Capitolo 33.1

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             Adularia

Quando il chiarore lunare pare congelarsi in una pietra dei desideri, so che sei vicino. In una leggenda d'amore, l'Adularia compare sulle rive del mare solo cinque volte all'anno e solo in certe notti di piena. Colei che la coglierà dalla spuma, riuscirà a trovare il suo re.

A Bellosguardo nessuno poteva dire di voler vivere altrove, lo scorcio dalla florida collina d'Oltrarno sulla sera illuminata di Firenze pietrificava, in un muto riconoscere della magnificenza delle sue cupole e torri, sorvegliate dal cielo.

Era la zona da cui mia madre e mio padre avevano pensato di avere me, di mettere su famiglia, così mi avevano rivelato durante uno dei nostri discorsi sulla mia nascita, che ascoltavo sempre volentieri.

Osservare la mia città natale da quella altura, con la luna più vicina agli occhi, galante, mi incantava anche per quello, come se fosse qualcosa di intimo che raccontava di me, come se potesse suggerire quelle stesse parole che si erano promessi loro, anni prima.

Ero salita per una stretta via dai muri a secco, che definiva proprietà e olivete, per portare a un ristorante un cesto intrecciato di Bucaneve e Amaryllis, questi ultimi di una fioritura che aveva fatto girare gran parte dei presenti.

Ecco la ragazza che vive di colori, e la sua consegna per gli interni di una cena.

Andare di persona dai clienti era un compito che avevamo su alcuni ordini dalla Bottega, allungava le tempistiche di ritorno a casa e questa volta era toccato a me, ma non riuscivo a esserne dispiaciuta.

Avrei dovuto proseguire per la discesa che mi avrebbe ricondotta al centro storico, ma qualcuno mi si affiancò, e io non distinsi più i pensieri dalla realtà, entrambi offuscati dal refrattario buio di un ragazzo.

Il nero della sua pelle si saturava nei miei occhi, mentre lo fissavo in segreto, senza parole, una vicinanza tra noi che non era giustificabile, che non era limitabile.

Zeno era uno dei tesori del blu sopra gli antichi palazzi fiorentini, pareva salutarli con le sue iridi bicromatiche, restando perfettamente conscio di essersi preso uno spazio di troppo con me.

Non aveva remore, i rimpianti stracciati a brandelli con la sua primitiva energia maschile, mi stava facendo capire con la sua fisicità che lui c'era, che voleva esserci.

Era così stabile nell'incertezza, nelle incognite su di lui che non cercava neanche di chiedermi, nella pozione avvelenata di oscurità che gli stavo facendo bere.

E io accumulavo tensioni, le sentivo premere in ogni punto del corpo, come se il suo improvviso affiancamento nella notte me le avesse portate alla coscienza, e non potessi più fingere con me stessa che non ci fossero.

Lui Orione, io ormai terra e costellazione, eravamo attraversati da una improbabile e muta sintonia che era fuori dalla nostra logica, che ci connetteva in modi che plasmavano, che aprivano, e non era magia, quella.

No, non lo era. Eravamo noi, soltanto noi.

«Lo sai quanti desideri sono espressi ogni giorno, Ester?» domandò, senza distogliere lo sguardo da quella luna dai contorni smussati, che aveva il pallore dell'Adularia, e dalle sue disperse stelle, come se ne stesse subendo un seduttorio maleficio.

«Tanti, immagino», risposi, insistendo a osservare i suoi lineamenti, fino a navigare in quel mare mosso che erano le tonalità increspate dei suoi occhi.

«Non si riescono a contare», disse, sollevando le sopracciglia bionde, in una espressione di esasperato stupore. «Su Saiph ho imparato questo dell'uomo... ma non avrei mai immaginato che un giorno, sceso tra voi, sarebbe stato così anche per me.»

Saiph - La mia stellaWhere stories live. Discover now