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Daniel

Presi di nuovo in mano il cellulare dopo una settimana che non lo facevo. In verità lo avevo usato nel frattempo, ma limitandomi solamente a contattare i miei genitori in caso di bisogno. Non ebbi tempo da perdere dietro ai messaggi dei gruppi della scuola o del corso di danza scritti a macchinetta come se non ci fosse un domani e senza la consapevolezza che a qualcuno potesse irritare. Proprio come al sottoscritto.

Attivando la connessione dati, mi ritrovai centinaia fra messaggi e mail. Tantissime notifiche di vario tipo si susseguirono facendo vibrare ininterrottamente il cellulare. Poi, fra i molteplici sms, molte chiamate perse: un paio da parte di Tommaso, una sola di Fernando e una ventina da parte di Sonia.
"Che sarà successo che mi ha cercato così spesso?" mi domandai mentalmente, digitando il suo numero per richiamarla il più in fretta possibile.
Attesi per ben otto squilli, ma non rispose. Attaccai la chiamata, sospirando deluso.
Le scrissi un messaggio, pur sapendo che non l'avrebbe di certo risposto a quel mio disperato tentativo di ricontattarla.
"Ciao, Sonia. Tutto bene? Perché mi chiami così tante volte, se poi non rispondi? È successo qualcosa?" digitai, muovendo rapidamente i pollici sullo schermo touch, facendo vibrare ogni tasto sotto il tocco dei polpastrelli, sudati.

Nel tardo pomeriggio, annoiato e turbato dal comportamento di Sonia, preferii uscire piuttosto che rimanere in casa e lasciare che la mia mente desse origine a implacabili paranoie. Così mi diedi appuntamento con Tommaso.
"Posso venire con voi?" mi sentii domandare da mia sorella mentre mi osservava pettinarmi più accuratamente del solito, appoggiata sull'uscio della porta con una spalla. Mi girai per osservarla, posando il pettine accanto alla piastra di mia madre.
"No, Veba. È meglio se stai a casa a riposare. Ma ti prometto che al più presto te lo presenteró. E magari potremmo uscire anche con suo fratello. Okay?".
"Quelli di danza?".
"Esattamente". Sorrise, soddisfatta dalla mia risposta acconseziente.
"Quanti anni hanno?".
"Tommaso la mia età, mentre il fratello Filippo è tuo coetaneo".
"Capito" si limitò a dire.
"Chissà, magari poi Fil ti piace..." proseguii il discorso, stuzzicandola.
"Ma smettila!". Ricevetti una spinta su un fianco. Risi, senza riuscire a schivarla.
"Odio quando fai queste battute del cavolo". Andai a darle un bacio. Si divincolò, spingendomi indietro.
"Lasciami!". Le feci un sorriso malizioso.
"Ora vado. A stasera" conclusi, superandola.
"Ciao, ciao" disse, quasi sbuffando. Le feci un occhiolino provocatorio.

Mi precipitai al luogo d'incontro per raggiungere il mio amico.
Ero in ritardo di quasi dieci minuti, per arrivare puntuale avrei dovuto correre per un bel po'.
Amavo la corsa, lasciare che l'asfalto scorresse rapidamente sotto i piedi, che l'aria sfiorasse la pelle, che il mondo mi passasse di lato in fretta. Ma solo quando non ero di fretta.
Non di certo cone rimedio a una cattiva organizzazione.

La nostra destinazione per la serata sarebbe stata il cinema del centro, Volevamo andare a vedere un film autobiografico ambientato in India. Ero sempre stato affascinato da quel paese, ogni volta che mi veniva chiesto cosa mi sarebbe piaciuto ricevere come regalo alla maggiore età rispondevo, sicuro della mia scelta, un viaggio alla scoperta della parte più selvaggia e rurale dell'India. Avevo giurato a me stesso di dover visitare almeno una volta, se non di più, quel meraviglioso Stato, anche a costo di viaggiare da solo.

Arrivai al nostro punto d'incontro, il famoso parco del primo incontro.
Lui, solitamente puntuale, non era lì. Mi guardai attentamente attorno, ma mi accorsi che la veloce occhiata che avevo volto inizialmente a un ragazzo, non molto distante da me, non mi aveva tradito. Era lui, girato di spalle.
Lo chiamai, ma dovetti aspettare una decina di squilli perché rispondesse.
"Hey, è tutto okay?" domandai istintivamente, appena sentii rispondere.
"Ciao, Daniel". Aveva un tono di voce strano.
"È tutto a posto? Dove ti trovi, adesso?" domandai per verificare la credibilità della sua risposta.
Sentii tirare su col naso.
"Sto arrivando, perdonami".
"Va bene, ma...".
"Arrivo" si affrettò a pronunciare ripetitivamente.
"Ciao, a dopo" dissi, frettoloso, avendo capito che non ci fosse molto da dire.
"Ciao".
Attaccò nemmeno un secondo dopo senza anticiparmi perché stesse male.

"Hey, ciao!" pronunciai spavaldo una volta che lo ebbi davanti a me, non molti istanti dopo, toccandogli una spalla. Era girato di schiena rispetto alla mia posizione.
Si voltò. Lo accolsi sorridendogli.
"Ciao, Daniel" pronunciò, con una voce tutt'altro che limpida.
Aveva gli occhi rossi.
"Hey, che ti prende? Perché piangi?" domandai, preoccupato.
"No, non è nulla". Si strofinò il naso, con delicatezza.
"Come, stai piangendo e non è successo nulla?".
"Sì, una cretinata. Sul serio". Abbozzò un timido sorriso in contrasto con lo sguardo, languido e attraversato da un rossore intenso.
"Dai, dimmi. Dimmi cosa succede".
"N-no. Non ce n'è bisogno".
"Fer...".
"Basta, Daniel. Ti dico che non ne ho la necessità".
"D'accordo, ma preferisci che ci vediamo in un altro giorno? Magari vuoi stare da sol...". Venni interrotto.
"No, figurati. Andiamo" pronunciò convinto.
"Sicuro?".
"Sì". Accennò un ulteriore sorriso che stonò con i suoi occhi lucidi e il suo naso, arrossato per lo sfregamento.
Fece percepire ancora di più il suo stato d'animo poco sereno.

Durante il cammino parlammo poco.
Io non sapevo di cosa discutere ed evidentemente Tommaso non aveva voglia di dire niente.
Poi toccai l'argomento amore, in un attimo di calma. Pensai fosse la scelta più appropriata, in quel momento, farlo parlare di qualcosa che lo coinvolgesse.
"Come va con la ragazza che ti piace?" chiesi, sperando di rompere il ghiaccio.
Si voltò di scatto a guardarmi.
"Quale ragazza?" Mi chiese, quasi indispettito.
"Come quale ragazza?" , domandai stupito.
"A me non piace nessuna".
"Ma se l'altra volta...". Mi zittii.
"Lasciamo stare" conclusi.
"Guarda che sei tu che pensi che ogni ragazza con cui esco sia una che mi possa piacere". Lo guardai, senza proferire parola.
Non era mai stato scortese nei miei confronti.
"Infatti non mi piace nessuna, al momento" precisò.
"Okay, scusa" pronunciai, cercando di concludere l'argomento.
"Tanto la prima volta che ne hai l'occasione lo rifarai".
"Ma che dici?".
"Guarda che ho capito come la pensi tu. Non è che solo perché mi frequento con una mia coetanea, allora ogni ragazza con cui mi vedo mi piace ed è cosa certa che io ci debba provare. O magari anche con qualsiasi essere vivente" disse.
"Sennó a questo punto anche tu saresti un candidato".
"E non lo sono. Giusto?" chiesi, un po' per malizia, un po' per scaramanzia.
"Pff. Certo che no. Non mi potrebbe mai piacere una persona come te" disse pungente, incrociando le braccia e riprendendo a camminare.
"Cosa intendi?" non seppi se prenderlo come un insulto o ritenermi fortunato di non interessargli minimamente.
"Non andrei mai dietro a uno che ha la mentalità così chiusa".
"Guarda che non è come pensi" cercai di giustificarmi.
"Sì, invece. Ho capito com'è il tuo modo di pensare, riguardo a certi argomenti, durante questo mese".
"E sei arrivato a quale conclusione?".
"Che sei superficiale". Rimasi indignato dal suo pensiero.
"Scusa?! Osi darmi del superficiale solo per quella stupidaggine, peraltro non vera?".
"Ma quale stupidaggine. È la verità".
"Senti, non mi interessa cosa pensi. Se hai i tuoi problemi risolvili. Salutami Andrea, visto che sei sempre con lui, ultimamente" lo sbeffeggiai.
"Non ero con Andrea, in questi giorni. È mancato mio nonno".
Mi voltai a guardare il mio amico, mani in tasca e occhi spenti. Sentii la gola farsi secca, un brivido di vergogna percorrere la mia colonna vertebrale.
"Scusami".
Tommaso mi guardò per qualche secondo con occhi pieni di disprezzo, incredulo di fronte alle parole a cui avevo scioccamente permesso di uscire dalla bocca. Non seppi cosa dire. Posai lo sguardo a terra e non potei fare nulla per rimediare: a quel punto si voltò e potei soltanto limitarmi ad osservarlo allontanarsi.

La storia prima della storiaWhere stories live. Discover now