Capitolo 8.2

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Non volevo dormire.

La mia stanza era diventata l'universo con Zeno.

I mobili e gli oggetti avevano sfumature azzurre, quasi madreperla, mentre noi ci toccavamo a vicenda nell'oro.

Nubi gassose erano fuoriuscite dal suo corpo provocante, addensandosi al soffitto, gialle, rosse e verdi, in una riproduzione dello spazio aperto che mi faceva sentire una stella come lui.

Era come essere in un altro luogo, infinito e senza coordinate, in cui lui mi aveva fatto entrare con un unico bacio.

I miei vestiti erano difficili da sopportare, e quel suo accappatoio nero... armeggiai con la cintura, e lui mi aiutò a scioglierla. Il ragazzo aveva un'espressione così bisognosa, mi faceva sentire potente, anche se tra i due l'umana ero io.

«Mi hai detto che senza un tetto si vede meglio il cielo», ricordai, udendo i palpiti del mio cuore sempre più ravvicinati. «Ma con te, io il cielo lo vedo sempre, dovunque io sia.»

Sorrise, lusingato, e mi sfilò la maglia, per poi abbassarmi l'una e l'altra spallina del reggiseno con i denti, scendendo con le labbra umide sulle mie spalle. Un concentrato di voglie mi pervase.

«Il cielo può essere insidioso, Ester», sussurrò, guardandomi dall'alto, prima di tendermi una trappola di baci irruenti che mi espose i capezzoli.

«Quanto?» ansimai.

«Tanto.»

Me li sfiorò con le dita dorate, lasciandomi della polvere luccicante anche sul seno, e io rabbrividii di piacere, mentre il mio respiro si faceva sempre più irregolare.

«Non m'importa.»

Mi sollevai a baciare il braccio che mi accarezzava, ricoperto di intrecci neri come la pece, e i suoi occhi eterocromi ebbero un sussulto.

Io stessa mi fermai.

Stava accadendo qualcosa.

Il disegno scuro aveva iniziato a muoversi, come un inchiostro sottopelle, arrampicandosi laddove ancora non era arrivato, chiudendo le sue spire intorno a Zeno.

Si è spostato.

Adesso metà della sua mano era tatuata, e il suo braccio non aveva quasi più spazi liberi.

«Tranquilla», mi anticipò lui, controllandosi quel cambiamento di forma e colore. «È davvero fastidioso, ma normale.»

«Normale?»

Per me era tutto fuorché normale, ma capivo che i nostri punti di vista potevano essere agli antipodi.

«Sì, va dove vuole.»

Il ragazzo si ritrasse, e richiuse l'accappatoio, quasi avessi visto una parte di lui nascosta, che non voleva ancora che io vedessi.

«È per il salto nel fiume?» domandai, preoccupata che non si fosse ripreso come credevo. «Stai sempre male per l'acqua e non me lo dici, Zeno?»

«No, non sto male», rispose, pacato.

«Ah no?»

«No.»

Si mise a sedere sulle lenzuola, distante da me, e si guardò la parte nera della mano con un'espressione indecifrabile, poi la chiuse a pugno.

«L'acqua non c'entra», aggiunse. «È vero non sono abituato a quell'elemento, ed esserne immerso ha stressato la mia nucleosintesi stellare, tanto che ne ero totalmente consumato, ma...»

Saiph - La mia stellaΌπου ζουν οι ιστορίες. Ανακάλυψε τώρα