43 - Fratellanza (I)

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Affondai il cucchiaio nel gelato al pistacchio.

Era la seconda notte consecutiva che mi svegliavo a causa degli incubi. L'effrazione ai danni dell'ufficio del preside sembrava aver risvegliato i sogni che facevo all'inizio del mio trasferimento a Danvers. La scena era sempre la stessa: mi perdevo nei meandri di un bosco, senza riuscire mai a trovare la fine. Più correvo e prima ritornavo all'inizio.

Fortunatamente però, avrei potuto dormire per l'intera giornata, perché era anche il secondo giorno che non potevamo recarci alla Churchill Accademy a causa degli scherzi della squadra di football.

A quanto pare, il preside Evans teneva particolarmente alla sicurezza dei suoi studenti perché dopo i vari incidenti con le fialette nel laboratorio di chimica, una ditta specializzata stava effettuando una serie di verifiche sulla salubrità dell'ambiente interno, aumentando i nostri giorni di vacanza.

Iniziavo a sentirmi vagamente in colpa, per essere stata una delle cause di quella situazione, anche se Alex mi aveva rassicurata più volte che gli altri senior avevano in programma di fare ben peggio di un paio di scherzi innocenti.

Già, Alex.

Stranamente, non era sparito come suo solito e mi aveva persino scritto un messaggio per sapere se fosse tutto okay. Avevo dovuto rileggere il testo per ben tre volte, per essere sicura che non fosse un'allucinazione dovuta a un calo glicemico.

Non ero abituata che qualcuno si preoccupasse per me. James stesso era un fervente sostenitore dell'autodeterminazione infantile, o comunque si chiamasse la convinzione per la quale, dall'età di dieci anni in poi, non hai più bisogno dell'assillo dei genitori.

Raschiai i lati del contenitore con cura.

Sia James che Jenna però, in quei giorni, erano stati particolarmente pressanti e non mi avevano mai lasciata un attimo da sola. Non riuscivo a capire il loro comportamento, ma era come se si fossero resi conto improvvisamente che una diciassettenne viveva sotto il loro stesso tetto.

Non era quella però, la ragione per la quale non avevo ancora avuto il coraggio di iniziare a leggere i taccuini rubati. Non li avevo neanche estratti dallo zaino, perché in fondo sapevo che, se neppure loro fossero riusciti a darci le risposte che stavamo cercando, saremmo stati ad un punto morto.

Per di più, dovevo ancora parlare ad Alex del fatto che Cassiopea fosse diventato l'indizio principale dei medaglioni, dopo aver associato la frase di Virgilio alle stelle, ma avrei dovuto anche spiegargli che Matt mi aveva beccata a fare ricerche sulle costellazioni, e non ero certa della sua reazione. Certo, avevamo superato la fase delle sparizioni misteriose e degli scatti d'ira improvvisi, come quando mi aveva cacciata dallo spogliatoio, ma ancora non ero ancora in grado di decifrare completamente il suo comportamento, e mi piaceva questo equilibrio che avevamo trovato.

In ogni caso, anche la costellazione continuava a sembrarmi solamente un grande buco nell'acqua e, l'unica cosa che mi aveva lasciato, era la mera sensazione di inquietudine per la somiglianza con il mio nome. Possibile che mia madre non lo avesse scelto solamente in onore della mia bisnonna?

Rigirai tra le dita il medaglione.

A qualsiasi cosa ci avesse portato questa ricerca, non riuscivo però a comprendere che valore avrebbe potuto avere per noi. La mia famiglia e quella di Alex avevano origini importanti? Entrambi eravamo legati a Danvers anche se non ero nata qui?

Potevo accettarlo ma, onestamente, cosa importava? Che senso aveva per Elizabeth ricomparire in maniera così assurda nella mia vita, portando tutti questi dubbi? Doveva esserci altro. Sentivo che c'era di più.

IGNIWhere stories live. Discover now