Capitolo 5.1

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Legame


Nel silenzio del bosco, il battito del mio cuore era un tamburo dal ritmo incalzante.

Lo udivo percuotere il mio petto, suonare, e la sua musica arrivava perfino alle mie orecchie.

«E che cosa vede, adesso, il cielo?»

Gli occhi di Zeno rilucerono nel buio, riflessi di astri lontani su quel volto dalla pelle pallida, marmorea.

«Una ragazza felice.»

Non replicai, non ce n'era bisogno. Aveva detto la verità, e in un modo tanto semplice e immediato da sembrare ovvio.

Ero felice.

Di sicuro lo aveva capito da come stavo sorridendo, sognante, al manto stellato, con le lacrime sulle ciglia, e le ginocchia strette in un abbraccio.

Il ragazzo non aggiunse altro, mi lasciò il tempo per vivere quel mio momento.

Si sdraiò metà sull'erba e metà sulla giacca, incrociando le braccia muscolose sotto la testa, e rimase in disparte, quasi assente.

Era bravo.

Osservava tutto, tranne me.

Mi stava rispettando, assicurandosi che io avessi uno spazio solo mio in cui poter sentire fino in fondo il mio desiderio realizzato.

Io non ero altrettanto brava.

Ormai non osservavo altro che lui.

Ero consapevole che Zeno non era come me, e che probabilmente non era come nessun'altra persona al mondo, ma non mi importava.

Lo accettavo.

Spostò un braccio, e si mise a tracciare linee immaginarie in aria, pensieroso, la mano che si spostava con lentezza sopra il suo viso.

«Lassù, c'è il guerriero Orione», indicò, delimitando i contorni di una figura.

Seguii con attenzione i suoi movimenti, e riconobbi la costellazione dell'inverno, di cui avevo sentito tanto parlare da piccola.

Le sue stelle erano posizionate in modo da sembrare un guerriero piegato sulle ginocchia, con uno scudo e un'arma, pronto a difendersi e ad attaccare.

Un mito.

«Quella centrale è la sua Cintura», continuò, tranquillo.

«La vedo.»

«Alnitak, Alnilam e...»

«Mintaka.»

Ricordavo quello che mi aveva detto mio nonno su di loro, tempo fa.

Le stelle della Cintura erano chiamate per tradizione I Tre Re, dominavano l'intera costellazione con la loro regale luce.

«Più in alto, ci sono Bellatrix e Betelgeuse, mentre in basso Rigel e Saiph, la sua Spada.»

Era strano, di solito nessun ragazzo conosceva il cielo come stava dimostrando di conoscere Zeno, in modo preciso e sicuro. I maschi usavano le stelle solo per fare colpo con qualche complimento, che puntualmente risultava banale e già sentito.

«Quindi puoi ustionare con il tuo tocco, far comparire polvere dorata, e nominare con esattezza ogni corpo celeste di Orione.»

Lui rise, spontaneo.

«Sì, qualcosa del genere.»

«E cos'altro puoi fare?»

Si ricompose, tornando più serio, e piegò il viso, indecifrabile, irrequieto, verso il mio.

Saiph - La mia stellaHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin