Capitolo 11.2

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«Tutto quel vento addosso.» iniziò, con voce calma, quasi malinconica. «Mi è piaciuto, sai?»

Combattei per non posare i miei occhi su di lui, anche se c'era qualcosa nel suo modo di essere che mi induceva ora a volerlo guardare sul serio, come non avevo mai fatto prima.

«Vai spesso in bici?»

«No, di rado.» rispose. «Te?»

«Nemmeno io.»

Si voltò verso di me, tirandosi su, e a quel punto fu difficilissimo non fare lo stesso.

Il sole colpiva la sua ampia schiena, e la corona di magnolie, lasciando in ombra la fronte pallida, su cui ricadevano, scomposte, ciocche scure.

«Mi ha fatto sentire vivo.»

La sua espressione seria mi fece annegare con sé, come se avesse dentro il lago alle sue spalle, rubandomi ossigeno su ossigeno.

Riuscivo a leggerci rassegnazione, nonostante lui mi avesse appena rassicurata dicendo che si era sentito bene a pedalare.

Stavo per allungare una mano e accarezzare la sua guancia, che mi appariva ora delicata come la porcellana, ma Elias si mosse per primo, alzandosi in piedi, e risparmiò la figura imbarazzante che avrei fatto.

«A te no?» riprese.

«Sì, uguale.»

Sorrisi di me stessa, chiedendomi come avessi potuto pensare di confortarlo, e per cosa poi. La corona bianca sulla sua testa poteva ingannare, ma Elias era un semplice collega di lavoro, non il re depresso di Carzano.

«Al qui e ora.» aggiunse. «Di solito non ci si fa caso abbastanza.»

Era vero, ogni attimo era unico e irripetibile, eppure non si stava quasi mai su di lui nel modo che meritava.

Piuttosto lo si lasciava andare, lo si affossava subito con quello successivo.

Il ragazzo spostò l'attenzione al lago, e dopo esser andato alla riva, si piegò sulle ginocchia, a osservare da vicino lo scintillio della luce sull'acqua.

Per la prima volta, mi soffermai a guardarlo con una cura che non avevo mai riservato a lui.

La sua figura, di profilo, si stava protendendo sullo specchio dolciastro dell'Iseo. I suoi occhi neri erano quasi lucidi, mentre veniva attratto da qualcosa a pelo dell'acqua.

Era commozione?

Scesi dal tavolo, e lo raggiunsi lentamente, prendendo un ampio respiro. Il mio cuore batteva un po' di più a ogni passo nella sua direzione.

Gli arrivai alle spalle, e mi piegai sulle ginocchia vicino a lui. Elias sollevò il viso, e mi fece un sorriso dolcissimo, che non gli avevo mai visto fare in alcuna occasione.

«E-Elias...?»

«Ester, ti prego, guarda giù.»

In subbuglio, lo ascoltai, distogliendo gli occhi dai suoi.

Fissai l'acqua, e la notai pure io.

Era bellissima: fogliame verde che galleggiava sul lago, stami gialli e petali fucsia aperti, come braccia distese al cielo in una muta e sofferta riverenza.

«Ma è una ninfea.» commentai, rapita.

Doveva avere le radici sul fondale poco distante dalla sponda da cui stavamo vedendo il suo bocciolo dal colore violaceo.

«Già, ma non si tratta di quella comune.» puntualizzò Elias, dandomi ancora di più la sensazione di aver scoperto un tesoro.

«Non è la Nymphaea Alba?»

«No, questa è un'altra storia, ha origini asiatiche.» rispose, con convinzione. «Si tratta della Nymphaea Nouchali.»

La Alba era la specie più frequente nella nostra zona, avevo dato per scontato fosse quella, ma il più competente, come sempre, era lui.

«Nouchali? Non sarà mica...»

«Sì, è una ninfea stellata.»

Fu istintivo: a quella conferma, immagini di Zeno si scalzarono l'un l'altra nella mia testa. Lui che mi proteggeva, lui che mi baciava, lui che esaudiva i miei desideri, uno dopo l'altro.

«Pensi che l'abbiano messa qui a scopo decorativo per via della festa?» domandai, stupita.

«Quasi sicuro.» rispose, ripassandone ogni dettaglio come uno studente. «È un fiore ricercato, tropicale.»

«Dovrebbe avere un profumo intenso.»

Grazie alle sue lunghe braccia, Elias riuscì a raggiungerlo e a immergere cautamente le mani sotto la superficie dell'acqua.

«Avvicinati a me.» disse, sollevando il fiore di pochi centimetri, mentre le gocce gli bagnavano le maniche della giacca.

Non reagii subito, restai immobile, persa alla visione di Elias, di nuovo oscuro re con la corona di magnolie, e dell'amore che aveva per quel fiore d'acqua.

«Questo momento non tornerà più indietro.» constatò, e io capii che mi stava esortando a viverlo fino in fondo, senza esitazioni.

Imitai la sua posizione accucciata e mi avvicinai così tanto a lui da arrivare a non distinguere più il suo profumo maschile da quello della ninfea. Erano una cosa sola, e l'insieme era così buono.

Socchiusi gli occhi e inspirai quella che sembrava la pace dei sensi, mentre Elias mi aiutava a conoscere il fiore come se fosse una parte di sé.

A un certo punto, mi allungai per sfiorarne i petali, e nel ritirare la mano, incontrai casualmente la sua, che si era mosso per lasciare la ninfea nel lago.

A quel contatto, lo sentii sussultare. I nostri visi si attrassero in una silenziosa presa di coscienza, si respinsero, e si attrassero di nuovo.

Non sorrideva più, Elias. Era maledettamente sulle sue, eppure così presente per me, in quell'istante solo nostro, che non si sarebbe più ripetuto.

«Sai, Ester, quale è il significato che meno preferisco della ninfea?»

Scossi il capo, intuendo quanto quello che stava per dirmi potesse essere importante.

«L'amore platonico.»

Come promesso, rieccomi con un nuovo capitolo

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Come promesso, rieccomi con un nuovo capitolo. Come spesso è accaduto per questa storia, è stato un caso scoprire che un tipo di ninfea viene chiamato "stellata" e l'ho letto dopo aver scelto, ignara, proprio la ninfea come fiore protagonista di questa parte. Spero che vi sia piaciuto! Lasciatemi le vostre impressioni quando riuscite. A presto!

Saiph - La mia stellaWhere stories live. Discover now