30 - I mille volti

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«Dai, Cassie, facciamo solo un tentativo. Prova a fare un salto all'indietro.»

Alice era di fronte a me con le mani unite e gli occhi supplicanti.

Le cheerleader avevano intensificato gli allenamenti in vista dell'imminente partita contro i Lupi di Beverly e, per me, ciò significava una considerevole riduzione delle ore di matematica, e un incessante aumento dei lividi sulle mie gambe.

Sì, perché Alice, mi aveva scambiata per una sottospecie di Barbie ginnasta e cercava in tutti i modi di insegnarmi le coreografie più complesse, per mettermi alla pari con il resto del gruppo.

«Sai già che finirò per terra» mi lagnai a denti stretti, posizionandomi mio malgrado sul tappetino elastico.

Lei batté le mani entusiasta, saltellando nel suo completino blu e argento. «Ti tengo io, promesso.»

Ah beh, sono apposto allora.

Feci pressione sulle punte dei piedi, cercando di darmi lo slancio necessario per fare un'intera giravolta. Le braccia di Alice posizionate sotto la mia schiena però non bastarono a evitare i numerosi incontri che le mie ginocchia fecero con il pavimento.

«Ko tecnico» dichiarai dopo l'ennesimo volo contro la plastica morbida.

Rimasi sdraiata a occhi chiusi, inspirando lentamente per regolarizzare il mio battito e massaggiandomi le spalle tese. Iniziavo a rimpiangere le care e vecchie scuole pubbliche, dove il massimo sforzo richiesto era partecipare all'annuale corsa campestre.

Sentii il soffice materassino piegarsi sotto di me, segno che anche Alice aveva ormai desistito.

«Così, si sta decisamente meglio» assentì, sdraiandosi a stella.

Ridacchiai, tornando a chiudere gli occhi. «Passa al lato oscuro. Il divano batte lo sport.»

Lei si unì alla risata, ma c'era qualcosa di strano nei suoi modi. Sembrava ingessata, la sua risata forzata, quasi come se quelle azioni schermassero i suoi veri pensieri.

«Posso farti una domanda?» chiese dopo qualche istante di silenzio.

Io mi voltai sul fianco, a dimostrazione che la stavo a sentire. Aveva l'aria combattuta, come se si sentisse a disagio per qualcosa, e continuava a far scorrere ritmicamente l'anellino che portava sulla mano sinistra. 

«Certo» la invitai a continuare.

«Credo di aver bisogno di un consiglio» dichiarò con poca convinzione.

Sotto un certo punto di vista, sembrava già pentita ancora prima di aver parlato, perché continuava a sistemarsi nervosamente i capelli, senza guardarmi.

Alzai un sopracciglio. Ero disastrosa nel dare consigli. Faceva tutto parte del pacchetto "ho forti carenze relazionali, grazie allo stile di vita di James" ovviamente. Eppure, le feci un sorriso incoraggiante. «Spara.»

Lei si mise a gambe incrociate, raddrizzando la schiena e assumendo un cipiglio professionale. «Mettiamo, per ipotesi, che tra due amici sia successo qualcosa, un po' di tempo fa, ma solo perché erano entrambi molto, molto, ubriachi e poi non ne abbiano più parlato. Tu cosa faresti? Continueresti a fare finta di nulla?»

Io spalancai la bocca, fissandola incredula. Mi servì qualche istante per capire che Alice probabilmente stava parlando di Dean, e non si stava riferendo a ciò che era successo tra me e Alex.

«Credo... credo che dipenda dalla situazione» balbettai incerta.

Lei sollevò un sopracciglio, evidentemente insoddisfatta della mia spiegazione.

IGNIWhere stories live. Discover now