7 - Incontri (II)

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Eravamo sempre stati papà ed io.

Solamente io e James, percorrendo la rotta di cinquantatré Paesi diversi. Sempre noi due, alle prese con una moltitudine di lingue incomprensibili, a montare tende nel deserto, inseguiti da una coppia di cigni inferociti nelle Alpi europee, e persino a condividere una brandina per cinque giorni interi, mentre affrontavamo la transiberiana per arrivare in Mongolia.

Solo noi due, a volare da uno scavo archeologico all'altro, con le mani ancora incrostate di terra, le ciglia appesantite dalla polvere e dal sudore, mentre il sole si divertiva a tatuare le nostre spalle e a bruciacchiare le nostre guance.

Lui ed io, sempre insieme.

Tuttavia, quando rientrai a casa Parker quel pomeriggio, fu solo il silenzio immobile della casa ad accogliermi. Distratta, appoggiai lo zaino sul divano, mentre i miei occhi perlustravano l'ampia zona giorno che conduceva al tavolo della cucina.

Ormai ero abituata a stare da sola, soprattutto nei primi periodi in cui mio padre iniziava a lavorare a un nuovo progetto. Non era mai stato un problema per me: amavo il silenzio, la tranquillità, il fatto che potessi decidere da sola a che ora cenare, quando fare i compiti e se guardare l'ennesimo episodio di Lucifer o sprofondare in qualche lettura, avvolta in un plaid colorato.

Eppure... Eppure, a volte, tutta quell'autonomia, tutto quel tempo che aspettava solo che lo riempissi, lo sentivo pesare sulle mie spalle, mentre mi chiedevo cosa diavolo stessi facendo con la mia vita. Perché mi limitassi sempre a seguire questo flusso, nel quale non facevo altro che galleggiare. Perché mi ritrovassi sempre da sola, ogni volta che dovevo prendere una decisone, ogni volta che affrontavo qualcosa di nuovo...

Presi un bicchiere dalla credenza, avvicinandolo al rubinetto per riempirlo fino all'orlo. Osservai l'acqua che scorreva torrenziale, tuffandosi nel contenitore trasparente e generando una miriade di piccole bolle effervescenti. Forse quel giorno la solitudine era esattamente ciò di cui avevo bisogno, dopo il blackout che avevo avuto a causa del ricordo di mia madre. Forse era meglio così, per non contagiare James con la mia malinconia.

Detestavo che ogni parvenza di autocontrollo bruciasse, quando qualcuno la nominava senza che io prima mi fossi preparata psicologicamente a dover affrontare il suo ricordo. Odiavo il modo in cui ero scappata da scuola una volta ancora, solo a causa di una stupida coincidenza.

Presi tra le dita il medaglione e lo scrutai attentamente. Lo osservai come se stessi cercando di incastrare l'ultimo pezzo di un puzzle complesso, perché niente in ciò che vedevo riusciva a spiegarmi la reazione che avevo avuto. Come poteva un oggetto così piccolo, avere un influsso così grande su di me?

Un'ondata di acqua gelida mi sommerse la mano sinistra, bagnandomi fino al polso. Mi ero completamente dimenticata di ciò che stavo facendo e l'acqua era traboccata ben oltre la linea del bicchiere, inondando la mia mano.

Scattai all'indietro, lasciando la collana e affrettandomi a spingere la leva del rubinetto. Ero talmente intontita che avrei alzato gli occhi al cielo per la mia stessa goffaggine. Però sentivo la testa pesante e brividi veloci che si rincorrevano sulla mia pelle, risalendo per la colonna vertebrale. Sospettavo di non essere in quelle condizioni solo a causa della chiacchierata con Alex. Probabilmente, il tuffo nella piscina dei Case mi aveva fatto beccare quantomeno un raffreddore. In ogni caso, indipendentemente dalla causa, non avevo smesso un secondo di tremare da quando avevo lasciato la mensa.

Deglutii un generoso sorso d'acqua, prima di lasciare il bicchiere nel lavello e tornare in salotto. Il computer portatile di mio padre era appoggiato sul tavolino in ardesia nera da almeno due giorni, e quel dettaglio mi portò a chiedermi da quanto non tornasse a casa. Non che fossi troppo preoccupata: se poteva sopravvivere a una spedizione sull'isola di Pasqua, poteva sopravvivere anche al traffico di Boston. Tuttavia, mio padre mi sembrava ancora più distratto da quando ci eravamo trasferiti lì.

IGNIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora