Capitolo 12.2

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La calca si aprì e si richiuse su di lui, occultò la sua presenza, e gli diede modo di andar via, così come era arrivato.

Un vagabondo, sapeva sempre come e dove trovarmi, se voleva; quando ero con lui, sentivo di non aver ancora realizzato il primo desiderio del foglietto, o meglio, di non averlo realizzato abbastanza.

Non volevo più riempirmi di una generica Bellezza e di generiche stelle.

Voglio riempirmi della tua Bellezza e delle tue stelle, Zeno.

E questo era un nuovo desiderio.

Non aveva niente di quello della bambina che ero stata.

Nessuna innocenza.

Evitai di ballare con altre persone, e ripresi fiato una volta uscita dalla pista.

Presto mi lasciai distrarre da alcune bancarelle, il cui tema principale erano i fiori.

Le esposizioni erano curate, adornate di drappeggi color rosso e arancione. Le creazioni di carta tipiche di Montisola erano le più comuni, in una moltitudine di varianti, seguite da saponi e lozioni per il corpo.

Una mano che stringeva una corona di magnolie sventolò in aria.

Elias si stava facendo notare vicino a una bancarella di vini, gestita da un uomo che poteva avere una settantina di anni, non di meno.

Sorrisi, sollevata che mi avesse vista, e mi ricongiunsi con lui.

«Allora eri qui.»

«Alcol a volontà.» mi disse, indicando le bottiglie riposte su più file.

«Vini dagli aromi speziati e floreali?» chiesi, leggendo, curiosa, le varie etichette.

«Contro la solitudine.»

Girò gli occhi su di me, e li tenne solo un istante, il giusto per farmi sentire un nodo alla gola.

«Potrei provare il nettare degli Dei?» si rivolse al venditore, risoluto nella sua scelta.

«Ambrosia? Oh certo, prego.»

Gli porse un calice argentato con un fiore giallo legato alle sue estremità, e dentro un liquido chiaro che sembrava promettere delizie per il palato.

«Grazie, signore.»

«Orchidea, zenzero, chiodi di garofano.» elencò il padrone della bancarella, mentre Elias lo avvicinava al suo naso. «E la dolcezza del miele.»

«Ha un profumo sottile, ma di cui non ci si riesce più a liberare.» commentò, attento.

«È afrodisiaco.» confermò l'uomo di Carzano, più confidenziale. «Offusca la ragione, rompe le maschere, e fa uscire le vere emozioni. Io lo consiglio sempre per coppie di giovani come voi.»

«Noi, ecco, non siamo...»

«Ah, non siete...»

«Io sono morte, mangio Ambrosia e bevo sangue.» recitò Elias, sorseggiando dal calice e mandando giù il primo assaggio divino.

Guardai il suo pomo d'Adamo che si muoveva, e poi le sue labbra umide, quando si staccarono con soddisfazione dal vino.

I suoi occhi austeri avevano la calma dell'oblio, e il nero delle notti senza speranza.

Ed era proprio quello a renderli imperiosamente accentratori.

«Che cosa hai appena detto?» domandai, ma Elias si stava crogiolando in un'altra bevuta, lunga e goduriosa, e non mi rispose.

Saiph - La mia stellaWhere stories live. Discover now