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Daniel

Osservavo attentamente le gocce d'acqua scontrarsi alla finestra.
L'orologio ticchettava rumorosamente echeggiando nella stanza. Il vento soffiava forte e si faceva percepire anche attraverso le spesse pareti della mia dimora.
Stavo entrando in paranoia, quel clima mi rendeva triste.
Era un po' che non sentivo Tommaso, e mi mancava parecchio. Avevo provato a chiarire con lui a lezione di danza, ma sembrò ancora troppo scosso dalla notizia per darmi retta.
"Non fa nulla, non potevi saperlo" mi disse, per tranquillizzarmi. Ma oltre a quello, niente altro. Non parlammo più di nulla, e lui sembrò quasi evitarmi prima e dopo la lezione. Da una parte pensai che non lo stesse facendo in quanto offeso: la morte del nonno doveva averlo scosso parecchio. Ma al contempo sentivo il bisogno di parlargli, cosa che fu possibile soltanto svariati giorni dopo l'accaduto.

Intanto passò una settimana, lunghissima e notai che Sonia non ebbe alcuna intenzione di chiamarmi, di cercarmi nella maniera più assoluta. Forse era realmente indaffarata: non era cattiva e non faceva cose per ripicca, per cui nonostante mi dispiacque come stavano andando le cose, cercai di essere comprensivo.

Presi allora io l'iniziativa, un po' perplesso; non ero scocciato dal fatto che non l'avesse fatto, quanto più mi sarei aspettato un "mi dispiace" per il modo aspro con cui mi aveva trattato l'ultima volta.
Le scrissi un messaggio, piuttosto che chiamarla e rischiare non rispondesse. Tanto valeva lo stesso, in quella situazione.

"Ciao, amore. Come stai?" digitai, posando il telefono sul comodino. Poi mi diressi verso la cucina, dove mia sorella e mia madre stavano preparando una torta con le pere. Le urla di divertimento di entrambe mi fecero sopraggiungere immaginando chissà quale scenario ci fosse. L'allegria fu tale che mi coinvolse in un battibaleno.

Cucinammo insieme per più di un'ora. La preparazione richiese molteplici passaggi, e l'essere in tre fu probabilmente più d'ostacolo che di aiuto. Per fortuna, la lavastoviglie ci risparmiò il lavaggio a mano di tutte le cose che avevamo sporcato.

Tornando in stanza controllai il cellulare: una notifica da parte di Sonia, la quale aveva risposto pochi minuti dopo il mio messaggio iniziale.

"Ciao, Daniel. Bene e tu?". Rimasi nuovamente stupito da come mi aveva chiamato. Voleva dire che : evidentemente, da quel momento in poi non avrei più ricevuto il piacevole appellativo di Dane.
"Anche io, grazie. Possiamo sentirci per telefono?" le scrissi.
Perché, adesso cosa stiamo facendo?
Intendevo chiamata. Scusa
Certo
Ora?
Ora cosa?
"Posso chiamarti ora su Skype?".
"Ok". Ero scioccato dalle risposte rigide, fredde che mi stava dando.
La chiamai in ogni caso, sperando non fosse come per messaggio.
Per chiamata si mostrò più gentile, e si poté parlare tranquillamente.
Sarà stata la formalità di un messaggio scritto ad avermi fatto pensare che potesse avercela con me. Vedendo invece l'espressione che aveva sul volto si capiva che non lo fosse. La sua fronte era rilassata e le labbra accennavano qualche sorriso ogni tanto. Il tono della sua voce era calmo e non troppo alto. Sembrava stare bene.
Non le domandai come mai non mi avesse cercato. Non m'interessava il motivo, nè volevo metterla in difficoltà o farla sentire in colpa con domande investigative.

"Cosa fai?".
"Mi preparo. Io e mio padre dobbiamo accompagnare mia madre a fare una visita".
"Oh, poi fammi sapere, eh?".
"Certo. Tu che fai, invece?".
"Nulla. Stavo sfogliando una rivista dove ci sono alcune foto di mia sorella per una marca di scarpe".
"Ah sì? Che bello! Fammi vedere!". Le mostra il giornale per come potessi.
"Non si vede molto. Ma si capisce sia lei".
"Che bella è!?" esclamò.
"Anche tu lo sei" sussurrai. Arrossì.
"Ti voglio bene" mi disse.
"Anch'io". Sorrisi.
"Allora pace fatta?"
"Ma certo, Dane. Non posso essere arrabbiata con te. Per cosa, poi? Per nulla. Mi dispiace anche per non averti chiamato. Speravo lo facessi tu. Alla fine l'hai fatto, sei troppo buono". Sorrisi di nuovo.
"Dai, non pensiamoci". Sorrise anche lei.
"Allora, quando torni a Torino?".
"I miei mi hanno detto per Pasqua".
"Quello lo sapevo anche io. Ma in che giorno, di preciso?".
"Penso i primi di aprile".
"Uff...".
"Dai, manca poco più di un mese!".
"Ma è tantissimo!".
"Porta pazienza" mi disse, accennando un sorriso.
"Ci proverò".
"Come va con la danza?".
"Sempre bene. A fine giugno avremo un altro saggio".
"Ah sì? Wow, sono felice per te!". Sorrisi, orgoglioso.
"In bocca al lupo" augurò.
"E con i tuoi amici?".
"Bene, bene".
"Novitá su Fabio e Andrea?".
"Mmh, no. Nulla di che" risposi, stupendomi del fatto che si fosse ricordata di loro.
"Va bene, Dane. Ora devo andare. Ci sentiamo, okay?".
"Certamente. Ti chiamo io" asserii.
"Grazie. Allora a presto". Mi mandò un bacio, soffiandolo sul palmo di una mano. Feci per prenderlo al volo. Mi sorrise, teneramente.
"A presto ".
Chiuse la chiamata. Rimasi fermo a riflettere. Il cellulare mi avvisava che la batteria, a breve, si sarebbe completamente scaricata. La luminosità s'abbassò tutto ad un tratto, oscurando lo schermo.

La storia prima della storiaWhere stories live. Discover now