18 - Il Sole

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Regola n. 5 del V.I.
Si mangia hamburger almeno una volta a settimana
(Dodici anni, Seattle)

Alex spense il motore nello spiazzo desolato dell'unica caffetteria aperta 24 ore su 24 a Danvers.

Ormai doveva essere almeno mezzanotte e il buio aveva avvolto la città come una spessa coperta invernale nella quale piccoli puntini luminosi erano appena percepibili a causa dei riflettori puntati su quella striscia di parcheggi.

Ignorai l'aspetto degradato di quella zona della città e il fatto che stessi andando a bere un caffè in abito da sera e tacchi alti. Se fossimo stati ancora a Los Angeles, una delle ultime mete mie e di James, credo che nessuno avrebbe fatto caso a noi, ma in quel momento ci trovavamo nel moderato Massachusetts e raramente saremmo passati inosservati.

Bruciai velocemente i metri che separavano l'abitacolo caldo della macchina dalla porta del locale. Gli spifferi gelidi della notte s'insinuavano con troppa facilità nella trama di pizzo del mio vestito, ma non avevo alcuna intenzione di lamentarmi. Avevo bisogno di scoprire cosa diamine fosse successo con Justin.

Lo scampanellio della porta preannunciò il nostro ingresso, quando Alex fece leva sulla maniglia e mi fece segno di precederlo. Credo che in ogni caso la cameriera si sarebbe resa conto del nostro arrivo, perché in tutto il locale un solo tavolino era occupato in quel momento, ma la cosa non mi sorprendeva: non doveva esserci un grande movimento a quell'ora, soprattutto in un giorno infrasettimanale.

«Meglio così» commentò Alex, intuendo ciò a cui stavo pensando.

Indicò comunque un tavolino un po' appartato sul fondo del locale, e decisi di assecondare il suo invito. Ero consapevole che più fossi stata collaborativa, prima mi avrebbe rivelato quanto avesse scoperto.

Scivolai lungo il divanetto in pelle, mentre Alex prendeva posto di fronte a me, giusto in tempo per vedere due cartellette in pelle rovinata atterrare di fronte a noi. Le guardai perplessa, sembravano reduci dalla guerra in Vietnam.

«Volete ordinare, oppure vi lascio qualche minuto?».

Una ragazza dall'aria seccata era impalata alla fine del nostro tavolo. Stava masticando rumorosamente un chewing gum, mentre con la mano destra continuava a tamburellare la penna sul block notes.

Alex mi guardò velocemente in cerca di conferma. «Due caffè andranno bene» rispose attendendo un mio cenno.

Annuii, per nulla interessata a questioni banali come il cibo o le formalità sociali. L'adrenalina stava iniziando a scemare, rimpiazzata da una stanchezza che aveva iniziato ad aggredire le mie palpebre. Era il residuo di tutta l'ansia che il mio corpo aveva dovuto gestire quella sera, sommato al fatto che da quando vivevo a casa Parker mi era praticamente impossibile dormire un'intera notte senza svegliarmi ripetutamente.

«Allora» mi costrinsi a mormorare, mentre la ragazza finiva di segnare l'ordine. Aspettai, però, che fosse tornata dietro al bancone per proseguire e tornai a osservare Alex con una punta d'agitazione. «Cosa ti ha detto Justin?» domandai.

Ero sicura che Alex fosse impaziente quanto me di analizzare la serata, ma sorprendentemente lo vidi rilassare la schiena contro il divanetto, mentre un'espressione di sfida incorniciava il sempre presente sorrisino ironico.

«Oh no, prima tu, Reed» mi redarguì, scuotendo la testa. «Voglio proprio vedere quanto hai già sentito».

Alzai le sopracciglia. «Fai sul serio?».

Mi sentivo... delusa. Credevo che avessimo superato quella fase: quella in cui entrambi non facevamo altro che metterci alla prova, probabilmente per non scoprire troppo le rispettive intenzioni. Eppure, ogni volta che mi concedevo di lasciarmi andare, lui ristabiliva subito le distanze con qualche comportamento irritante. Il che non era neppure un problema, ma quella sera non eravamo uno contro l'altro.

IGNIWhere stories live. Discover now