Capitolo 37.1

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Forse sono così, le nostre energie.

I bagliori dell'Ellisse salirono alle sue spalle, fecero risplendere la forte inclinazione che stava dando alla sua mandibola nera, mentre socchiudeva gli occhi gemmati.

Imprevedibili, viaggiano in una direzione, ma...

Strinsi ancora di più le gambe intorno al suo bacino, facendolo apprezzare in Tarkh, per ancorarmi alla realtà, al noi due, e realizzare che non stavo perdendo né lui né me, anche se dovevo andare.

Dovevo, sì.

... all'improvviso curvano, e si trovano in una opposta.

Non sapevo quando.

Ero in attesa di qualcosa.

«Ester», mi chiamò, invitandomi a restare presente in quel momento, nonostante il riverbero tra noi facesse circolare frattaglie di quello che eravamo, disperdendoci.

Non capisco.

«Tu... devi andare?» Non avvertivo più niente che non fossero trascinanti sensazioni, sue, mie, ero un veicolo di passaggio per uno scambio in cui eravamo insieme. Ero lui, ero me, non ero nessuno, ero entrambi, era difficile cercare equilibrio.

«Io non lo vorrei», rispose.

Il mio respiro si affannò, al movimento impudente che fece per girarmi con sé, e portarmi fino al tavolo, su cui apparvero screzi dorati e luccicanti, polveri che accolsero la mia seduta come su un trono di Saiph.

«Vorresti... restare per la notte?»

Gli occhi di Zeno erano luci dinamiche, il verde e il blu intelavano la mia posizione di rapide possibilità, con le dita affondò nell'oro, scorrendo fino a metterle sulle mie natiche, e avvicinarci.

«Tutta Orione sa quanto vorrei restare.»

Era pungente desiderio.

Carezzevoli aghi di pino nel ventre.

Sollecitazioni che ammorbidivano.

Morsi di belve che rompevano il controllo.

In quella totalizzante magia, erano i suoi, erano i miei, erano i nostri insieme, a tal punto da non riuscire a isolarli nelle loro uniche caratteristiche.

Una mano indorata stazionò all'angolo della mia bocca, mi massaggiò con il pollice, mi fece umettare le labbra per riflesso, mentre il ragazzo che la muoveva mi adombrava di fantasie nere come il suo incarnato.

Nulla di ciò che vissuto con lui da quando lo avevo conosciuto era mai stato così, la mia percezione di Zeno era ampliata al punto da essere in comunione con quella che avevo di me.

Era una simbiosi di pianeti, una metamorfosi di anime, uno sfaldamento e una ricomposizione dei nostri ego. Resistere accentuava soltanto l'agonia di sentire che potevamo essere uno e invece eravamo ancora due.

Nelle sue iridi, capaci di frazionare e cristallizzare l'intero universo, vi era una forte volontà di piegarsi su di me, di accelerare come una meteora, frenata da una inevitabile collisione.

«Ti sento battere, Ester», ammisero le sue labbra, scendendo in un soffio e deviando fino al mio orecchio. «Stai battendo ovunque in me, stai battendo in un modo che mi sta facendo davvero impazzire

Prese il mio lobo tra i denti e lo tirò a sé, facendomi sospirare tra i suoi capelli biondo cenere, sospiri di sollievo che contrastavano ciò che continuavo ad avvertire di lui.

Saiph - La mia stellaDonde viven las historias. Descúbrelo ahora