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Daniel

Nella notte feci un incubo.
Sognai di essere in un posto affollato, quasi certamente mi trovavo in un aeroporto. Ero al centro di esso, da solo, a guardarmi attorno. Su un tabellone di fronte a me riportavano gli orari dei voli con le rispettive cittá. Erano una ventina. Mi avvicinai ad esso, per curiosare, ma realizzare tutto a un tratto di vedere sfocato. Solo di una cittá riuscivo a vedere la dicitura, la direzione l'orario di partenza. Ma a differenza di tutti gli altri, non c'era l'ora di arrivo.

Non sapevo perché mi trovavo lì, in quel posto. Notai che c'erano solo persone di sesso maschile, attorno a me. Le donne erano molto distanti, e poche. Ero solo, non c'erano nè mia sorella, nè i miei genitori. Cercai di domandare a qualcuno cosa ci facessi, ma nessuno si fermava per darmi una risposta, nè per rivolgere il proprio sguardo sulla mia persona.
Ero solo sotto tutti i punti di vista, perché nonostante ci fosse moltissima gente, nemmeno una persona si era degnata di considerarmi per un secondo.
A un certo punto non vidi più nulla. Cominciai con il vedere sfocato, successivamente distinsi solo il bianco, il grigio e il nero. Infine l'unico colore a me visibile fu quest'ultimo.

Sentii comunque il rumore delle valigie che venivano trascinate a terra, le persone che borbottavano fra loro, l'altoparlante che annunciava qualcosa che peró non riuscii a comprendere. Ormai anche il mio udito mi stava abbandonando. Sentivo, ma non capivo.
Inizialmente tutto mi era parso normale: intendevo ogni parola che veniva pronunciata dalle persone a fianco a me. Poi cominciai a non distinguere piú da dove venissero i suoni. Infine, qualsiasi parola venisse pronunciata, la sentivo praticamente allo stesso modo, quasi come accade con una lingua straniera che non si conosce. Poi, sprofondai nel silenzio più assoluto.

Non vedevo nè sentivo più niente.
All'improvviso, quando pensavo che non sarei più tornato a riconoscere alcun suono udii, forse nella mia mente, una voce femminile che chiamava il mio nome. Vidi, forse sognando nel sogno, una figura celeste, che pareva esser fatta di vapore, con tratti antropomorfi: caapelli mossi, occhi grandi, labbra carnose, due mani con dita affusolate che si protendevano verso la mia persona.
Mi chiamava. Mi diceva di rimanere lì, avevo una missione da compiere. Provai a domandare quale fosse ma scomparve, improvvisamente, lasciandomi da solo nel buio e nel silenzio.

Mi svegliai sudatissimo, senza il lenzuolo a coprirmi, che era di fatti caduto di sotto, sul letto di mia sorella.
Avevo la pelle fredda, ma la fronte bagnatissima e calda. Ansimai.
Voltai la testa lateralmente. Uno spiraglio di luce entrava attraverso le tapparelle della finestra, dovevano essere circa le sette. Mi sporsi per prendere il mio orologio e guardai: le otto meno venti.

Provai a riaddormenarmi, senza risultati, così decisi di alzarmi.
Saltai giù dal letto, mi diressi verso la porta e indossai le pantofole. Uscii da camera mia, richiudendo la porta con delicatezza. Mia sorella stava ancora dormendo.
Mi diressi in cucina per fare colazione. Ero stanco, non avevo dormito bene, quella notte. Avevo avuto difficoltà a prendere sonno, finendo per addormentarmi dopo le due di mattina ed essere svegliato brutalmente da un incubo.
Il risultato fu un continuo sbadigliare e stropicciarsi gli occhi.

Aprii il frigo, presi uno yogurt acquistato il giorno prima. Lo appoggiai sul tavolo, e mi sporsi verso la credenza per prendere un cucchiaio e il telecomando dal cestino delle frutta. Ancora non avevo capito perché i miei genitori lo riponessero lí, assieme anche alla copia delle chiavi di casa. Forse per nasconderlo dai ladri. Effettivamente nessuno sarebbe arrivato a pensare si potessero trovare in quel posto.

Facendo colazione, ma più in generale mangiando, ero solito ascoltare la radio o il telegiornale.
"Giusto per rovinarmi i pasti ascoltando qualche disgrazia" pensavo sempre, ma non modificavo mai questa mia abitudine: ormai era diventata la routine.

Accesi sul quinto canale, togliendo il volume. Per non farmi mancare nulla accesi anche la radio, in cui avevo inserito un CD. Così potevo ascoltare musica e tenermi informato.
I sottotitoli di coda recitavano: "aereo precipitato presso Berlino, settanta passeggeri morti, trenta gravemente feriti".
Le immagini trasmesse erano molto preoccupanti: un aereo distrutto giaceva sopra un estesissimo campo di graminacee. Sopra di esso, una nube di fumo si diffondeva nell'aria per centinaia di metri.
Andando avanti si parló di sport e moda e di altre cose meno interessanti.
Decisi di cambiare canale. A breve, sul sette, avrebbero trasmesso un altro notiziario.

Intanto consumai il mio pasto, alzandomi poi per prendere delle fragole, sperando fossero saporite. Ad aprile solitamente erano acidule. Le lavai, iniziando a tagliarle in quattro con un coltello preso a caso, probabilmente il coltello di solito usato per tagliare per la carne. Nella fretta mi ferii un dito: una goccia di sangue si andó a formare, scura e densa, sulla superficie del mio pollice.
Mi diressi in bagno per medicarmi.
Quella mattina ero stato piuttosto sbadato, avevo anche rischiato di versare dell'acetone che mia madre usava per togliere ogni giorno lo smalto, scambiandolo per acqua ossigenata. Le confezioni, trasparenti con un'etichetta bianca e blu, erano praticamente identiche.
Passai un buon quarto d'ora a disinfettare la ferita e a cercare un cerotto da mettere, finendo poi per applicare un dischetto di cotone attorno al dito e circondandolo di scotch per evitare si potesse togliere.

Mi diressi in cucina, sperando di non causarmi altri danni, come tirarmi un mignolo sotto la porta o cose simili. Mi sedetti al tavolo, continuando ad analizzare il modo in cui mi ero primitivamente medicato. Menonale che non avrei voluto fare l'infermiere. Ma forse, la possibilità di diventare medico ogni tanto mi passava per la mente.
Il CD all'interno della radio trasmetteva una delle mie canzoni preferite, mentre il telegiornale era cominciato: si stava parlando del misterioso aereo precipitato in territorio tedesco.
Il giornalista stava parlando mentre gesticolava, così decisi di mettere il volume per ascoltare cosa stesse dicendo.
"Nuove notizie stanno giungendo in questi momento, presto saremmo in grado di precisare da dove fosse partito e dove fosse diretto" aveva annunciato.
La mia mente elaboró un pensiero negativo che mi tormentó fino a quando non scoprii di aver avuto ragione.

La storia prima della storiaWhere stories live. Discover now