Capitolo 15.2

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Un mio alter ego.

Di fronte a me, in una nudità quasi completa, stava un ragazzo sulla cui pelle erano tatuati i sogni della Ester bambina.

C'ero io nella magia nera che si portava addosso, c'ero sempre stata io.

I miei desideri si erano uniti a Zeno prima di quanto avesse potuto fare il mio corpo.

Non ci riesco.

Sospirai al suo petto scuro, non potevo tenere le labbra lontane da lui un secondo in più.

Perderò.

Era un buon modo di perdere, però.

Attaccata a una stella.

Gli lasciai un bacio su quel nero che lui chiamava mostro, ma di mostruoso aveva poco e nulla, poi uno più in basso, vicino all'inguine, e lo sentii tremare.

Lo sguardo finì sull'elastico delle mutande.

si era ingrossato ancora di più per me.

Sembrava incontenibile.

Mi osservò con occhi insofferenti, come se lo stessi mettendo alla prova in un modo da cui non sapeva come difendersi.

«Perciò una parte di me è già in te.» dissi, con una voce che raccontava la mia resa dinanzi a lui, la mia sconfitta al suo gioco.

«Pareggeremo presto, se continui a scendere con quella bocca.» ribatté Zeno, in un lamento roco.

«Presto...quanto?»

«Non scherzo, Ester. Voltati di nuovo, o ti sfilo le calze. Ora.» rispose, i colori chiari dei suoi occhi trasformati in fuochi fatui dalla libidine.

Indietreggiai, impressionata dalla sua fragile compostezza, consapevole di essere come legata a un filo che lui poteva tirare a sé in ogni momento, con forza.

Fidati.

Seguita dal suo sguardo di vibrante attesa, che sembrò pregustare già la vittoria e l'agognato premio, mi girai.

                                                                         ✴

«Uno.» contai, guardando il corridoio illuminato da tenui fiamme, che di sicuro portava ad alcune camere. «Due.»

Lo sentii muoversi, irruente, e trafficare con i pantaloni, fino a udire il tintinnio della cintura che cadeva a terra, dietro di me.

Non ce la faccio.

«Tre...» ripresi, con il cuore che mi scoppiava come un petardo.

Perdo.

Non finii neanche la formula, le mani di Zeno arrivarono prima ai miei fianchi e mi spinsero al muro, il suo petto nudo avviluppato alla mia schiena, la sua fisicità che cercava quello che aveva sempre voluto.

Mi sollevò la gonna del vestito, e strusciò la sua rigidità contro il mio sedere, mormorando parole indistinte al mio orecchio, sussurri di cielo in una lingua lontana degli astri.

I suoi capelli sfregavano sulla mia guancia, il suo profumo vivo, arcano, accarezzava le mie terminazioni nervose, facendole saltare a una a una, distruggendole. 

Con uno strattone, mi fece rigirare, avvicinando il viso d'avorio al mio, per guardarmi con una intensità a cui mi sottomisi.

Forse era un re stellare. Di certo era il re dei miei desideri. Avrebbe potuto avere un impero, invece stava scegliendo di avere me.

Saiph - La mia stellaWhere stories live. Discover now