32.

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Massaggio le tempie mentre attendo che l'acqua si scaldi. Ho bisogno di una camomilla per andare a dormire, ogni volta che mi giro e fisso il punto dove ho rianimato Grace mi vengono i brividi. Spero di crollare dopo averla bevuta. Merda. Non posso credere a come si sia evoluta la serata e soprattutto, non posso credere di aver chiamato Harry Ford, quello spocchioso del cavolo. Certo, questo se non consideriamo che ho sbandierato ai quattro venti il fatto di essere un medico. Dovrò dar loro una spiegazione, in fondo la meritano, è solo che non volevo incastrare la mia vecchia vita con questa. Per la prima volta mi sono sentita padrona del mio destino. Sembra tragica per come la metto, ma è davvero così. Non sono più il burattino dei miei genitori, il loro oggetto prezioso da sfoggiare e di cui vantarsi, sono solo... Avery. Una qualunque.
Lascio che il filtro faccia effetto nell'acqua e nel frattempo sistemo il bancone. Adesso come non mai sono grata a Vivienne e Delia per aver deciso di mettere un po' in ordine prima della torta. Mollo lo straccio e apro il frigo, voglio dare una sbirciata. Tiro fuori il cartone e faccio attenzione a depositarlo sul piano di lavoro. Lo apro, ridacchiando lievemente quando noto le decorazioni. Sono piccoli tacchini. Richiudo il cartone e riporto la torta in frigo. Vedrò di dividerla con gli altri in questi giorni, non voglio che vada a male.
Il suono del campanello mi distrae dalle pulizie che sto tentando di fare. Aggrotto la fronte, preoccupata. Spero non sia successo nulla di grave a Grace. Il cuore prende a battere frenetico nel petto mentre mi avvicino alla porta. Afferro il citofono e rimango spiazzata quando vedo lui davanti al portone d'entrata. Ma che ci fa qui? A quest'ora poi.
«Che vuoi?»
«Apri.»
Alzo gli occhi al cielo ed eseguo. Lascio la porta di casa socchiusa e torno al bancone. Poso i bicchieri nel lavandino e passo il panno umido sulla superficie per eliminare eventuali briciole.
«Pulisci a quest'ora? Sono quasi le undici.»
Sollevo il capo vedendolo chiudersi la porta alle spalle e torno alla mia mansione. «Aspetto la camomilla» faccio un cenno verso la tazza. «Ti serviva qualcosa?» domando, mollando il panno sul ripiano.
«Ti ho vista... scossa. È tutto okay?» sputa le parole a fatica, come ogni volta.
«Benissimo.»
«Avery. Posso sapere che cazzo ti prende?» ringhia avvicinandosi, poi afferra il mio braccio facendomi girare.
«Mi prende che non sono stupida, Devon» strattono via il braccio dalla sua presa.
«Forse devo esserlo io allora, perché non sto capendo» assottiglia gli occhi.
Rilascio una risata amara, al limite dell'assurdo. Si è letteralmente presentato mano nella mano con lei in ospedale poche ore fa e ha il coraggio di fare il finto tonto. È... incredibile. Finge molto bene, questo devo riconoscerglielo. «Non mi piacciono i doppiogiochisti.»
«Nemmeno a me.»
Lo guardo infastidita. «E questo che dovrebbe significare?»
«Un medico?» mi fissa ovvio.
«Non capisco che spiegazione ti aspetti onestamente.»
«Non eri quella onesta? Quella che non diceva bugie?»
«Mentire e omettere sono due cose differenti, Devon» sibilo. «E non che debba venirlo a spiegare a te, ma quello che è accaduto a Londra, resta a Londra. O almeno, così credevo» mormoro l'ultima parte.
«Tua madre...» fissa le mie labbra. «Si trova qui, vero?»
Sospiro piano. Non rientrava nei miei piani parlare con lui di questo genere di cose, soprattutto quando sono così inviperita. «No, se n'è andata» lo liquido in fretta. «Adesso, puoi dirmi la verità sul perché sei qui?» incrocio le braccia al petto, come se volessi mantenere una certa distanza tra di noi.
«Te l'ho già detto.»
«Non ti credo.»
«Questo non è un mio problema» ribatte risoluto.
Ma certo, si presenta alle undici di sera a casa mia pretendendo di sapere quali cose e quando, è lui quello a mentire e si aspetta persino che mi metta in ginocchio a giustificarmi. «Allora vattene. Non c'è nient'altro da aggiungere.»
Mi guarda come se mi vedesse per la prima volta. Cos'è, pensava che sarei stata sempre la dolce e divertente Avery? Quella che può essere calpestata perché tanto torna sempre da lui? Beh, sei bravo a letto Devon Bradshaw ma non permetterò ai miei sentimenti di prendere il sopravvento e lasciare che mi manipoli come meglio credi. Sono stanca, sopraffatta dagli avvenimenti di questa sera e voglio solo prendere la mia camomilla e andare a dormire. O almeno, tentarci.
«È per ieri sera, vero? Sei arrabbiata perché hai trovato Aurora nel mio appartamento.»
Stringo i denti, infastidita per come abbia colpito il segno al primo colpo.
«Credi che stia con lei mentre vengo a letto con te. Ecco perché mi hai dato del doppiogiochista.»
Agito le mani con finto entusiasmo. «Evviva, hai vinto il primo premio.»
«I miei genitori mi hanno educato meglio di così, Avery.»
«Ah, davvero? Non si direbbe visto che nemmeno li consideri» mi pento di quello che ho detto nell'istante in cui le parole abbandonano le mie labbra. Chiudo gli occhi e rilascio un profondo sospiro. «Non intendevo dirlo ad alta voce, non sono affari miei.»
«Eppure sembri molto interessata» ringhia.
«In un suo film Al Pacino diceva che se smetti di essere curioso, sei bello che morto.»
Devon annuisce piano, soppesando quello che ho appena detto. «Beh, la curiosità non è peccato ma dovresti esercitarla con cautela, Avery.»
Resto gelata sul posto.
Non credo alle mie orecchie. «Hai... hai appena citato Harry Potter
«Cos'è, mi è vietato anche questo?» sibila velenoso.
«No», riprendo un certo contegno. Non ho dimenticato il motivo per cui ce l'ho con lui. «Comunque, quello che fai con lei non è affar mio ma lo diventa nel momento in cui vengo coinvolta. Perciò...»
«Aurora è la mia migliore amica, Avery. Siamo cresciuti insieme, abbiamo passato la vita insieme.»
So che potrei sembrare gelosa. E dannazione, magari lo sono anche un po'. «Per questo era mezza nuda nel tuo appartamento?»
So anche che non dovrebbe darmi nessuna spiegazione visto che andiamo solo a letto insieme ma... non posso fare a meno di desiderarne una.
«Ha dormito da me, non è una novità. Domani torna a New York con i suoi» spiega tranquillo.
Dorme da lui... Si conoscono da sempre... è tutto qui, sotto ai miei occhi. «Forse dovremmo smettere di andare a letto insieme. Mi dispiace ma non sono fatta per questo genere di cose» stringo le spalle.
Rimane sorpreso dalle mie parole, è evidente. «Quali cose?»
«Il genere in cui noi andiamo a letto insieme nel mio appartamento e poi tu torni nel tuo insieme a lei. Non mi piace» rivelo, dura. Non mi importa di risultare stupida. «Non si tratta nemmeno di sentimenti, Devon, si tratta di rispetto e mi sembra... strano. Sei con me e poi torni a casa da lei. No. Non fa per me.»
«Aurora non vive da me. Io non torno da nessuno la sera. E soprattutto, non dormiamo nello stesso letto da quando avevano quindici anni. Prendo sempre il divano quando si ferma a dormire.»
Detesto ammetterlo, ma apprezzo che si stia sforzando di spiegarmi come stanno le cose. Avrebbe potuto benissimo concordare di chiuderla, eppure, non l'ha fatto. Non so cosa pensare di questa cosa, però mi piace.
«Va bene» sospiro. «Sono stanca e... sopraffatta. Chiudiamola qui» gesticolo.
«Cosa, la discussione o-»
«La discussione» lo interrompo.
«Bene» compie un passo nella mia direzione e senza alcun avvertimento pressa la bocca sulla mia, mandando in tilt ogni terminazione nervosa presente nel mio corpo. «Sono le undici e mezza, quindi, sono ancora in tempo» bisbiglia allontanandosi di poco.
«In tempo per cosa?» balbetto confusa.
«Buon compleanno.»
Un sorriso minaccia di curvarmi le labbra, perciò, le riporto sulle sue stringendogli le braccia attorno al collo. «Sei in tempo per il regalo» sospiro, beandomi della presa che le sue mani esercitano sul mio fondoschiena.
Devon mi solleva dal pavimento facendomi allacciare le gambe attorno alla sua vita e poi si dirige verso le scale. Non smetto un attimo di baciarlo. Ho solo bisogno di sentirlo. È l'unico in grado di farmi spegnere il cervello e far sì che la mia attenzione si focalizzi solo ed esclusivamente su di lui. La cosa pazzesca? È proprio quello che desidero. Voglio che azzeri il fastidioso ronzio che mi riempie la mente e che baci via ogni cattivo pensiero. Desidero essere inondata dal suo profumo, il suo tocco ruvido su di me. Desidero che venga a letto con Avery, una fiorista qualunque e non Avery Miller, laureata a Oxford e fuggita con la coda tra le gambe, che non ha fatto altro che ricoprire la sua prestigiosa famiglia di vergogna. E forse è anche per questo che non ho mai accennato alla mia vita passata: perché non volevo che niente lo condizionasse. Voglio solo essere me e voglio che Devon Bradshaw me lo ricordi con ogni singola spinta che impartisce sui miei fianchi. Io sono solo Avery e a lui va bene così. 

𝐀𝐕𝐄𝐑𝐘 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐋𝐞𝐠𝐚𝐜𝐲 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟏]Where stories live. Discover now