragazza... Oh, come mi sento sola!
Raggiunsi la pizzeria ed entrai con un'espressione da funerale. Constatai che c'era fila e pensai che ero assolutamente la persona più sfigata al mondo. L'uomo davanti a me era grosso come un armadio ed emanava un odore piuttosto sgradevole. Puntai gli occhi sulla sua ampia schiena composta da rotoli di ciccia fasciata da aderente maglietta grigia. Non mancavano nemmeno gli aloni scuri nei pressi delle ascelle. Per poco non mi venne da vomitare. La fila continua a diminuire mentre vedevo tutte le altre persone che si allontanavano felici con i loro cartoni di pizze. Finalmente il tizio davanti a me se ne andò. Mi voltai e lo seguii con lo sguardo finché non raggiunse la porta di vetro della pizzeria. Ma prima di afferrare la maniglia tenne con la mano sinistra in equilibrio il cartone di pizza, mentre con l'altra si infilò la mano nei pantaloni per grattarsi il fondoschiena, poi con la stessa mano afferrò la maniglia e aprì la porta. Bleah! Mi toccherà aprirla con i guanti! «Guarda chi c'è» esclamò la commessa sorridendomi. Mi girai ed incontrai gli occhi zaffiro di Hebe. «Lavori qui?» esclamai stupita «Solo quando hanno bisogno.» replicò lei sorridendomi educatamente «Che hai alla faccia? Perché sorridi?» mi scappò una battuta «Ah ah! Molto divertente. Cosa ordini?» chiese lei senza perdere il sorriso. Era piuttosto inquietante, ma decisi di ignorarlo. «Umh, una marinara, una capricciosa ed una quattro stagioni» affermai. «Il nostro pizzaiolo viene direttamente dall'Italia, sarà la pizza più buona che tu abbia mai mangiato.» disse sorridente come nelle pubblicità. Staccò un foglio e lo mise in una finestrella dietro di lei. «Aspetta qualche minuto» mi disse «Cavolo Hebe. Non sorridermi così. È troppo strano!» esclamai. In quel momento entrò dalla porta sul retro un'altra ragazza sui venticinque anni «Scusa il ritardo Pietro!» esclamò la ragazza affacciandosi alla finestrella «Ho avuto problemi con l'auto!» si giustificò «Ringrazia Hebe che era disponibile! Puoi andare, cara! Ti ho messo i soldi sul retro!» sentii una voce dall'accento strano da dietro. «Grazie!» esclamò la diretta interessata «Ciao, Mary. Io vado» disse la ragazza togliendosi il grembiule con il logo della pizzeria e dirigersi verso la porta da cui era entrata la ragazza. Un minuto dopo mi consegnarono le pizze. Faticai ad aprire la porta anche perché evitavo di mettere la mano dove aveva appoggiato il tizio obeso di prima e mi aiutai con i piedi. Una persona me la tenne aperta da fuori ed io alzai lo sguardo per ringraziare. «Uh, grazie Hebe» dissi uscendo. Il sorriso da commessa era sparito dal suo volto, ritornando ad essere la scura darkettona che conoscevo. «Non te ne sei ancora andata?» chiesi curiosa «Mi deve passare a prendere mia madre» sbuffò «Se hai tu la macchina mi faccio dare un passaggio» mi disse tranquillamente «Mi spiace, sono a piedi» le dissi con le pizze calde in mano.
Ci sedemmo in un tavolino all'esterno della pizzeria. «Sembri un po' giù» notò lei. Mi stupii del suo spirito d'osservazione «Un po'»ammisi sforzando un sorriso rassicurante. «È per Diamond e i tuoi amici?» chiese «Mi piacerebbe sapere se sono stati veramente miei amici» dissi abbassando lo sguardo «Mi sento come se... Come se avessi sprecato la mia vita. Che senso ha avuto frequentarli per tanto tempo? Io... Io ho sempre pensato che se fossi stata popolare avrei avuto tanti amici... Che sarei stata apprezzata, che sarei stata qualcuno... Che avrei potuto incontrare il mio principe azzurro...» iniziai a parlare senza freni utilizzando la ragazza come valvola di sfogo «Daia mi ha sempre trattata come una merda, mi facevo mettere i piedi in testa da lei senza saper reagire perché... Non volevo perderla, avevo paura di affrontarla... E mi sto chiedendo se ho fatto bene oggi ad insultarla. Ho perso tutto ciò che ambivo, ho perso amici, perché loro preferiscono lei a me, ho perso la stima delle altre persone, non sarò più ricercata tra i ragazzi e non sarò più nessuno! Anzi! Mi sparleranno tutti dietro e non si preoccuperanno più di farmi soffrire. Sono sola ora e non capisco se è meglio rimanere così, abbandonata da tutti, diventare un reietto o prima, vivere nella finzione! Mi sono scavata da sola la mia stessa fossa e...» «Va bene. La pianti?» esclamò la ragazza severa che mi guardò con sguardo duro. «Primo. Tra l'essere stimata ed essere una dei giocattolini del sesso papabili della scuola c'è una grande differenza. Secondo. Essere popolari non significa avere tanti amici. Gli amici sono unici e veri e non sceglierebbero mai qualcuno a te, è più probabile che tu non ne abbia mai avuto uno. Terzo. Per quel che vale, potrei essere io tua amica, non sei sola e comunque meglio soli che mal accompagnati. Se sai dove guardare, se sai come cercare, gli amici si trovano. Quelli più adatti a te. E poi il tuo discorso era così contorto che ho fatto fatica a capirci qualcosa.» mi disse lei. «Scusa... Erano tanti pensieri usciti tutti in una volta...» feci io sorridendo. «Ti ricordo che abbiamo appuntamento alla pista di pattinaggio fra qualche giorno.» mi disse. «Giusto. Allora non mi darai buca?» chiesi «Beh, sono sempre disponibile per aiutare un'incapace ad imparare pattinare» si offrì lei. Un clacson suonò in quell'istante e il giovane volto della madre di Hebe sbucò dal finestrino «Vuoi un passaggio Azura?» esclamò questa. «Io...» «Sì, lo vuole, mamma» disse Hebe afferrando il suo zainetto e le mie pizze per poi salire sull'auto. Mi affrettai a raggiungerla. «Per chi sono quelle pizze?» mi chiese la madre di Hebe «Mamma? Sono affari tuoi?» intervenne Hebe seduta sui sedili posteriori accanto a me. «Sta sera ceniamo a casa da soli io e i miei fratelli» dissi «Dovevo cucinare io ma... Sì è bruciata... La cena» balbettai «Capisco! Alla tua età mi succedeva sempre! Pensa che una volta ho persino bruciato la cucina!» esclamò ridendo la donna «Mamma? È stato ieri» intervenne Hebe facendomi ridere «Ah sì?» scherzò la donna facendomi l'occhiolino attraverso lo specchio retrovisore. Giungemmo a casa mia e mentre scendevo dall'auto Hebe mi richiamò «Sai dov'è la pista di pattinaggio, vero? Quello sulla 21 esima. Vicino alla libreria» mi disse «Sì, ho presente» affermai «Ci troviamo lì» mi disse prima di salutarmi.

Appena rientrata in casa, Ace mi strappò i cartoni di piazza di mano. «Dio! Stavo morendo di fame!» esclamò «Dove sei stata Zhur? Mi stavo preoccupando.» intervenne Arn prendendo delicatamente dalle mie mani la sua pizza «Ho incontrato una mia amica» sorrisi. Arn sorrise di rimando. «Un'amica? Chi?» intervenne Ace con la bocca piena «Hebe Daniels» dissi prendendo una fetta della mia «Quella Hebe Daniels?» chiese divertito Ace «Mi è sempre sembrata una tipa... Oscura» rise divertito Ace «Che battuta scema Ace! È meglio di quel che sembri» dissi sorridendo «Brava Zhur! Mai giudicare dalle apparenze» mi sorrise Arn scompigliandomi i capelli facendomi protestare. Appena terminammo tutti la pizza mi alzai in piedi e tintinnai il coltello sporco di pomodoro sul bicchiere di vetro per richiamare teatralmente l'attenzione dei miei oziosi fratelli. «Ora!» esordii «Fate pace!» dissi come fossi stata una star che aspettava di essere acclamata. I miei fratelli si guardarono per poi distogliere lo sguardo, fingendo entrambi di essere particolarmente occupati con i loro cartoni vuoti. «Sto aspettando» dissi con tono di rimprovero. «Zhur...» iniziò Arn «No Arn» lo fermai «Siete fratelli e dovete fare pace. Non permetterò che una ragazza rovini il vostro rapporto.» affermai «Siete entrambi consapevoli di volervi bene.» continuai «Per questo dovete chiarirvi» dissi. I ragazzi non si mossero «Per favore! Fatelo per me» dissi posando una mano su una loro di entrambi. I gemelli mi guardarono e io sbattei le ciglia prima ad uno poi all'altro. Sporsi il labbro inferiore e misi la mia migliore faccia da cucciolo. Però mi arrivò un cuscino da divano in faccia. Strinsi gli occhi poi guardai malevola il colpevole. Chi se non il gemello iperattivo? Nel tentativo di vendicarmi lo attaccai buttandomi addosso a lui, soffocandolo con il suo stesso cuscino. Invece di aiutare me, Arn mi rifilò un'altro cuscino in faccia. In men che non si dica, da diplomatico discorso di rappacificazione, si trasformò in una battaglia all'ultima piuma d'oca. Un potente strillo ci fermò. Voltandoci tutti con espressione colpevole fissammo nostra madre con le mani sulla bocca per l'orrore. Dalla soglia del portone di casa vedeva la cucina bruciata e il salotto disordinato. «COSA AVETE FATTO?!» gridò isterica «Mamma! Ben tornata!» esclamò Ace gioviale «AVETE DISTRUTTO LA CUCINA!» gridò ancora «Vedi il lato positivo mammina! Ace ed Arn hanno fatto pace!» esclamai. E per dimostrare la veridicità delle mie parole i fratelli si presero a braccetto «ALTRO CHE PACE E PACE! IO VI AMMAZZO!» urlò «Mamma...» intervenne Arn  «METTETE TUTTO A POSTO O VI BUTTO FUORI DI CASA!» continuò «Oh! Il cuore! Il mio povero cuore! Mi farete morire d'infarto ed esasperazione!» fece la donna portandosi una mano al petto. Noi sorridemmo e iniziammo a mettere a posto ubbidienti mentre nostra madre andava a controllare i danni da me arrecati alla cucina. 

Angolo Autrice

Scusate il capitolo... Strano. Il prossimo sarà migliore. Spero sarà migliore.
Sopra Hebe Daniels come la immagino io... Forse le servirebbe giusto qualche borchia in più e dei piercing... Mmm boh. Alla prossima!

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