35.

7.6K 297 30
                                    

Un furetto.
Abbiamo quasi investito un furetto. Nel bel mezzo della città di Boston. Come c'è finito un animale del genere tra le strade proprio non lo so.
«Ti prego dimmi che non lo abbiamo ferito» sussurro spaventata.
«No, ho frenato in tempo» dice Devon.
«È così carino» pigolo.
«Non farti ingannare. Un passo falso e attacca. Adesso provo a prenderlo, okay? Resta dove sei.»
Non mi dà il tempo di ribattere, si avvicina piano all'animaletto che lo guardo attento. Devon allunga una mano e attendo che il furetto l'annusi piano. Vedo la palla di pelo premere il muso contro la mano del moro e poi iniziare a girargli intorno. Santo cielo, è una piccola trottola pelosa.
Ridacchio osservandolo infilarsi tra le gambe di Devon e poi accoccolarsi sul suo petto quando il ragazzo gli posa una mano sulla parte inferiore del corpicino.
«Oh, cielo» mormoro. Vorrei coccolarlo.
«Adesso fa come ho fatto io, non muoverti e fallo abituare alla tua presenza. Ci penserà lui al resto.»
Annuisco in silenzio e attendo che Devon si avvicini. Allungo l'indice nella direzione del furetto, i suoi occhietti scuri scattano su di me ma non demordo, non ho paura. Lo annusa per un po', esaminandolo tra le zampine, poi si arrampica lungo il mio braccio, accomodandosi sulla nuca e le spalle. Rido, portando una mano all'insù. L'animaletto si ancora ad essa e questo mi permette di trascinarlo sul petto.
Devon mi fa cenno di salire in macchina e così faccio. Il furetto si guarda intorno, scattando sui sedili posteriori nel momento in cui il moro parte. Lo vedo poggiare una zampetta sul finestrino, attento al paesaggio. «Oh, mio Dio. Si sta godendo il panorama» squittisco, innamorata.
Devon lancia uno sguardo allo specchietto retrovisore e sorride. Ben presto il furetto si riappropria del posto sulle mie gambe e lì rimane fino a quando Devon non parcheggia davanti casa sua.
«Che ci facciamo qui?» chiedo confusa.
«Da te non è permesso portare animali. Può stare da me» dice.
Il furetto, come se avesse capito le sue parole, si attacca al suo petto ed emette un piccolo versetto. Lo so, amico, anche a me piace da impazzire il suo petto tonico.
«Dovrebbe mangiare. Cosa mangiano i furetti?» rifletto ad alta voce mentre lo seguo in casa.
«Cerco su internet. Non so molto a parte il fatto che sono animali domestici» dice intento a togliersi la giacca.
Mi guardo intorno proprio come sta facendo il nostro piccolo amico. Sfreccia per l'appartamento come se fosse alla ricerca di qualcosa, esplora ogni singolo riquadro. Con mia estrema sorpresa, l'appartamento è molto simile al mio monolocale. Mattoni rossi alle pareti e un soppalco dove è posizionato il letto. È molto più ampio del mio, però.
«Okay, mangia carne cruda» mi informa.
Arriccio il naso avvicinandomi in modo da poter leggere anche io.
«Ma vendono il mangime apposito. Vietati cereali, mais e grano perché a quanto pare non può digerirli.»
«Sarà più semplice regolarsi con il mangime. Qualcos'altro?» domando ridacchiando quando sposto lo sguardo sul furetto intento a sonnecchiare dentro una scarpa di Devon. «Ti prego, dimmi che l'odore fetido della tua scarpa non ha ucciso il furetto.»
«Le mie scarpe non puzzano» sibila, lasciandomi il suo cellulare.
Abbasso lo sguardo sullo schermo e memorizzo le nozioni base. Bene. Bisognerà trovargli un trasportino. Amano gli ambienti ristretti dove rintanarsi. «Oh, scopriamo se è un maschietto o una femminuccia.»
«Da che si capisce?» chiede, accucciato di fronte all'animaletto.
«Qui dice in base alla taglia – il maschio è più grande – e al muso più ampio o appuntito. Come ti sembra il suo?»
«Mi sembra ampio, no? Credo sia un maschio.»
Scorro tra le diverse foto e annuisco. «Controlla in mezzo alle zampe» lo punzecchio.
Devon fa come gli ho detto emettendo un sospiro. «È maschio.»
«Bene. Come lo chiamiamo?» domando restituendogli il cellulare. Lo ammetto, mi ha sorpreso il suo gesto. Non mi aspettavo affatto che mi avrebbe ceduto il cellulare con estrema tranquillità.
«Non lo so, scegli tu. Niente di imbarazzante, Avery» mi avverte alzandosi.
Ci rifletto su, studiando il piccoletto. Si è mostrato pieno di energie fino a poco fa e ha scorrazzato per l'appartamento come se avesse il diavolo alle calcagna. Direi... «Che ne dici di Furia?» mi volto in direzione del moro, adesso intento a tirare qualcosa fuori dal frigo.
«Oh, sì, al momento è proprio una piccola furia» lancia uno sguardo all'animale dormiente.
«Dai, è una molla scattante. E potrebbe essere anche una simpatica antifrasi, no?» carezzo la testolina di Furia.
«Furia sia. Adesso va a lavarti le mani, sto preparando la cena.»
Mi blocco a mezz'aria.
Lui sta preparando la cena per me?
Mi riprendo, trovando il bagno al primo colpo. Anch'esso piccolino ma fornito di una vasca e una tendina attorno ad essa. Che invidia, piacerebbe tanto anche a me possedere una vasca e fare tanti bei bagni caldi d'inverno. Noto che è perfettamente in ordine, persino il cesto dei panni sporchi è vuoto. Cento punti in più, Bradshaw.
«Ti muovi?» mi richiama dalla cucina.
Reprimo una risata e lo raggiungo. L'isola posta al centro della cucina è abbastanza ampia da poter ospitare tranquillamente anche più di quattro persone, prendo posto su uno degli sgabelli e attendo la cena. Annuso l'aria; il profumo di patatine fritte e carne riempie la stanza facendomi venire l'acquolina in bocca. Devon posiziona delle salse al centro e poi mi cede il piatto. «E Furia?»
«Ho trovato della carne in frigo, ho fatto spesa stamattina e dovevo ancora sistemarla. È pollo, ma penso che per una sera vada bene» spiega indicando col mento in direzione del furetto.
Quest'ultimo sta ancora sonnecchiando dentro la scarpa, un piatto con la carne cruda si trova al suo fianco e accanto ad esso una piccola ciotola colma d'acqua.
«Cacchio, è proprio carino» sospiro, poggiando una mano sul mento.
«Mangia, si fredda» si accomoda al mio fianco.
Ignoro l'imbarazzo che mi risale su per le guance e mi concentro sul tagliare a cubetto la fettina di carne. È strano cenare insieme in questo modo, di solito viene sempre dopo cena e non si ferma mai a dormire. Beh, tranne la mattina dopo il giorno del mio compleanno. «Come sta Grace? Mi ha detto che ha iniziato una dieta e non ne è molto contenta» sorrido comprensiva.
Devon annuisce convinto. «Eccome se non ne è contenta. Mamma mi ha detto che si è lamentata del pollo almeno dieci volte prima di mangiarlo» afferra il bicchiere e butta giù un po' d'acqua.
'Mamma mi ha detto'? Parla con sua madre adesso? O per lo meno, si scambiano messaggi? Tengo a freno l'entusiasmo, fingendo che non mi abbia detto nulla di nuovo e annuisco. «Ci farà l'abitudine, all'inizio non è mai semplice» mordicchio il labbro inferiore, non potendo fare a meno di pensare alla prima volta che sono arrivata a Boston. Ero così spaesata.
«Stiamo ancora parlando della dieta?» arcua un sopracciglio, guardandomi attentamente.
«Sì», viene fuori più come una domanda.
«A che stavi pensando? Hai martoriato quel povero labbro.»
Sbuffo una risata e lascio andare la mia vittima. «Pensavo alla prima volta che sono arrivata. Sono stata fortunata a trovare subito un lavoro al Velia's ma se non fossi passata per puro caso da lì, mi chiedo dove sarei adesso. Non è stato semplice tornare qui, non credevo l'avrei mai fatto a dirla tutta. Il clima di Boston è tremendo» porto un pezzetto di carne in bocca.
«Da dov'è che venivi, Londra?»
«Oxford, in realtà» schiarisco la voce, imbarazzata.
«Oxford» ripete. «Caspita» annuisce piano.
«Niente di che» liquido la cosa ondeggiando una mano. «Allora, come va in palestra?»
Non gli sfugge il fatto che ho cambiato argomento, ma non commenta e di questo gliene sono grata. Non è che io non voglia proprio parlarne – ormai il vaso di Pandora è stato bello che scoperchiato – è solo che... non so niente di lui e forse è strambo come ragionamento ma non voglio essere l'unica a rimanere scoperta qui. Voglio essere alla pari e finora non è affatto così, anzi, continuo a navigare nelle più oscure delle acque quando si tratta di lui. 

𝐀𝐕𝐄𝐑𝐘 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐋𝐞𝐠𝐚𝐜𝐲 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟏]Hikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin