15- 1808

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Sonia

Entrammo. La casa era completamente buia, la luce ovviamente spenta e le persiane abbassate. Qualche raggio di sole riusciva a passare, timido, fra le sottili fessure, senza alterare l'oscurità in cui l'ambiente era immerso.

"Eccoci" pronunciò mia madre appoggiando un dito sull'interruttore dell'ingresso, permettendo al lampadario di illuminarsi. Potei così almeno vedere l'entrata. Era spaziosa, molto accogliente, diversa da come l'avevo immaginata. Sul lato sinistro era contornata da piante finte, mentre a destra vi erano un armadio e un appendiabiti in legno. Davanti a me, invece, vi era un'altra stanza, separata da una porta scorrevole.
"Tesoro, vai pure, se ti va. Mi aiuterai più tardi, okay? Immagino che tu sia molto stanca". Annuii, chiudendo gli occhi. Era stato strano che mia madre avesse esibito un briciolo d'umanità.

In ogni caso, non era vero: la stanchezza, nonostante prima mi stesse sopraffacendo, era scomparsa alla vista dell'accogliente dimora, che aveva acceso in me la voglia di scoprire ogni angolo di essa.
La veritá era che odiavo dover aiutare mia madre nelle faccende domestiche. Il suo tono dolce e pacato si poteva percepire solo quando esternava i suoi interessi materiali; per il resto delle volte mi trattava con snervante sufficienza.

Tolsi le scarpe e iniziai a perlustrare la casa. La stanza che si presentava di fronte all'ingresso era il bagno. Era molto grande, con una doccia e uno specchio contornato da una cornice beige. A sinistra del bagno, invece, vi era la camera dei miei genitori arredata con colori chiari e con un letto matrimoniale al centro della stanza. Accanto ad essa, la mia. Non vedevo l'ora di entrarvici e non potei trattenermi dallo spalancare subito la porta, presa da un'incontenibile curiosità.

Immersa fra le sue quattro mura, mi guardai a destra e a sinistra. Era piuttosto gradevole, con un bel letto a castello, una scrivania ed il mobilio celeste.
"Niente male, per adesso" riflessi.

Il salotto, invece, era caratterizzato da un televisore di medie dimensioni e da due divani marroni, mentre la cucina presentava un mobilio verde scuro e permetteva il collegamento con la mia stanza attraverso una terrazza molto ampia e che dava su un giardino, quello della villa.
Mancava soltanto una stanza da vedere: la soffitta.
Ci si poteva accedere tramite una scala a chiocciola situata nel corridoio, il quale consentiva il collegamento con uno studio e un ripostiglio.
Aveva un armadio in legno, tanti scatoloni appoggiati per terra, un orologio da muro azzurro che ricordava il mio, un paio di quadri e un parquet luminoso. Ad una parete vi era una finestra da cui entravano dei timidi raggi di sole e, al soffitto, una semplice lampadario in vetro.

Scesi di sotto dopo aver perlustrato l'ambiente per una decina di minuti, andando incontro a mia madre.
"Allora, com'è la casa?" mi chiese subito, iniziando ad aprire una valigia tirandone, lateralmente, la zip.
"Bella" dovetti ammettere. Mi rivolse un sorriso, soddisfatta.
"Ne sono felice".
"Anche la zona. Non sembra male. C'è molto più verde che a Torino. E non fa freddo". Era vero. La temperatura era di ventidue gradi, ma erano solo le otto e mezza di mattina. Magari al pomeriggio avrebbe sfiorato i trenta gradi. Ciò era quello che in realtà speravo, ma dubitavo potesse realizzarsi.
"Vai a farti una doccia, Sonia. Poi andiamo tutti a riposare, perché al risveglio ci saranno tante cose da fare" mi annunciò mia madre.
"D'accordo..." sbuffai poco contenta di dover essere costretta ad aiutarla in ogni caso.

Mi sembrava tutto così strano...
Trovarmi lí, in una casa che non era mia, ma che da quel momento lo sarebbe stata, in una città che non conoscevo bene, ma che in poco tempo avrei conosciuto come le mie tasche. E chissà quale sarebbe stata la prima persona polacca a cui avrei parlato, esclusi i miei parenti e mia madre. Avevo molte cose da scoprire ed ero impaziente di venire a conoscenza di tutto.

La storia prima della storiaWhere stories live. Discover now