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Sonia

Il giorno successivo partecipai ad una lezione di danza del mio ragazzo. Aveva insistito così tanto che il rifiutare lo avrebbe rattristato in maniera inguaribile. Ma, comunque, mi avrebbe fatto piacere.

"Per favore, vieni. Ne abbiamo finalmente l'occasione ed io ci terrei moltissimo" aveva pronunciato Daniel con un tono di voce smielato per cercare di convincermi.
"Non so se i miei saranno d'accordo che io passi un'altra giornata fuori casa..." dissi.
"Ecco, siamo stati assieme per tutta la giornata di ieri e..." avevo cercato delle scusanti per vedere fino a che punto si sarebbe spinto.
"Non ti preoccupare, ti terrò via da casa soltanto un paio d'ore. La lezione dura un'ora e mezza e poi ci va una mezz'oretta in pullman, se non poco più. Che ne dici?". Mi morsi il labbro, riflettendo. Quali scusa avrei adoperato in quel momento? Non ero brava ad avere l'ultima parola con lui. I due anni in più di differenza fra me e lui significavano esperienze di vita che potevano fare la differenza in casi come quelli.

"D'accordo, dai" risposi alla fine, dandomi per vinta. Mi sorrise, facendomi perdere la tristezza accumulata per un istante a causa della sua vittoria nell'avere l'ultima parola. Odiavo perdere.
"Evviva!". Le sue labbra si estesero sul volto, facendo comparire i denti, squadrati.
"In fondo sono anche io, quella che vorrebbe esserci" dissi.
"E quando ti ricapita?" mi convinse ulteriormente, facendomi notare quanto irripetibile fosse l'esperienza da lui offertami. Effettivamente non aveva torto. Per il poco che ci saremmo visti ancora...

"Ho già detto di sì, Dane" risposi, incrociando le braccia e sorridendogli. Rise per la mia mimica.
"Passo a prenderti a casa tua dopo che saró uscito da scuola, okay?".
"Ma no, dai. Mi faccio trovare davanti al cancello del liceo. Non voglio che tu faccia mille giri per me. Oltretutto voglio anche conoscere qualche tuo compagno e vedere com'è l'atmosfera da liceo".
"Oh, guarda. Non ti perdi niente, te l'assicuro" sentenziò, scuotendo il capo.
"Ma come, dici sempre che ti trovi bene...".
"È vero. È solo che rispetto alla scuola media non è meglio. Si hanno molte cose da studiare in più e i prof. sono molto seri e distaccati. Non come alle medie, che sono tutti più comprensivi e dolci".
"Hey, da me non era così. Avevo una prof. di mate che mi faceva filare!" contestai.
"Eh, ma solo lei. Qua tutti" disse, quasi scocciato di doversi ripetere.

"Allora posso venire io a prenderti davanti a scuola, invece che tu a casa mia? Per favore" tornai al discorso precedente. Non che non mi interessasse cosa mi stava dicendo. Ma sembrava esssrsela presa e non avrei avuto voglia di ribattere.
"Va bene, dai" si rassegnò.
"A che ora esci?" gli domandai per sapere come organizzarmi.
"All'una e mezza" dichiarò.
"D'accordo. Saró lí puntuale" annunciai, sorridendogli.

Mezzogiorno e cinquanta.
Fuggii di nascosto di casa prima che i miei genitori potessero rimproverarmi di essere uscita senza sparecchiare dopo aver mangiato. I giorni pari toccava a me.

I conti li avrei fatti più tardi, ma al momento avevo soltanto in mente un pensiero: andare con Daniel alla lezione di danza. Oh, e non perdermi col pullman. Non avevo mai preso quello che lui abitualmente prendeva per andare al liceo, ma in qualche modo avrei fatto.

Mi sentivo strana ad andare a prendere a scuola il mio ragazzo, piú grande di me di più di due anni. In genere accadeva il contrario. Non erano infatti stati pochi gli episodi in cui mi aveva fatto la bellissima sorpresa di portarmi a casa in bicicletta. Era una cosa che mi piaceva molto, anche se era pericoloso, soprattutto per via della velocità a cui era solito guidare tra le trafficate vie delle nostra metropoli.

Arrivai puntuale: guardando l'ora notai che mancavano poco meno di dieci minuti alla sua uscita. Iniziavo a sentire l'agitazione crescere dentro di me.
Mi guardai attorno. Non c'era nessuno, se non qualche ragazzo più grande, forse di quarta o quinta intento a fumare, nascosto dagli occhi dei professori, che certamente non avrebbero permesso loro la consumazione di neppure mezza sigaretta all'interno dell'edificio scolastico. Nonostante la maggiore età, le regole erano uguali per tutti all'interno dell'istituto.
Mi tenni alla larga da loro, odiavo l'odore di fumo e anche chi fumava. Trovavo, quello da alcuni definito buon profumo, un puzzo nauseabondo.

Sentii, non molti minuti dopo, la campanella suonare all'interno della struttura e rompere il silenzio che vigeva nei dintorni. In lontananza si sentivano le auto scorrere sul corso parallelo alla via della scuola, ove neppure un motorino era passato in quel quarto d'ora.

Una marea di ragazzi uscirono tutti assieme, ammassati l'uno contro l'altro. Cercavo con lo sguardo Daniel, tentando di riconoscerlo tramite qualche elemento distintivo. Punti immediatamente al suo zaino, celeste, riconoscibile tra centinaia di zaini, tutti neri o blu.

Era accanto a tre ragazze, poco più avanti. Ridevano di gusto, battendo le mani in preda all'euforia. Ad un certo punto, Daniel si avvicinó per baciarle tutte e tre sulla guancia. Poi si diresse verso di me, salutandole con la mano.
"Hey, Sonia!" mi sorrise.
"Chi sono quelle?". Le indicai col mento.
"Delle mie amiche".
Le vidi raggiungerci.
"Ciao, tu devi essere Sonia" disse una di loro. Guardai Daniel.
"Come sanno il mio nome?" domandai al mio ragazzo.
"Gli parlo molto di te". Sorrise nuovamente, guardando verso di loro.
Mi strinsero la mano.
"Piacere, Agata" mi disse la bionda.
Si presentarono anche le altre due, pronunciando i rispettivi nomi, Melissa e Lucrezia.

"Daniel ci racconta un sacco di cose su di voi, siete una coppia bellissima" proseguí Melissa.
"Grazie" risposi, senza sorridere. Non avevo idea di come comportarmi, ma preferii mostrarmi distaccata.
"Vi stimo!" aggiunse Lucrezia. Guardai allibita Daniel.
"Cosa cavolo avrà raccontato loro di noi?" Mi domandai mentalmente.
"Bene, allora a domani, Daniel. Noi dobbiamo andare a fare una cosa"
dissero in coro tutte e tre.Dopodichè si precipitarono all'uscita di scuola, appostandosi nuovamente accanto al cancello.

"Mi spieghi cosa sta succedendo?" domandai, un po' turbata dalla strana situazione.
"Prima peró vorrei che mi salutassi".
"Sì, scusa" dissi, sporgendomi verso di lui. Lo baciai.
"Stanno cercando il ragazzo misterioso".
"Come dici?".
"Sai il ragazzo di cui ti avevo parlato, il presunto fidanzato di Fabio?".
"Sí".
"Ecco. Le mie compagne vogliono capire chi sia e cercare di fare colpo su di lui. O cretinate del genere" ridacchiò.
"Oh. Interessante. Ma aspetta... se lui è forse il ragazzo di Fabio, e quindi è gay, come possono loro sperare di avere una possibilità con lui?".
"Lasciamo perdere, quelle tre sono fuori di testa".
"E cosa fanno là davanti?".
"Aspettano che lui esca e poi daranno il via allo stalking". Risi.
"Sí, hai ragione. Sono matte". Ci guardammo.
"Forza, adesso andiamo. Ci aspetta la lezione di danza!" mi disse, percosso da una scossa d'euforia.

Ci dirigemmo verso il cortile esterno all'edificio scolastico, dove Daniel era solito parcheggiare la bicicletta che usava soltanto il lunedì, quando andava a danza.
"Non avevi detto saremmo andati in autobus?" domandai.
"Sì, ma ho cambiato idea. È da troppo tempo che non andiamo in bici assieme e voglio rivevere l'esperienza di nuovo". Sorrisi.
"Su, posa il mio zaino nel cestino" disse passandomelo e sedendosi sul sellino della bicicletta.
"Tieniti a me" aggiunse levando il cavalletto.
"Speriamo in bene anche questa volta..." dissi sottovoce per non farmi udire.
"Tranquilla, non succederá nulla" rispose, dopo avermi sentita.
"Ma prometto che a breve mi faró prendere un motorino. Magari a fine anno, per i miei sedici anni".
"Se potessi, te l'avrei già regalato io pur di viaggiare in sicurezza". Rise.

Uscimmo da scuola con calma, ma una volta fuori, sulla pista ciclabile, fu impossibile impedirci di lasciarci sfrecciare con il vento dalla nostra parte. Pronto a scompigliare i nostri capelli, accarezzava le nostre pelli rinfrescandole con una piacevole temperatura, mentre ci facevamo attraversare dall'ebbrezza di superare quella zona della città in un soffio.

La storia prima della storiaWhere stories live. Discover now