Capitolo 10.2

5.3K 153 131
                                    

«Alle stelle... come Siro?»

Il silenziò calò nella stanza, disturbato solo dalle risate delle infermiere che chiacchieravano nei corridoi, forse ancora del principe.

Ero in una conversazione muta con Iside, senza esprimere altre parole le stavo comunicando che ero a conoscenza della magia che accomunava le nostre vite.

La distanza che aveva con il resto del mondo, era anche la mia, da quando avevo incontrato Zeno, e si annullava ora in un susseguirsi di sguardi.

I nostri occhi si dicevano lo stesso segreto: lassù qualcuno ascoltava.

«Ho trovato alcune tue lettere», le spiegai, con calma, prima che mi chiedesse come facessi a conoscerlo. «Per caso.»

«Ah, è così», commentò, arrendevole.

«Perché non me lo hai detto?»

Mi sorrise in modo dolce, e io mi chiesi quali sofferenze e quali gioie del suo passato celasse dietro ogni ruga.

«Non volevo illuderti.»

«Illudermi?»

«Non ero sicura che sarebbe arrivato qualcuno come lui anche per te.»

Allora era sempre stato questo il motivo.

Forse per sé non aveva mai cercato la magia, o forse per lei non era mai arrivata...

«Nonna?» chiamai, vedendola sempre più assente, quasi la mente stesse lottando da un'altra parte per non essere rubata. «Nonna?»

«Eppure le manca ancora!» esclamò, con voce addolorata, come se non fossi più sua nipote ma un'altra persona. «Ha fatto di tutto per me, per la mia felicità, ma io non posso fare niente per lei!»

«Mamma Agata sta bene», la rassicurai, intuendo potesse riferirsi a lei. «È in cielo ora, tra le stelle del suo amato Cane Maggiore.»

«Io lo so, le mancherà sempre quella», continuò, sofferente. «Mi dispiace così tanto!»

L'umore di Iside peggiorò, ma scelsi lo stesso di farle una domanda che richiedeva coraggio.

«Le stelle cadute si ammalano, nonna?»

Il cuore batté così forte che d'istinto posai la mano sul petto, quasi a volerlo trattenere, come se fosse sul punto di bucarmi la maglia per schizzare via.

«No, mai.»

Una piacevole ondata di calore mi investì e riportò lentamente i battiti alla normalità.

«Mai? Sono forti, allora.»

Iside mi lanciò un'occhiata strana, come se non afferrasse il significato della parola "forte" o non lo condividesse.

«Loro si evolvono», disse.

Si evolvono.

Salutare la nonna era sempre difficile, ma questa volta lo fu più di altre.

La verità su Siro era da qualche parte, nelle sue parole sconclusionate. Ero sul punto di trovarla, ma la malattia l'aveva di nuovo resa ambigua.

Irriconoscibile.

Entrai alla Bottega dei Profumi sovrappensiero, e la signora Berti non mi lasciò neanche il tempo di togliermi la giacca, mi chiamò subito da lei.

«Anche tu, Emma», disse, a sua figlia, prima di sparire nella stanza dove avevo fatto il primo colloquio per lavorare con loro.

Emma mi guardò, e notai che aveva gli occhi velati di rosso. Aveva pianto? Si sfregò le guance, poi mi sorrise, facendomi segno di sbrigarmi.

Saiph - La mia stellaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora