10 - Sette shots in paradiso (I)

12.8K 647 332
                                    

«Toga, toga, toga!». 

Sentimmo l'ululato di Dean alle nostre spalle, ancor prima di percepirne il corpo schiantarsi sulla nostra schiena.

Impattò con poca grazia su di noi, avvolgendo le nostre spalle e rischiando di farci cadere, o peggio, di strappare quella sorta di lenzuoli che erano avvolti attorno ai nostri corpi.

«Ti sembra il caso?» urlò Alice, cercando di scrollarselo di dosso con un passo rapido e totalmente inutile.

Dean rise sguaiatamente, riacciuffandola con una mano e stringendoci di più al suo petto per proteggerci dal vento che ci tirava i capelli e graffiava i nostri volti.

Rabbrividii sotto al clima umido e piovoso che aveva avvolto Danvers negli ultimi giorni, portando nell'aria quell'odore di terra e di erba bagnata, che aleggiava in tutta la scuola a causa dei campi che circondavano la città.

Stavamo percorrendo il sentiero che portava a quella costruzione in vetro della Churchill Accademy, che non sapevo bene cosa fosse. La chiamavano "la serra", e ciò era bastato a far crollare qualsiasi attrattiva potesse esercitare su di me. Dall'esterno sembrava un laboratorio ultramoderno, ma non avevo mai avuto occasione di avventurarmi in quell'ala della proprietà e verificare la mia teoria.

Mi guardai attorno, osservando i pochi studenti che come noi erano schifosamente in ritardo per l'evento della serata: la festa d'inaugurazione dell'anno accademico. Il comitato studentesco aveva deciso che quest'anno avremmo celebrato uno dei migliori film degli anni settanta, obbligandoci a vestirci con una toga romana come in Animal House. Probabilmente, se avessi saputo prima di questo dettaglio, non avrei lasciato che Caleb mi convincesse a partecipare, ma adesso mi trovavo lì, a tremare sotto a quelle nuvole scure che minacciavano un temporale imminente, trascinata dall'entusiasmo dei miei amici.

«Muovetevi, che siamo sempre gli ultimi» ci intimò Dean, utilizzando le sue gambe lunghe per trascinarci lungo il ciottolato bianco, che riluceva sotto ai neon dei lampioni collocati fino alla sommità della collinetta.

Fui grata in quel momento, di indossare un paio di scarpe basse e un semplice vestitino bianco, che mi lasciava ampio spazio di manovra. Alice al contrario sembrava una dea nel suo lungo abito intrecciato, accompagnato da tacchi talmente vertiginosi da far sì che il suo viso riuscisse finalmente a sfiorare la spalla di Dean. E proprio per quel dettaglio, non faceva altro che arrancare accanto a noi.

«Un'ora» ci ammonì sollevando l'indice destro, mentre l'altra mano si affannava per sostenere l'ingombrante strascico. «Vi do un'ora e poi io me ne vado al Wenham Lake a guardare Notthing Hill nella vasca idromassaggio.»

Sapevo che quella minaccia non fosse rivolta a me, ma lo sguardo furbo di Dean non sembrava presagire nulla di buono.

«E io ti do mezz'ora, invece, e poi vengo a rapirti» ribatté il ragazzo.

Alice lo guardò con aria confusa, ma sotto sotto c'era uno scintillio nei suoi occhi che mi faceva capire che qualsiasi cosa Dean avesse proposto, lei lo avrebbe seguito senza remore.

«Vedrai» disse lui, staccandosi da noi e facendole l'occhiolino.

Dubitavo che uno dei due facesse caso alla mia presenza, così semplicemente scivolai tra alcuni nostri compagni di classe, mentre loro erano ancora impegnati a osservarsi come se fossero le uniche due persone presenti in quel prato. Una parte di me li invidiava: mi sembravano quelle classiche coppie che tutti immaginavano a settant'anni con quattro figli e una mezza dozzina di nipoti. Solo che loro erano ancora troppo immaturi per rendersene conto.

Tornai a guardare di fronte a me. Ogni volta che la porta della serra veniva aperta, un rumore ritmato ma tutto sommato contenuto rimbalzava fino a noi, e istintivamente finii per accordarmi ad altre persone, ad altri lenzuoli e ad altre coroncine oro, seguendo quel tunnel di aria calda che accarezzava delicatamente la mia pelle, fino a quando mi avvolse come una rassicurante coperta.

IGNIWhere stories live. Discover now