Capitolo 18.1

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                                                            Il pensiero



Ero una ragazza fatta di gocce e ombre.

La barca mi cullò con il suo dondolio, mandandomi schizzi d'acqua dolce.

Rannicchiata su una panchina della prua, la sentii attraccare.

Tenni gli occhi bassi, e aspettai che scendessero i pochi a bordo, prima di alzarmi.

C'era un lago a separarmi da Zeno, laido, nero, più grande dello stesso Iseo.

Quando salii sulla passerella, e toccai Sale Marasino ero sola.

Le mie gambe facevano resistenza, avevano bisogno di fermarsi e semplicemente, crollare.

Come l'illusione.

Aveva fatto quello che gli avevo chiesto, mi aveva lasciata andare via, e se da un lato ero sollevata di non doverlo più affrontare, dall'altro...

Ero abbattuta.

Resistei, forzando i miei passi, obbligando i piedi a mettersi uno davanti all'altro.

Avanti così.

In quella parte di notte che era già mattina, il mio residence si stagliava contro un cielo infausto, ornato di lucenti stelle.

Lo raggiunsi percorrendo una strada silenziosa come il mio pianto. Solo un cane nelle vicinanze sembrò accorgersi di me e abbaiare il suo dispiacere.

Entrai, lasciando fuori qualsiasi speranza di essere libera dal tempo. La realtà era un'altra, non poteva essere cambiata neanche decidendo di vivere. Peggiorava.

Svoltai nel mio corridoio leggiadra, passando davanti ai numerosi appartamenti dai quali si udiva ogni tanto il russare di qualcuno.

Il cuore cominciò a stringersi quando ancora non ero arrivata a lui. Sentii qualcosa dentro di me che feriva come una lama affilata. Lo stomaco si chiuse del tutto quando giunsi di fronte alla mia porta.

Quel ragazzo era seduto per terra, i capelli scuri appoggiati allo stipite, le ginocchia piegate, bloccava con il suo imponente fisico l'accesso alla mia serratura.

«Elias?»

Tu...eri qui. 

Lui sollevò un sopracciglio, alzò su di me i suoi occhi di granato nero, screziati di qualcosa di indefinibile, un velo impalpabile che conturbava.

«Ti ho aspettata.» disse solo, con un'espressione seria che sfiorava il preoccupato e il dubbioso. «Che cosa ti è successo?»

Tra i pollici rigirava per la tensione un fiore bianco e lilla sbocciato, una delicata Viola del pensiero, che doveva aver tirato fuori da uno dei nostri mazzi.

Intralciava ancora il mio ingresso, una visione talmente intensa che la chiave mi scivolò di mano, cadendo al suolo, mentre lui schiudeva le labbra per riflesso.

«Alla festa, io...» iniziai, deglutendo la mia vergogna, facendomi sempre più piccola. «Ho rivisto un ragazzo.»

Elias non mostrò alcuna reazione alle mie parole, non si spostò dalla mia porta, l'unico suo cambiamento fu posare la Viola a terra.

«E allora perché stai piangendo?»

«Io non sto...»

Fu così inaspettato, dopo un sospiro, il ragazzo si rialzò in piedi con una rabbia trattenuta e coprì tutta la porta con la sua altezza.

Saiph - La mia stellaWhere stories live. Discover now