Capitolo 10.1

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Distanza


Albero di cuori. Rami di vite spezzate o continue, su cui spuntano le nostre foglie. 

Cercai la foto dei miei nonni per rimetterla a posto, ma non la trovai più.

L'avevo lasciata sulla scrivania, dopo averla presa dal mio diario, ma lì non c'era.

Non l'avevo toccata neanche una volta, da quando Zeno era entrato nella mia camera la sera prima.

Doveva essere stato uno dei miei genitori a spostarla o lo stesso ragazzo.

Tornai da mia madre, e le chiesi se avesse visto una vecchia foto in giro, ma lei negò.

Mio padre era già in ospedale da un pezzo, lavorando come chirurgo i suoi orari erano imprevedibili.

Dispiaciuta, decisi di lasciar perdere.

Proseguii a sgomberare la soffitta, diligente e silenziosa, ma con la testa andai sempre al passato, da Agata e Siro.

Se solo quelle lettere fossero state complete!

Aiutai la mamma per una buona oretta, poi le feci sapere che non avrei pranzato con lei. Avevo il tempo contato prima di entrare alla Bottega, ma non volevo più rimandare.

Dovevo vederla.

Parlarle.

Aprii l'ombrello sotto la pioggia scrosciante, dopodiché corsi alla casa di cura.

Il temporale cessò quando feci ingresso nella struttura, quasi avesse voluto farmi capire che ero nel posto giusto.

Le segretarie alla reception si confrontarono con due infermiere per sapere se Iside era in grado di ricevere la mia visita.

Mi misero in attesa in una sala, dove vi erano già altre persone, ma fui fortunata, dieci minuti dopo portarono la nonna da me su una sedia a rotelle.

«Si sente bene, oggi», mi informò una di loro, facendole una carezza sulla testa. «Anche se quello che dice, a volte, non è attendibile.»

«C'era davvero», protestò l'anziana, imbronciata.

«Sì, sì, certo», la calmò con voce dolce l'infermiera. «C'era.»

La seconda infermiera mi prese da parte per farmi firmare un foglio e scrivere l'ora di arrivo, lasciando la nonna ancora con la collega.

«Insiste con il principe», mi disse con un sorrisino, mentre ero impegnata con le formalità per la visita.

«Principe?»

«Un giovane alto e regale che ha visto solo lei», si spiegò, aprendo le braccia in un gesto di rassegnazione.

«Ah sì?»

«Dice che ce lo siamo perse», continuò, ritirando la carta dal tavolo non appena finii.

«E non è possibile?»

La donna si sistemò gli occhiali sul naso, guardandomi come se fossi nata ieri.

«Il principe delle favole non esiste, ragazza», rispose, in tono canzonatorio. «E anche se esistesse, non passerebbe di qui.»

«Se mai ne arrivasse uno per sbaglio, gli farei firmare non uno ma venti fogli per la visita!» s'intromise, ironica, una segretaria che ci stava ascoltando.

«Solo venti?» Risero insieme, facendomi sentire un'ingenua, poi mi riaccompagnarono da Iside.

Guidai in autonomia la sedia a rotelle della nonna per i corridoi della casa, alla mia destra le gocce di pioggia decoravano le vetrate che ci separavano da un rigoglioso giardino.

«Dovevi venire prima», spezzò il silenzio lei, con voce debole. «Lo avresti visto pure tu.»

«Il principe, eh?» l'assecondai, pensando che doveva esserselo immaginato proprio bello per impuntarsi su quel titolo.

La riportai nella sua stanza, ma prima di sedermi di fronte a lei, notai un oggetto che non era mai stato sul suo comodino: una cornice d'argento. Dentro, i visi sorridenti dei miei nonni.

«Quella foto...» iniziai, sorpresa.

Fino a ieri era nella mia camera, ma non potevo dirglielo. Non prima di sapere come era finita lì, dalla sua proprietaria.

Iside sembrò felice che l'avessi notata. Probabilmente le infermiere di turno non badavano ai dettagli personali degli anziani. Non quanto un parente, per lo meno.

«Me l'ha portata lui, occhi diversi.»

Zeno?

Se n'era andato via dal mio balcone con la foto, quindi. Doveva aver letto la frase di Iside sul retro a proposito del ringraziare una stella. Ma perché preoccuparsi di restituirgliela?

«Ah, il ragazzo del foglietto», commentai, rendendo chiaro che avevo sbagliato a non crederle.

«Vedi che lo conosci.»

«Non è un principe, nonna.»

«Non essere così sicura di sapere tutto di lui», ribatté, come se peccassi di presunzione. «Proviene dal cielo, piccola Ester.»

«Te lo ha detto lui?» chiesi, stupita, mostrandomi più coinvolta del necessario.

«No, non serviva», rispose, abbozzando un sorriso malinconico. «L'ho capito da quello che mi ha chiesto dopo avermi detto il suo nome. A proposito, era corto ma non lo ricordo già più.»

«Zeno», la aiutai, deglutendo forte.

«Ecco, sì.»

«E che cosa ti ha chiesto?»

Lo sguardo della nonna si spostò alla foto nella cornice, quasi a cercare conforto nella felicità espressa da lei e il nonno da giovani.

«Se sapevo cosa succede alle stelle cadute sulla Terra.»

Anche la nonna inizia a prendersi il suo spazio, chi meglio di lei può collegare passato e presente e darci qualche info o mistero in più, ho pensato! Non so quanto reggerà la conversazione con lei, ma prima di tornare al lato romantico/ sensuale ...

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Anche la nonna inizia a prendersi il suo spazio, chi meglio di lei può collegare passato e presente e darci qualche info o mistero in più, ho pensato! Non so quanto reggerà la conversazione con lei, ma prima di tornare al lato romantico/ sensuale della storia, ho bisogno di preparare tutti gli elementi giusti. Spero che, per quanto breve, questa prima parte del capitolo vi sia piaciuta! A presto :-)

Saiph - La mia stellaWhere stories live. Discover now