35 - Rivelazioni (I)

7.7K 481 1K
                                    

Varcai l'ingresso della villa dei Case con la stessa sicurezza che provavo quando la Cooper mi chiedeva di risolvere una disequazione di secondo grado.

La musica ronzava così prepotentemente da sentirla pulsare fin sotto la mia pelle. Un cumulo di ragazzi era liquefatto sugli eleganti divani beige del salotto, incastrati tra di loro come un puzzle complesso, mentre un altro gruppetto era infervorato a gareggiare con un qualche gioco della playstation.

Mi infilai tra i corpi sudaticci di due ragazzi evidentemente ubriachi che non la smettevano di far schiantare tra di loro due bottiglie di birra. Sembravano incredibilmente interessati al rumore delle due lastre di vetro che cozzavano tra loro, perché continuavano a ripetere numerosi brindisi, schizzando schiuma spumosa ovunque e sbarrando l'accesso al corridoio.

Sfruttai un istante di confusione generale, derivante dalla proposta di giocare a guitar hero per infilarmi nella moderna cucina dei Case.

Fusti di birra ricoprivano il pavimento, e mi resi conto solamente in quel momento che non conoscevo la maggior parte delle persone presenti nella stanza. Un paio di ragazzi stavano lanciando degli spaghetti contro il muro per verificare, a detta loro, che fossero cotti, mentre altri stavano addobbando i cactus sul davanzale della finestra con deliziose tazzine di caffè a mo' di cappello.

Indossavano tutti felpe e magliette con il logo dell'università di Boston, segno che probabilmente erano i compagni di corso di Christian.

In mezzo a tutti quei volti sconosciuti però, un viso calcato da un'espressione arrabbiata catturò la mia attenzione.

Dean era seduto a terra, la schiena abbandonata contro il frigorifero e la mano premuta contro un sacchetto di ghiaccio istantaneo che sorreggeva la sua testa. La mascella si stringeva in oscillazioni ritmiche, portatrici di un nervosismo che la partita era solamente riuscita ad alimentare.

Non ero sicura che volesse compagnia, ma d'altronde non ero neppure sicura che fosse una buona idea lasciarlo da solo, così decisi di fare ciò che facevo sempre quando mi sentivo a disagio. Semplicemente mi sedetti accanto a lui, senza dire una parola. Il pavimento si scontrò con le mie cosce nude, ma ignorai la sensazione di freddo che mi pervase e mi concentrai sui suoi tagli.

Graffi irregolari contornavano il suo viso, anche là, dove il casco protettivo avrebbe dovuto coprirlo. Dean non sembrava troppo infastidito nel notare il mio interesse, tanto che scostò la sacca con il ghiaccio, evidenziando un gonfiore rialzato al di sotto del sopracciglio, proprio dove il sangue aveva iniziato a rapprendersi.

«Mi dispiace» sussurrai, stringendo un po' gli occhi alla vista di quell'ematoma.

Avevo curato qualsiasi tipologia di ferita a James. Dai graffi, ai morsi di animali non meglio identificati, ma la vista del sangue era qualcosa che riusciva sempre a torcere il mio stomaco. 

A quelle parole, le sue guance si tinsero di rosso. «Non mi interessa di questi» disse indicando i tagli in malo modo, «sono incazzato per la partita e basta» sbottò.

Perché non ne ero sorpresa? Sembrava che il nervosismo che aveva dimostrato in campo non fosse minimamente diminuito con il passare delle ore. 

Strinsi le spalle. «Ormai è andata così.» I Lupi avevano vinto è vero, ma di fatto il campionato era appena iniziato e avrebbero avuto ancora diverse occasioni per incontrarli.

«Vincono perché giocano sporco tutti gli anni. Si sarebbero meritati una lezione» continuò ostinato.

Non risposi, consapevole che qualsiasi cosa avessi detto, non sarebbe stata quella giusta. Dean doveva semplicemente scaricare la tensione e io ero diventata un ignaro parafulmine nel momento stesso in cui avevo deciso di accomodarmi accanto a lui.

IGNIWhere stories live. Discover now