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Daniel

Terminata la lezione di danza, volta al termine a una velocità impressionante, ebbi il desiderio che la lezione successiva giungesse al più presto. Giú per le scale, tutti i miei futuri compagni di danza e non, parlottavano fra di loro. Forse ero uno dei pochi a non conoscere assolutamente nessuno, ma non avrei avuto problemi a fare amicizia. Sempre sperando che non fossero tutti persone provocatorie come il moro che aveva osato provocarmi per ben due volte in quella breve ora.

Avviandomi verso la fermata dell'autobus mi resi conto di quanti ragazzi abitassero dalla parte opposta alla mia. Alla fermata del marciapiede di fronte, aspettavano la stessa linea, diretta però verso un'altra zona di periferia.
Controllai quando l'autobus sarebbe passato, poi prelevai dalla tasca le cuffiette con le quali avrei ascoltato un po' di musica.

Arrivato alla fermata a mezzogiorno e mezza, ebbi la fortuna di vedere arrivare il bus persino in anticipo rispetto a quanto previsto.
Lì, oltre a me e a un ragazzo biondo, probabilmente frequentante l'università, sopraggiunse anche Fabio che, di passo svelto, si apprestò a correre per non perdere l'autobus.
Speravo non mi vedesse ma purtroppo non fu come avevo pensato.
"Ciao Danielito" mi provocò, salendo sul mezzo.
"Ciao" salutai, cercando di mantenere la calma. Salii anche io, timbrando immediatamente il biglietto.
"Cosa fai qui di bello? Attento a non prendere un autobus sbagliato, eh!". Risi.
"Stai tranquillo. Comunque grazie per essertene preoccupato". Lo lasciai in silenzio. Sicuramente non si aspettava una risposta del genere.

Pochi secondi dopo, la mano di Fabio si posò sul pulsante arancione per prenotare la fermata. Senza girarmi a vedere se stesse effettivamente per scendere, notai lo spostamento della sua figura con la coda dell'occhio. Per fortuna, era sceso dopo una sola fermata, e fui ben felice di essermelo tolto dai piedi.

Accesi la connessione dati del telefono, precedentemente messo in modalità aereo per evitare che potesse interrompere la riunione squillando. Alzando il volume dei multimedia, feci partire una canzone a caso dalla playlist dei preferiti. Fino a quel momento avevo ascoltato la medesima canzone che avevo in testa da qualche giorno.

Mentre ascoltavo la musica guardavo fuori attraverso il lurido e spesso finestrino del mezzo. Non era una zona che conoscevo bene, erano state poche le volte in cui vi ero passato. Perciò ero curioso di sapere cosa ci fosse nei dintorni e speravo di notare qualcosa che durante l'andata non ero riuscito a captare; l'agitazione aveva tenuto occupata la mia mente.

Attraversai qualche isolato, poi iniziai a riconoscere la zona adiacente alla mia. Non ero lontano da casa, mancavano più o meno tre chilometri.
"Quanta strada dovrò fare per due pomeriggi a settimana, saranno si e no sei chilometri!" riflettei.
"Ma sono certo mi abituerò. In fondo è così quando qualcosa piace: si è disposti a fare dei sacrifici, spesso anche molto più grandi di questo" pensai fra me e me. E subito mi balenò per la testa Sonia, e i mille seicento chilometri che ci separavano.

Piano piano, fermata dopo fermata, vidi l'autobus svuotarsi e rimanere l'unico assieme a una coppia di anziani seduti di fronte a me.

"Scusa, ragazzo. Per il centro quante fermate mancano?" sentii pronunciare ad alta voce dalla signora alla mia sinistra per farsi sentire. Tolsi le cuffie.
"Ancora un po' " le risposi, sorridendole.
"Quando vede una costruzione grigia e rossa alla sua sinistra deve prenotare la fermata" spiegai.
"Grazie mille". Mi rivolse un sorriso cordiale. Ricambiai.
"Hai visto, Carlo? Avevo ragione io. Non ti orienti mai!" la sentii dire sfacciatamente al marito, il quale non fece caso ai rimproveri della sua consorte e continuò a leggere il giornale che teneva tra le mani rugose.

"Che bella giornata è oggi" attaccò bottone la signora, osservando il cielo limpido con gli occhi della medesima, delicata tonalità.
"Già. Non fa nemmeno troppo caldo" proseguii io.
"È raro che a Torino non ci sia umidità. Escludendo gli ultimi tre anni in cui ho abitato a Roma da mia figlia, ho vissuto in questa città per sessantasette anni. Mi trasferii qui più o meno quando avevo la tua età "mi confessò.
"Quanti anni hai, tu?" mi domandò, tranquillamente.
"Sedici" risposi, orgoglioso di averli finalmente computi.
"Ecco, sì. Proprio così". Voleva dire che quella donna aveva ottantasei anni. Ne dimostrava almeno dieci in meno, soprattutto per la sua grinta e loquacità.
Le sorrisi per la terza volta.

"Nacqui in Veneto, poi i miei si trasferirono in Francia per lavoro e quando nacque mia sorella venimmo a vivere a Torino. Ho visto questa città trasformarsi nel corso dei decenni".
Era una signora molto colta, si riconosceva subito dal modo in cui si esprimeva. Inoltre era molto interessante stare a sentire ciò che aveva da narrare, non fu affatto scontata. Forse, l'unico neo che faceva percepire la sua longevità, era la memoria, che non la accompagnava più molto. Dovette chiedermi ancora un paio di volte a che fermata dovesse scendere.
Probabilmente anche il senso dell'orientamento si era affievolito, ma per fortuna c'era suo marito, con lei.

"Sono sposata con Carlo da sessantadue anni" mi disse, toccandomi il braccio. Capii che era una signora molto spontanea e solare.
"Caro, è qui che dovrei scendere?" mi chiese conferma per l'ennesima volta.
"Tra poco". Mi alzai per prenotarle la fermata, pigiando energicamente il bottone arancione con un dito.

"Grazie mille, sei un ragazzo così per bene! È stato un piacere conoscerti".
"La ringrazio, per me è stato un piacere parlare con Lei.Arrivederci".
I due uscirono lentamente dell'autobus, che aveva appena aperto le porte centrali.

Rimasi solo. Dedicai gli ultimi minuti di viaggio a pensare a ciò che avevo appena vissuto. Non mi accorsi che, mentre riflettevo, avevo un grande sorriso stampato sulle labbra.

Cose del genere, anche se potevano sembrare tra le più banali e meno emozionanti, non mi erano capitate spesso in sedici anni. E scambiare due parole con chi la vita l'aveva vissuta veramente mi aveva fatto riflettere. Avevo ancora tante cose da apprendere.

La storia prima della storiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora