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Daniel

Attesi con ansia che il servizio venisse mandato in onda. Iniziai a mordermi con nervosismo le unghie, passandole ripetutamente lungo le labbra, poi fra i denti che, inevitabilmente, ne staccarono delle sottili frange.

Inspiravo profondamente per mantenere la calma, per quanto fosse dura riuscirci. Mi sedetti sulla sedia dove era solita sedersi mia sorella durante i pasti, in modo da avere la televisione esattamente di fronte a me.

Mentre aspettavo sentii la porta dell'ingresso aprirsi. Mio padre comparve sull'uscio e, qualche secondo dopo, anche mia madre. Aveva i capelli spettinati; le labbra, appena schiusesi dopo uno sbadiglio tutt'altro che contenuto, bramavano un goccio d'acqua.

"Buongiorno" mi salutò Inés stiracchiandosi.
"Ciao, mamma" ricambiai a bassa voce.
"Cosa fai qua?" mi domandó dirigendosi con passo lento verso di me.
"Guardo la tv" risposi, mordendomi un labbro.
"Cosa trasmettono?" domandó mio padre.
"Il telegiornale". Mia madre si sedette al tavolo, non prima di avermi stropicciato i capelli con fare giocoso. Mio padre superó la cucina e si diresse verso il bagno.

"Ecco, il servizio è stato recuperato. Linea alla nostra inviata" annunció il conduttore del telegiornale delle otto. Un brivido mi percorse la schiena, il silenzio nella stanza mi fece avvertire la pelle d'oca.
"Di cosa parlano?" chiese mia madre, interrompendo le parole che si precipitavano rapidamente fuori dalle labbra dalle giornalista.
"Di un aereo precipitato". La guardai, cercando conforto nelle sue iridi nere.
Sul suo volto potei scorgere un'espressione dispiaciuta, confusa. Un lieve senso di smarrimento aleggiava sul viso, ancora assonnato.

"L'aereo precipitato questa notte trasportava un totale di centoquaranta persone. Il volo, in partenza da Varsavia, era diretto a Torino. Non si sa ancora di preciso se ci sia qualche sopravvissuto, anche se le probabilità sono praticamente nulle. Ciò che è certo è che non si sia trattato di un proposito umano, ma di un errore, di una mancata accortezza nella manutenzione del motore che si è improvvisamente guastato. Alla fine l'aereo ha perduto il controllo e l'incidente è stato inevitabile. Tra i deceduti accertati, una coppia di ventenni e una madre che portava in grembo il proprio figlio, probabilmente in gravidanza avanzata, prossima al parto, il marito e la figlia adolescente, stretti a lei. Ulteriori informazioni verranno fornite nella prossima edizione del pomeriggio".

Nel sentire pronunciare quelle parole mi sentii morire. Enormi lacrime si andarono a formare nei miei occhi che, devastati, non riuscivano più a trattenerle, lasciandole cadere lungo le mie guance. I miei pugni, stretti in segno di forte speranza, affievolirono la presa, fino a scomparire. Il respiro iniziò a mancarmi; l'ossigeno pareva essersi rarefatto tutto ad un tratto. Il palato si asciugó fino ad impedirmi di deglutire nemmeno una goccia di saliva. Iniziai a sudare freddo, forti brividi percorrevano tutto il mio corpo. La pelle d'oca invase le mie braccia, poi le gambe, il collo. Un senso di vuoto occupò la mia mente, poi prese il suo posto un forte panico. Le lacrime continuarono imperterrite a formarsi e a scendere come gocce di pioggia sul mio viso, cadendo sulla mia maglietta e formando macchie più scure.
Mi sentii svenire, per un attimo. Ma decisi di non farlo, di essere forte. Preferii essere forte e superare quel momento, affrontando le mie emozioni.

Mi vidi scorrere davanti ogni giorno degli ultimi mesi. Ogni giorno.
Un anno che non sarebbe mai diventato due.

"Daniel...Daniel, stai bene?" mi domandò mia madre, forse per la quarta volta. Ma concentrato com'ero nei miei pensieri, non avevo avuto la possibilità, forse il coraggio di sentire la sua voce, rotta dalla disperazione.

Si chinò, appoggiando una mano, fresca, sul mio ginocchio.
Mi sporsi per abbracciarla. Strinsi il suo corpo contro il mio, senza aprir bocca.
"Daniel, che succede?" domandò lei vedendomi reagire a quel modo.
Scoppiai a piangere, singhiozzando rumorosamente.
"Mamma, su quell'aereo c'era Sonia. C'era Sonia, lá". Strinsi la sua maglia tra le dita della mano. Appoggiai gli occhi sulla sua spalla.
Mi strinse a sé.
"Cosa farò io, senza di lei? Mamma, io..." sussurrai.
"Dove andrò, io senza Sonia?" dissi, ansimando.
"Sei sicuro fosse il suo aereo, quello?".
"Sì. Lei doveva essere giá arrivata ieri. Oltretutto ci sono troppe coincidenze: partiva da Varsavia, come il suo, doveva arrivare a Torino...e la descrizione della famiglia..." dissi con voce tremante, trattenendo le lacrime per un paio di secondi.

"È morta. È morta, mamma". Mia madre mi accarezzó la spalla.
"È MORTA!" urlai, affranto dal dolore psicologico a cui stavo venendo sottoposto in quegli istanti.
"Non tornerá mai più. Cosa farò, adesso? Lei non c'è più. È morta. È morta!" gridai più forte di prima.
"Shhh, Daniel. Calmati..." mi sussurró mia madre, lasciandomi andare non appena mi vide alzare il capo per separarmi da lei.

"Sonia. Sonia!" continuai a gridare straziato dal dolore.
"Perché è morta? Perché è successo questo? Perché a quell'aereo?". Mi misi le mani tra i capelli, continuando ad urlare.
Mia madre assisteva alla scena.
"Io non ce la faccio". Mi diressi verso il balcone, correndo. Volevo farla finita. Senza Sonia non sarei andato avanti.
Mia madre mi seguì, i passi svelti, lo sguardo vigile su di me.
"Cosa hai intenzione di fare? Fermati!". Mi sentii tirare per un braccio.
"Lasciami!" le diedi uno strattone, voltandomi verso di lei.
"Senza lei non vivo". La guardai negli occhi, percependo paura nelle sue pupille, tremanti.
Mi abbracció, appoggiando una mano sulla mia nuca.
"Ora dovrò ricominciare una vita, fare tutto daccapo. Tutte le giornate che ho trascorso con lei, tutti i bei momenti che abbiamo passato assieme...con chi li rivivrò?". Ricominciai a piangere, crollando un'altra volta.
"Mamma, una parte di me è scomparsa. Io ho paura di continuare senza di lei. Non sono in grado di fare niente sapendo che lei non tornerà mai più. Mai piú".

La storia prima della storiaWhere stories live. Discover now