36 - Rivelazioni (II)

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Avevo incredibilmente caldo.

Un tonfo sordo rimbombò nel silenzio cristallizzato della casa.

Aprii gli occhi di scatto, faticando a riconoscere l'ambiente che mi circondava. Le pupille febbrili che non la smettevano di rimbalzare da una parte all'altra, tentando di mettere a fuoco un elemento familiare.

Ma...la mia camera non aveva le pareti azzurre.

Sbattei piano le palpebre, provando a muovere lentamente i muscoli. Perché mi sentivo così confusa? Registrai distrattamente che mi trovavo in una posizione scomoda, e qualcosa impediva i miei movimenti.

Voltai il capo e le mie iridi lentamente misero a fuoco il profilo di Alex, profondamente addormentato accanto a me. Il suo braccio rilassato bloccava il mio busto, mentre i miei capelli erano sparsi a ventaglio sopra la sua maglietta bianca.

Sbarrai gli occhi. La mia testa vorticava, tentando faticosamente di ordinare i frammenti di immagini della sera precedente.

La partita di football. La festa dai Case. Le ricerche sui medaglioni. Alex che aveva provato a distrarmi quando il panico si era impossessato di me. Erano però solamente lampi indefiniti che si insinuavano nella mia mente, fantasmi di una giornata che nella confusione del momento sembravano solamente un sogno.

Un movimento accanto a me mi fece trattenere il respiro. Alex si agitò come se qualcosa lo tormentasse nel sonno. Vidi i suoi tendini contrarsi per un istante, le dita stringersi attorno a un lembo della mia felpa. Poi, con un sospiro, l'espressione corrucciata lo abbandonò.

Rimasi immobile per qualche secondo, finché non fui certa che si fosse addormentato nuovamente, poi spostai delicatamente il suo braccio e scivolai giù dal letto. Non avevo bevuto la sera precedente, ma mi sentivo in subbuglio, come se ogni parte del mio corpo fosse incastrata in maniera sbagliata. 

Non avevo tempo per pensare però. Sapevo di dover fare solamente una cosa. Dovevo andarmene da lì. 

Posai le mie dita sulla maniglia della porta, dosando delicatamente la pressione per non fare rumore. Un istante dopo ero fuori, e i miei piedi stavano scendendo con ritmo veloce le scale che portavano al pianterreno.

La parte razionale del mio cervello mi diceva di fermarmi un attimo e di prendere fiato, perché neppure io stessa riuscivo a capire perché fossi così agitata. Un'altra vocina invece, mi spingeva continuamente a muovermi, perché ero consapevole che dopo avrei potuto fare tutti i ragionamenti del mondo. Ma a casa mia, nel mio letto, e con la consapevolezza di aver messo una certa distanza da tutto il resto. 

Quando i miei occhi si scontrarono con l'ammasso caotico che componeva il salotto però, fui costretta a bloccarmi.

Tappeti stropicciati, cuscini abbandonati a terra, bicchieri rossi che sembravano essere cresciuti come funghi durante la notte... La villa dei Case era irriconoscibile. Ogni traccia dell'elegante fascino che la caratterizzava era sparito.

«Merda!»

Un'imprecazione preannunciò uno schianto secco. E realizzai che poco prima un suono fastidiosamente simile mi aveva svegliata.

Voltai il capo in direzione della cucina, dove rumori smorzati segnalavano la presenza di qualcuno. Mi morsi il labbro inferiore. Scappare a casa, o andare a controllare?

La curiosità ebbe la meglio. Con passo esitante raggiunsi il moderno open space che componeva la cucina dei Case.

Una bellissima ragazza mora con indosso solamente una t-shirt era accucciata di fronte al frigorifero, mentre con una mano si reggeva a uno dei fusti di birra che dovevano essere stati lasciati dagli amici di Christian.

IGNIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora