Capitolo 35.1

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                                                      Ramingo


In esilio, mi guardi e non dici niente. Hai incerato le parole, merlandole di caldo bianco contro la tua fiamma, eppure mi basterebbe vederne colare una. Una soltanto, che sciolga quella tua verità, che non mi vorresti dire.

Una striscia di rosso. Era una imperfezione sul tappeto dove erano ordinate le ciabatte di mia nonna, cercavo di metterla a fuoco, ma i miei occhi erano ancora troppo assonnati.

Mi doleva la parte bassa della schiena, per la posizione scomposta in cui avevo dormito finora; Iside, invece, appariva a suo agio, aggrovigliata alle sue lenzuola, russava accanto a me, gutturali che mi strapparono un sorriso.

Era un petalo arricciato e gonfio, o almeno quanto rimaneva di quello, non avrei saputo dire a quale fiore appartenesse, sapevo che una nuova infermiera negli ultimi tempi si premurava di cambiare gli steli secchi nel vaso vicino alla testiera del letto, ma nessuno aveva ora quella sua stessa sanguigna colorazione.

Diedi una carezza al suo polso, dopodiché mi rialzai dalla sedia, muovendomi con lentezza per non disturbarla, e prendendo un ritaglio di carta dalla borsa, scrissi: "Il mio desiderio per oggi è sentirti ridere, una risata che arrivi a me anche se sono a lavoro. La tua piccola Ester."

Ero consapevole che fosse complicato esaudirlo, ma non avrei smesso di sperare, non avrei mai desistito dal riportarla ai nostri ricordi della Terrazza, a tenerla lì con me il più a lungo possibile.

Lasciai la stanza, tenendo il biglietto con cui la volevo salutare tra le dita, in seguito cercai qualcuno della struttura a cui poterlo affidare, con l'istruzione di farglielo leggere appena Iside si fosse svegliata.

Vidi due infermiere vociferare tra loro, sorridendo, una poteva avere la mia età, l'altra sembrava più grande di qualche anno, erano accanto alla reception, e continuavano a indicare una porta.

«Una condotta sconsiderata qui, la proprietaria della casa ha ragione, ma è stato il colpo più vibrante di energia a cui abbia mai assistito.»

«So che vuoi dire più sexy.»

«Scema», la ammonì l'altra, mordicchiandosi però un labbro, abbassando lo sguardo per un istante. «Lo si è udito fin nei corridoi, ci prenderemo tutte una lavata di capo finché la persona che lo ha fatto entrare non dice la verità.»

Notarono che mi ero fermata accanto a loro e che le stavo fissando, perplessa.

«Posso lasciarvi questo?», chiesi, porgendo il foglio su cui avevo lasciato il messaggio beneaugurante per mia nonna. «Vorrei che venisse letto a Iside appena si sveglia.»

Lo prese una delle due, e annuì, con fermezza, dopo averne scoperto mentalmente il contenuto.

«Certo, glielo leggerò io.»

«Lei non si è svegliata per quel colpo, meno male», commentò la sua collega, incrociando le braccia al petto, conoscendo forse la storia di mia nonna. «Abbiamo avuto ben quattro anziani che si sono agitati nelle loro stanze nello stesso momento, un delirio.»

«A dir la verità, io non ho notato nulla», commentai, stranita, pensando che il mio sonno doveva essere piuttosto profondo, una volta che riuscivo ad arrivare su Saiph.

«Un ragazzo ci è passato davanti, sembrava assorto nei suoi pensieri, diretto all'uscita, a un certo punto si è fermato, voltandosi un istante indietro, e all'improvviso ha dato una manata a questa porta chiusa.»

«Una bella manata», precisò l'altra ragazza, mimando il gesto che aveva visto, senza però sfiorare niente se non l'aria con il suo movimento.

«Ci ha spaventate, così dal nulla, e non ti dico gli anziani. Io gli ho subito gridato un: ehi, a che cosa stai pensando, sei impazzito per caso?» aggiunse l'infermiera più giovane.

«Speravi ti rispondesse seriamente», la punzecchiò la sua vicina, con un tono più insinuante.

«Dai, ma quello era fuori.»

«Vi ha risposto, quindi?» domandai, più per gentilezza che altro, non avendo udito alcun rumore, né visto qualcuno colpire altre porte, nel frattempo.

«Sto pensando alla Psychotria Elata», riportò, facendo ridere la sua collega per la pronuncia buffa di quello che per lei doveva essere uno scioglilingua.

A che cosa stai pensando?

Sto pensando alla Psychotria Elata.

Mi irrigidii sul posto, la giacca che tenevo sottobraccio mi scivolò a terra, il cuore cominciò a buttare benzina sui miei pensieri, riscaldandomi fino ad aizzare un inevitabile incendio, mentre guardavo le due infermiere osservare il mio cambiamento senza capire che cosa mi stesse passando per la testa.

«Ti ha presa per il sedere», la canzonò ancora.

«L'ha fatta franca confondendoci le idee, ecco come è andata, infatti eravamo troppo impegnate dopo, e lui se ne è uscito indisturbato.»

Non riuscii a dare contegno alla mia mente, neanche mi piegai a raccogliere ciò che mi era caduto per lo stupore, per l'eccitazione che due sole parole mi stavano facendo sentire, come un formicolio sulle labbra.

Psychotria Elata, il nome di un fiore rosso del Sud America. Il più rosso che io avessi mai studiato sui manuali. Il più passionale, eccentrico, allucinogeno.

Come quello finito sul tappeto della stanza di Iside.

«Tutto bene?» si assicurò una delle infermiere, muovendo una mano davanti alla mia faccia, ricordandomi che ero ancora alla casa di cura, e che lui, invece, non doveva essere più lì.

I battiti erano assesti devastanti contro la mia cassa toracica, il solo pensiero di quel fiore tra le sue dita affusolate, della sua visita in segreto, del suo colpo alla porta, della sua risposta, mi ammutolirono.

Elias era davvero entrato nella stanza di mia nonna mentre io e lei stavamo dormendo? Poteva davvero essere stato vicino a noi a guardarci chissà quanto e chissà come, a torturare il petalo di quel fiore, fino a ridurlo a una striscia di rosso?

«Insomma, rispondimi, almeno tu», mi pregò la ragazza, temendo di non riuscire a essere presa più sul serio per quella giornata, dopo ciò che mi aveva detto.

«Sì, scusate», fiatai, cercando di fingere una noncuranza che la Psychotria Elata mi aveva definitivamente soggiogato, con la sua rossa forma di labbra volitive e schiuse, che soltanto lei, con provocazione, possedeva.

La Pianta del Bacio.

Buonasera! Non saremmo in Saiph, se non ci fossero nuovi misteri da scoprire e batticuori, e qual miglior modo di iniziare il capitolo 35, se non con quel fiore lì? Io non voglio dirvi che sclererete per un fiore, no, non voglio (o forse, solo for...

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Buonasera! Non saremmo in Saiph, se non ci fossero nuovi misteri da scoprire e batticuori, e qual miglior modo di iniziare il capitolo 35, se non con quel fiore lì? Io non voglio dirvi che sclererete per un fiore, no, non voglio (o forse, solo forse, sì), ma abbiamo parecchie rivelazioni fantasy e non da fare nella prossima parte con Ester, che sarà bella lunga, perciò prepariamoci ❤ Quanti di voi cercheranno la Psychotria Elata in foto dopo aver letto questo capitolo? Ha una forma simile alle labbra da baciare, da lì il suo nome. Se la storia vi sta piacendo, vi chiedo di supportarmi con voti e/o commenti, fermo restando che potete scrivermi sempre nei messaggi privati. A presto!

Saiph - La mia stellaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora