8.

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Taccio. Non voglio discutere nel bel mezzo di un posto che non conosco e per di più di notte. Lo seguo mentre supera i cortili interni di alcune case e poi svoltiamo, proseguiamo verso quella che ha tutta l'aria di essere una casa abbandonata e no, non mi riferisco solo al recinto di rete malmesso e colmo di buchi, ma a tutta l'abitazione. Una finestra cade a pezzi, la vernice è come se fosse stata grattata via e il tetto... non voglio nemmeno pensare a cosa succederebbe se qualcuno decidesse di salirci. Non credo sia sicuro nemmeno stare a pochi passi distanza, c'è il rischio che una di quelle tegole possa finire in testa a qualcuno.
Ora che la guardo meglio, questo posto non si adatta affatto al resto delle case presenti, nessuna di esse ha un tetto fatto di tegole o un recinto in rete. È come se l'intero edificio non facesse parte del quadro, come se fosse uno schizzo di vernice che rovina l'opera. «Cos'è questo posto?» chiedo.
«Paura?» Devon si volta nella mia direzione.
«No, è solo... fuori posto» mormoro fissando l'asfalto colmo di foglie secche, rifiuti e roba non identificabile.
«Che vuoi dire?» si ferma davanti al portico.
Non lo guardo, sono troppo impegnata a esaminare quello che mi circonda. «Tutto sommato sembra un bel complesso, i cortili che abbiamo superato avevano persino i recinti in legno, ma questo...» accenno con una mano. «È come se fosse sbucato dal nulla, è davvero... fuori posto, come dicevo» spiego, tornando con gli occhi sul mio accompagnatore. «È tuo?» chiedo.
«No» risponde.
«Ci vieni spesso?»
«Cosa te lo fa pensare?» domanda, le braccia incrociate al petto.
Accenno un breve sorriso. «Ci sono tre sedie lì» indico un punto poco distante dalla finestra sulla sinistra, quella a pezzi.
«Quindi?»
«Due sono coperte da un telo, molto sporco, come se fosse lì da tempo ma la terza è pulita e non c'è telo. Viene usata» spiego avvicinandomi a quest'ultima. «Vedi?» trascino l'indice sul manico e lo sollevo, sfregandolo con il pollice. «La polvere è minima.»
«Potrebbe essere un caso, Avery.»
Lo guardo per alcuni secondi, quand'è che l'aria si è fatta così pesante e la nostra conversazione così seria? Non so cosa ci sia sotto ma non è un caso. Lui viene qui. Passa il suo tempo seduto su questa sedia. Chissà perché non vuole ammetterlo. «Già, sarà sicuramente così» annuisco.
«Ti porto a casa, si sta facendo tardi» dice avvicinandosi.
«Devon» lo richiamo.
«Che c'è?» m guarda.
«Tu la senti?» domando. Ho dovuto farlo, non potevo continuare a resistere. C'è qualcosa che crepita tra di noi, dal primo giorno che ho preso in mano quello stupido cappellino e gliel'ho restituito guardandolo dritto negli occhi.
Aggrotta la fronte. «Sento cosa?»
«L'attrazione» specifico.
Sono completamente attratta da uno sconosciuto che sta cominciando a non esserlo più e non ne comprendo neanche il motivo.
«Non sono in cerca di una relazione. E non mi sembra nemmeno di avertelo fatto credere» assottiglia lo sguardo.
Dunque, quell'Aurora non è la sua ragazza. Bene, questo rende le cose meno imbarazzanti di quanto credevo lo sarebbero diventate. «No, è vero, sei abbastanza chiaro. Sia a gesti che a parole. E anch'io non cerco una relazione.»
Compie un passo, sovrastandomi con la sua altezza. Sbatto le palpebre, respirando piano. C'è una misera manciata di centimetri a separarci, nulla di più.
«Quindi, cosa ti aspetti che faccia?» mormora, trapassandomi con il suo sguardo gelido.
«Voglio che mi baci. Se non sentirai nulla allora faremo finta che niente di questo sia mai successo, altrimenti...»
«Altrimenti?»
Fingo di pensarci su. «Ne riparleremo.»
«Non mi conosci» afferra una ciocca dei miei capelli e mi sfiora il viso con essi.
«Stai... cercando di mettermi in guardia da te stesso?» arcuo un sopracciglio.
«Sto cercando di capire perché vuoi che uno sconosciuto ti porti a letto» mi corregge.
Sbuffo una brevissima risata. Mi sarei aspettata di tutto ma non questa stramba conversazione, iniziata dalla sottoscritta per giunta. Sfioro il colletto del suo chiodo e sospiro. «Non lo so, forse perché non vado a letto con nessuno da mesi? Forse perché sono attratta da te e non ne capisco la ragione? Chi lo sa.»
«Sei terribilmente onesta» scuote il capo chinandolo.
«Qualche volta.»
«Ti riaccompagno, è tardi» sospira.
Immagino che questa valga come risposta.
Annuisco e lo seguo lungo la strada di ritorno. Indosso il casco e attendo che Devon prenda posto, quando lo fa allaccio le braccia attorno al suo addome e mi sistemo. Pochi secondi dopo, parte.
Ci fermiamo sotto casa dieci minuti dopo, tolgo il casco e glielo riconsegno.
«Il mio debito è saldato?» domanda.
«Non lo so, vuoi che lo sia?» scosto i capelli dal petto.
«Buonanotte.»
Vivienne e Danny avrebbero dovuto chiamarlo Loquace, l'aggettivo corretto per definirlo. Non ricambio il saluto, alzo gli occhi al cielo mi volto.
«Avery!»
«Carl?» guardo il vecchio avvicinarsi, un sorriso sul volto.
«Sì, ciao!» si avvicina.
Sento il rumore di un casco, poi Devon è al mio fianco. «Che ci fai qui? E soprattutto, a quest'ora» incrocio le braccia al petto. «Avevi promesso di rigare dritto, Carl.»
«Lo sto facendo, lo giuro!» mette le mani avanti. «Ti ho vista e ho pensato di salutarti.»
«È notte fonda e l'ultima volta che vi siete visti l'hai aggredita, perciò, smamma» ringhia il moro al mio fianco.
«Mi sono già scusato, ragazzo. E poi tu chi saresti? Avery non mi ha parlato di nessun fidanzato.»
Sbuffo, sconvolta dalla piega che ha preso la serata. Prima vengo indirettamente rifiutata dal ragazzo attraente al mio fianco e poi, lo stesso individuo, si permette di parlare al posto mio. Robe da pazzi. «Perché non lo è e tu» indico il vecchio. «non dovresti essere in giro!»
«Lavoro come custode notturno in quel palazzo» m'informa Carl. «Questa è la prima notte.»
Sorrido, contenta di sentirlo. «Oh, allora Jason ti ha davvero aiutato.»
«Ci vive lui lì, con la moglie e i figli.»
Spalanco la bocca. «Ma dai! È sposato! Che dolce» emetto un verso, posando la mano sul petto. «Beh, credo che tu debba tornare. Non vogliamo che ti licenzino il primo giorno di lavoro.»
«Sul serio?» mi guarda Devon.
«Giusto. Buonanotte, Avery e grazie per le dritte. Spero di poterti offrire un caffè un giorno di questi» sorride Carl.
«Tu riga dritto e il caffè te lo offro io» sorrido. «Notte, Carl.»
Quando il vecchio Carl si allontana fulmino Devon con lo sguardo. «Esattamente, come ti permetti di parlare al posto mio?!»
«Quello era l'ubriacone che ti ha aggredita. Avevi un graffio sulla faccia, Avery!» esclama.
«E allora?» allargo le braccia, esasperata. «Sta mettendo la testa al posto. Tutti possono commettere degli sbagli, Devon!»
«Saresti potuta morire, te ne rendi conto o non c'è spazio per questo nel tuo mondo tutto cuori e arcobaleni?»
Ignoro volutamente l'ultima frase. «Lo so, ma Carl sta pagando per i suoi errori. È un essere umano, può sbagliare. Proprio come me e te.»
«Può sbagliare... già» annuisce. «Entra dentro, è tardi.»
Questa è la terza volta che lo dice.
È tardi.
Non posso far altro che chiedermi se è a questa serata che si riferisce o a qualcos'altro.
«Buonanotte» mormoro.

𝐀𝐕𝐄𝐑𝐘 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐋𝐞𝐠𝐚𝐜𝐲 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟏]Where stories live. Discover now