Capitolo 41.2

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Ogni tanto udivo qualcuno, tesi l'orecchio in ascolto, voci parevano sussurrare per essere seguite, richiamavano l'attenzione tra loro.

Cercai una visione d'insieme, i percorsi che potevo prendere erano tutti battuti con delicatezza da sottili metariali neri, segnati da deformazioni rocciose che parevano precipitate dal buio, la cui antichità avrebbe potuto raccontare di molte storie rimaste sepolte nell'universo.

Vi era fascino nella luce quasi eclissata di quel luogo, come se fosse in grado di invitare al cammino cieco, con la promessa di una sua improvvisa apertura.

Mi buttai su una strada, seguendo il mio istinto, carezzandomi più volte i capelli per togliermi ciò che vi era caduto, ma dopo pochi passi, mi bloccai.

La luce era davvero cambiata nel giro di una manciata di minuti, più o meno, adesso riuscivo a vedere ciò che mi stava davanti molto meglio, ma non era su quello la mia preoccupazione.

Presenze dietro di me.

«Nah-me sil na», sentii, e dal tono poco socievole, intuii che non dovevano essere contente di dovermi parlare, che rappresentavo un impiccio. «Voltati a me.»

Il modo impositorio in cui me lo voleva far fare mi agitò, ma lo feci comunque, perché non volevo richiare di innervosire qualcuno di cui non avevo visto nemmeno il volto.

Bastò un giro su me stessa, per capire che cosa fosse appena successo, per comprendere con sgomento che le persone in cui mi ero imbattuta non erano casuali passanti.

Capii dalla mandibola contratta chi era il mio interlocutore, mi stava indirizzando un'occhiata indignata, un ragazzo che emanava fermezza, e che tirava per il polso una donna dalla pelle annerita.

Un Rih con una Lie.

Nel momento in cui mi concentrai su di lei, mi spaventai tanto quanto percepivo dai suoi occhi, aveva una grandissima paura, e non solo di colui che la teneva.

Feci scorrere lo sguardo intorno alle loro figure, sostavano tra due enormi ante spalancate, che non avevo potuto vedere prima, perché dovevano essere state serrate, e poco distinguibili.

Dovevo esserci stata proprio accanto, senza sapere che, non avevo dovuto varcarle, per passare da quell'altra parte di Territorio, che mi ci ero risvegliata già dentro.

Sono nella parte periferica di Crostanera.

Mi scioccai per ciò che significava, e la mia mente costruì subito il sorriso genuino di Zeno, quello che poteva esserne rimasto, la possibilità che avevo avuto di essere più vicina a lui di quanto sapesse.

«Se vieni verso di noi, faccio finta di non averti vista», mi disse il Rih, senza ammoridirsi, con il chiaro intento di potermi lasciare il più presto possibile alle spalle, per completare il suo incarico, che doveva pesargli più di quanto faceva trapelare.

Ero conscia di dover avanzare, ma non lo riuscii a fare, avevo le gambe che imploravano di andare nella direzione opposta, e per alcuni istanti lo scontro di intenti in me, mi fece restare impassibile.

«Hai capito che cosa ti ho detto?» si accertò, piccato, come se lo avessi fatto dubitare della sua capacità di parlare in modo comprensibile una lingua che doveva aver imparato in anni sulla Terra, e probabilmente, pure prima di scendervi.

Annuii, per calmarlo, ma la situazione anziché migliorare, peggiorò, la sua pazienza pareva stare per arrivare a un limite che non avrebbe voluto dover valicare per un'umana conosciuta nel momento sbagliato.

«Avvicinati e passa dall'ingresso in cui sono, per uscire», m'intimò, stringendo forte la Lie che doveva finire al posto mio, nel più facile e sbrigativo modo possibile. «Oppure assumerò che non hai rispetto per chi si è cosparso in questo Territorio.»

Emozioni impressionanti scossero l'una contro l'altra, tintinnando in me come ampolle di vetro dai colori chiari di Zeno, fino a schiacciarsi in una fragorosa rottura, che ruppe il mio autocontrollo.

Mi rigirai senza ascoltarlo, oltraggiando la sua presenza, ostacolando la sua vigilanza su quell'area, non considerando che era qualcuno di immortale a cui stavo disobbedendo, come lo era ogni Rih.

Non contava nulla, come non contava che cosa accadeva nella mia quotidianità alla Bottega, mi resi conto che ero sempre e ancora nella mia terra d'ombra, anche se ero riuscita ad addormentarmi per un po', e che ora i miei piedi necessitavano di correre attraverso quella di Zeno.

«Non ci credo che lo hai fatto davvero, torna indietro!» mi sbraitò il ragazzo, furibondo e stupito per l'irragionevole decisione che avevo preso.

Ero veloce ad andare incontro all'oscurità, a sfilare sotto quella macabra pioggia, sentendola frusciare in ogni dove, impazzendo di battiti di Lie, che non potevano aver avuto, mescolati ai sussurri di chi poteva essere al suo immaginario ultimo.

Non importava che non vi fosse speranza, non potevo uscire da quel luogo senza aver prima provato a imbattermi in Zeno, e se lo avessi trovato... se mi fosse stato concesso dal caso, ci saremmo almeno tenuti, per quanto potevamo, nelle stesse ombre.

Buonasera, rieccoci per vivere l'avventura con Ester, siamo sulla stella, in un luogo non proprio ospitale, e come vi avevo anticipato, ci muoveremo per bene su questa, nei capitoli che restano prima del gran finale e dell'epilogo

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Buonasera, rieccoci per vivere l'avventura con Ester, siamo sulla stella, in un luogo non proprio ospitale, e come vi avevo anticipato, ci muoveremo per bene su questa, nei capitoli che restano prima del gran finale e dell'epilogo. Il capitolo 41 avrà anche una terza parte, che arriverà a giorni, non sono riuscita a fare star tutto in questa. Fatemi sapere le vostre impressioni e speranze nei commenti e/o messaggi privati, e se vi va sostenetemi con un voto. A presto


Saiph - La mia stellaWhere stories live. Discover now