Capitolo 2.2

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Luna di cristallo, rotonda e piena.

Alta sopra la stazione, illuminava le rotaie ferrate dei binari, favorita da un nugolo di stelle.

Avevo passato metà del tragitto con la faccia rivolta all'insù a osservarla, mentre Emma guidava.

Il manto del cielo era color blu di Persia, e faceva da contrasto alla sporcizia e alla povertà di Campo di Marte.

Tra i suoi punti di luce, riuscivo a vederci brillare le iridi che mi avevano trascinata indietro, a vagabondare su strade insicure, come se fossi io stessa una senza tetto.

Nessun'altra coordinata, solo questa.

Mi sentivo una pazza, pazza e intrepida, per quello che mi aveva spinta a ritornare, insensatamente, in mezzo ai barboni di Campo di Marte: un foglietto stropicciato, che tenevo nella tasca dei pantaloni.

Sorrisi tra me e me, sapendo di non essere granché sincera, perché non stavo affatto affiancando la mia amica solo per uno stralcio scritto che mi era stato ridato.

Sono venuta per... tutto di lui.

Forse non sarei stata così fortunata da incontrare quel qualcuno che poteva essersi nascosto in un cunicolo buio per riscaldarsi, ma ci speravo.

«Allora, lo vedi?» mi domandò Emma, guardandosi furtivamente intorno, mentre ci aggiravamo sulle scale su cui erano state distrutte alcune bottiglie di birra, stando attente a non calpestare vetri scheggiati.

«No, non è qui.»

«Completiamo il giro», mi esortò lei, sospirando, come a comunicarmi di essere priva di speranza, di aver trattenuto a me una illusione, una impossibilità.

«Va bene.»

Ogni volto che notavo, logorato dall'oscurità di una vita al margine, e che non apparteneva alla persona che cercavo, mi scoraggiava un po' di più.

Ero nel posto in cui lo avevo visto, ma lui poteva essere da un'altra parte per una sera, lontano, oppure poteva essere vicino, ma io non ne conoscevo le abitudini.

A un certo punto, mi fermai. Un anziano tremava per i gradi in picchiata, avvolto nella coperta che io avevo cercato di buttare e che lo sconosciuto mi aveva chiesto per qualcuno.

Un collegamento.

Mi avvicinai a cauti passi, studiando la sua reazione. Non pareva spaventato, né pericoloso, aspettava che lo raggiungessi con la rassegnazione di chi non ha niente da perdere.

«Quella coperta Le è stata regalata, vero?» chiesi, facendomi avanti, con un sorriso di apertura che speravo potesse rassicurarlo.

Il vecchio clochard si strinse di più nelle pieghe di questa, quasi avesse il sospetto che potessi portargliela via.

«Il ragazzo, è con Lei?» continuai, sconcertata per la poca fiducia che aveva nel prossimo, anche se non aveva ancora risposto alla prima domanda.

Scosse solo la testa, curvandosi ancora di più, sotto quello strato che gli consentiva di conservare un poco di calore, per affrontare la rigidità della notte.

«Sa dove lo posso trovare?» insistei.

«No, il ragazzo va e viene.»

«Grazie lo stesso», mi congedai.

Guardai istintivamente il cielo, chiedendo guida alle sue luci su che cosa fosse meglio fare. Emma si era allontanata da alcuni minuti per andare a parlare con suo padre, e io non avevo più idea di che cosa stessi facendo sola in quella stazione.

Saiph - La mia stellaWhere stories live. Discover now