4- La Churchill Accademy (I)

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Non avevo smesso di pensarci neppure per un istante. Avevo sentito quel pensiero aleggiare nella mia mente quando avevo recuperato Alice, quando l'avevo costretta a salire sull'auto e persino quando Caleb mi aveva richiamata e ci aveva raggiunte, per darmi un passaggio e riportarmi a casa. Avevo riflettuto su quell'incontro mentre mi lavavo i denti, mentre mi liberavo della felpa e del maglioncino ormai zuppi e persino quando avevo tentato di prendere sonno, facendo quel giochino di ripetere nella mia testa tutte le capitali che avevo visitato con James per addormentarmi.

Niente. Niente era riuscito a scardinare dal mio cervello quello sguardo secco che mi aveva fatta sentire come se fosse stato in grado di leggermi dentro. Come se riuscisse ad andare oltre a quell'immagine della nuova arrivata, che portavo sempre con me in ogni posto che visitavo. Mi aveva vista sul serio e, a giudicare dalla sua espressione, aveva trovato qualcosa che non gli era piaciuto affatto.

Lasciai andare il medaglione ovale che indossavo, dopo che i miei polpastrelli avevano continuato a rigirarlo, grattando sulla superficie irregolare per tutta la durata del viaggio. L'autobus cittadino impiegava otto minuti per percorrere l'intera Chase Street, la via dove vivevo. Se l'autista era il vecchio Roy poi, poteva impiegarne persino sei, con la sua guida al limite della legalità. Tuttavia quel giorno, il percorso che costeggiava il viale alberato della Churchill Accademy non mi era mai sembrato così lungo. Una manciata di minuti infiniti, nei quali non avevo fatto altro che agitarmi nervosa sul sedile, tentando di ignorare i miei pensieri.

Mi accodai con una goccia di apprensione al flusso di studenti in attesa di lasciare il mezzo. Frequentare quella scuola mi metteva ansia, e sapevo anche che, con le esperienze che avevo fatto in quei diciassette anni, gestire qualche studente un po' troppo espansivo non doveva essere un problema per me. Potevo infatti curare i morsi dei più comuni serpenti, conoscevo qualche parola in swahili, in portoghese e sicuramente qualche espressione in francese, tuttavia nonostante sulla carta potessi risultare la studentessa perfetta, le relazioni umane spesso mi mettevano a disagio.

Razionalmente, sapevo che la ragione fosse solo la scarsa abitudine: ero cresciuta con James e con una mezza dozzina di studiosi invasati di leggende Maya. Non c'era quindi nulla di male ad ammettere il mio nervosismo. Ma nonostante avessi già iniziato a frequentare le lezioni da un paio di settimane, non riuscivo a scardinare del tutto quell'agitazione.

Scesi gli ultimi gradini e sollevai lo sguardo sulla struttura gotica di fronte a me. L'imponenza della Churchill Accademy svettava inequivocabile tra gli altri edifici della zona. Il giardino elegantemente pareggiato e le ampie vetrate incassate in un moderno colonnato in pietra infondevano un'aurea di ricercatezza ed eleganza, che mi intimoriva oltremodo.

Io ero cresciuta a suon di campeggio nel deserto, camminate da sei ore e panini con il formaggio come ricompensa. Calzettoni di spugna e vestiti comodi avevano poi fatto il resto. Non ero proprio adatta a quel genere di posti e forse era per quello che apprezzavo così tanto Alice.

Lei non era una di loro. Una della cerchia degli snob, insomma. Nonostante i vestiti a sbuffo e i capelli sempre perfettamente intrecciati potessero trarre in inganno, Alice non si limitava a una facciata ben costruita. Lo si capiva dal fatto che non riuscisse mai a parlare a un tono di voce contenuto, e che le sue reazioni sarebbero state giudicate troppo spontanee e chiassose, da quell'ambiente raffinato in cui era cresciuta. No, Alice nonostante fosse nata tra ricchezza e privilegi era rimasta troppo concreta per quel mondo patinato. Quello stesso mondo che, invece, veniva abbracciato senza riserve dal resto dei componenti della sua famiglia. Caleb compreso.

«Quanto è stata imbarazzante mia cugina, ieri sera?» mi chiese proprio quest'ultimo, affiancandomi. Portava una felpa dei Falchi assurdamente simile a quella che giaceva nel cesto della mia biancheria sporca, e quel dettaglio mi distrasse per un attimo. Chissà chi si sarebbe svegliato quel giorno senza la sua divisa...

IGNIWhere stories live. Discover now