Capitolo 31.1

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Gibbosa crescente

Erompe il secondo quarto di luna, sbianca metà del tuo viso, scaccia le ombre in cui ti ho conosciuto, facendole ritirare dietro una verità che illumina. Sgretoli.

Ero diventata di pietra, mentre sentivo la sua, esplosa unicamente per aiutarmi, rotolare nel mio cuore in duri e veloci massi senza alcuna protezione ad attutirne il crollo.

Era come se la superficie di lui che avevo tanto voluto venare, fosse saltata a causa di un ordigno nascosto, piazzato nel buio del suo mondo interiore.

Non sapevo più chi avevo di fronte, a chi avevo chiesto di restare in contatto, come facesse il suo tocco a essere così sensorialmente provocatorio da generare eradicanti tifoni in tutto il mio corpo, pur essendo composto di... niente?

Elias si lasciò guardare sulla scala, istanti di fervente indecisione, a spegnere l'accaduto nelle sue iridi di un nero smagnetizzato, a contrastare la vulnerabilità di quella nuova scoperta, restando passivamente lontano.

Cadono le maschere buie che indossi, spezzate a metà, si frantumano ai nostri piedi, lasciando schegge di bugie rotte stridere contro un illuminato silenzio.

La sua espressione segregò frasi, accavallate in un incomprensibile ordine, i suoi occhi di nerofumo patirono l'affaticamento di un conflitto irrisolto.

Le sue mezze dita di aria serpeggiarono, come se il soffio del suo animo stesse cercando di riprendersele, di richiuderle laddove nessuno potesse arrivare a rivederle.

Costrinse la mano a pugno, inespressa esasperazione di voler colpire la situazione, e una pelle chiara le ripercorse velocemente, come un roseto cresciuto su uno steccato ai comandi di una arcana luna.

Riscese i gradini, uno dopo l'altro fino a toccare terra, nello sguardo un trattenuto malessere, ogni finzione futile, solo sciabole affondate e dissanguamento nero.

Non proferiva parola, assediato prepotentemente nella sua costruzione rocciosa, pareva estraneo, sconosciuto, e con quel fiore dell'arrivederci sul petto snaturato dai nostri corpi, così sofferente.

Mi ghermì da vicino con un'occhiata scura di ferente desiderio e di apprensione, portando i miei battiti a un nuovo doloroso limite in cui tutto era confondibile, precario, sgretolabile.

«Finora... io...» Era come se la impedente cecità con cui il ragazzo mi aveva abituata a sopravvivere nelle sue vicinanze fosse stata miracolata e io faticassi a riusare i sensi. «Tu... non sei...»

Ero sbendata, di fronte a quella montagna che erano le sue spalle, una gabbia di sotterfugi a distanziare i suoi occhi, mentre aggrottava le sopracciglia, studiandomi senza fare nulla di preciso.

Chi... vedevo io? Chi vedevano tutti? Lui non era mai stato quell'Elias, neanche una volta, lui non era la pietra con cui si era presentato quella mattina di neve. Era altro.

Altro.

«Già», replicò, respirando il mio stupore, la mia inamovibile sospensione di fiato alla sua vicinanza ancora ridotta, così ridotta da poter cedere a quel qualcosa di dubbio e fosco che ispirava con un sol passo. «Non avrei dovuto seguirti poco fa.»

Non capivo come potessero le sue labbra essere tanto seducenti, mentre ammetteva di aver fatto male a offrirsi di aiutarmi, mentre rinnegava i momenti di maggior attrito di quella Veronica tra di noi.

Era insensato, come era insensato il modo intenso in cui mi guardava confondermi sempre di più per lui e allo stesso tempo, dolente nello sguardo, arretrava.

E montava la follia di fermarlo e toccarlo, di rendermi conto che esisteva veramente, che non era sfumabile in contorni nebbiosi come il dipinto di un mare nell'inverno.

Montava violenta, rossa prima di eruttare da un vulcano in cui lui l'idea di lui era caduta, capitombolata all'improvviso, per ciò che Elias era stato dal momento in cui ci eravamo conosciuti fino a quello.

Sentivo credenze e speranze che neanche sapevo di avere strutte e distrutte al ricordo del cielo indaco sotto cui lo avevo salutato a Monte Isola, del modo in cui lo avevo perso di vista, di quelle spirali di fumo che avevano ricamato l'aria dove prima avevo trovato le sue nere ciglia.

Tu non puoi essere umano.

«Non sei come me», mi ripetei, una presa di coscienza che si cementificava ogni secondo di più, che separava l'Elias illusorio da quello vero, un taglio netto provocato dalle cesoie da giardinaggio riverse ai suoi piedi.

Sei come un Leucanthemum, quel fiore senza petali di cui ti sei preso cura in solitaria, quando ognuno di noialtri alla Bottega ha scelto di curare uno che li avesse.

«Sono ciò che sono», ribatté, brusco, girando il viso di lato, lo zigomo quasi latteo per la luce nello sgabuzzino, le labbra serrate in una chiusura di ferro che avrei voluto rompere, in qualsiasi modo possibile.

E così bruciai i pochi istanti di pausa e di silenzio che mi stava imponendo, arrivando in alto con le dita, a raggiungere il suo petto, e rubargli il viola prima che potesse capire che cosa stavo facendo, sottraendogli quello che ancora restava della Filiformis.

«Lo prendo io, questo», dichiarai ai suoi occhi ora spalancati come Cuori di Mare, come conchiglie Cardiidae su una spiaggia, togliendo il fiore maltrattato dal suo taschino, a ripensare, ad accettare. La mia menzogna, la sua verità, la nostra conoscenza. «Ho bisogno di credere a ciò che sto vedendo, Elias.»

Non protestò, con shock e fastidio guardò la Veronica nel mio palmo, simbolo di una separazione che mi aveva fatta avvicinare a lui in un modo talmente squarciante da far sanguinare quel suo segreto.

«Ester? Elias...» La voce di Emma, legata a doppio nodo alla preoccupazione e alla curiosità, arrivò fino a noi, ancora così vicini e isolati, rinchiusi insieme in un forziere inapribile dall'esterno. «Ho sentito un gran rumore prima.»

Prima, dopo. Non si era attutito, dentro di me ancora lo sentivo, e forse lo avrei sentito per sempre, quel suono di attrezzi da giardinaggio che rovinavano a terra.

La mia amica notò i petali consumati che mi ero tenuta, e l'annaffiatoio che continuavo a stringere per non perdere l'orientamento nel banco di nuvole scure che si addensavano nelle pupille del ragazzo.

«Era inevitabile», commentò lui, sfregiando con lo sguardo le cesoie sul pavimento come loro avevano fatto alla sua identità, e il confine tra ciò che stava dicendo e ciò che stava invece intendendo per sé divenne labile.

Corpo fumoso sotto maniche e colletto.

Labbra espiranti proibizioni.

Inevitabile, sì. Il passaggio crescente della luna.

Buonasera! Di che cosa parliamo oggi? Ma di fantasy, naturalmente *__* Stiamo culminando nella fase di maggior luce di questa storia, e al momento ci stiamo entrando proprio con Elias

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Buonasera! Di che cosa parliamo oggi? Ma di fantasy, naturalmente *__* Stiamo culminando nella fase di maggior luce di questa storia, e al momento ci stiamo entrando proprio con Elias. Uno dei miei obiettivi è potervi far venire voglia di rileggere la storia con un occhio di riguardo diverso per questo personaggio, ma anche per gli altri. Ester è molto scioccata, dovevo stare su questo, nell'intento di confermarvi che è tutto vero. E ora? Che cosa ne pensate? Spero che questa parte vi sia piaciuta, fatevi sentire nei commenti e/o con i voti. A presto!

Saiph - La mia stellaWhere stories live. Discover now