24.

7.6K 328 54
                                    

Devon Bradshaw mi punta lo sguardo addosso non appena si toglie il casco. Vivienne, al mio fianco, rivolge un veloce saluto al figlio e se la svigna. Non ci credo che mi abbia lasciata sola. Che... che... ugh, non posso nemmeno dirlo, soprattutto dopo la nostra chiacchierata a cuore aperto.
Si avvicina lentamente, come fosse un predatore pronto ad azzannare la sua preda. Mi afferra il mento, sollevandolo e sfiora la piccola ferita sul labbro inferiore col pollice. Per fortuna non fa poi così male, è stato solo il momento a farla sembrare peggio di quanto in realtà fosse.
«Dimmi che non hai fatto a botte con nessuno.»
Deglutisco, non sapendo come muovermi sotto il suo sguardo inquisitorio. «Io... non ho fatto a botte con nessuno» confermo. Beh, è la verità.
Lascia andare la presa sul mio mento e mi fa cenno di seguirlo. L'ultima volta che ho visto questa motocicletta il ragazzo qui presente mi ha detto che non ci sarei più salita. A quanto pare, è un bel bugiardo. Prendo il casco che mi porge e lo indosso, poi mi accomodo sul sellino. Stringo le mani nelle apposite maniglie ai lati ma Devon è svelto ad afferrare le mie braccia e avvolgersele attorno al busto. Non controbatto, anzi, rafforzo la presa e mi faccio più vicina. Le mie cosce sfiorano i suoi fianchi a ogni curva, gesto che mi fa rabbrividire.
Devon si ferma proprio di fronte al palazzo, scendo con estrema lentezza e sospiro sollevata di non aver provato così tanto dolore. In realtà, è quasi del tutto svanito e la cosa mi rende felice. Certo, incontro di oggi a parte. Tiro fuori le chiavi e apro il portone, lo lascio socchiuso in attesa che entri il moro e nel frattempo chiamo l'ascensore. Le porte si aprono con un singolo 'ding'. Devon mi raggiunge dopo qualche secondo. Pigio il bottone dell'ultimo piano e guardo le porte chiudersi.
«E nessuno ha fatto con te. Giusto?» la sua domanda spezza il silenzio che si era venuto a creare.
Lo guardo, riflettendo su cosa rivelargli. Sto apprendendo qualcosa su di lui solo perché sono costretta a prendermelo con la forza, non abbiamo mai fatto una chiacchierata normale. So bene che non è ciò che desidera; se ci sarà qualcosa tra di noi sarà solo sesso e a me va bene, certo, è solo che... non lo so, c'è di più che mi attira e non capisco bene cosa sia di preciso. «Uno schiaffo non vale come rissa, no?»
Le porte dell'ascensore si aprono, usciamo e ci avviciniamo alla porta. Inserisco la chiave nella serratura facendola scattare ed entriamo in casa. Mollo tutto sul divano e poggiando le mani sui fianchi rilascio un profondo respiro. Che giornata, accidenti.
«Chi è che ti ha schiaffeggiato?» domanda avvicinandosi.
Bagno le labbra. Da vicino è ancora più bello... «Ehm... sto cercando di inventare una bugia ma non mi viene in mente nulla» ammetto.
«Onesta» tocca i miei capelli, fino a raggiungere la nuca. «Quindi dimmi la verità» massaggia piano.
Chiudo gli occhi, beandomi del suo tocco leggero ma intenso e rilascio un breve ansito. «Mia... mia madre.»
I suoi movimenti cessano per un millisecondo, poi riprende a massaggiare piano la nuca. Gratta piano la cute, portandomi ad un punto di non ritorno. Sarei patetica se dicessi che è quasi meglio di un orgasmo? «Capisco.»
«Hm-hm» mormoro.
«Vogliamo dimenticarla o preferisci argomentare quello che hai detto?» sfiora il mio lobo con le sue labbra.
Stringo i lembi della sua maglietta tra le mani e mi avvicino. «Di che stavamo parlando?» gli faccio capire l'antifona.
Il moro sbuffa una risata e senza aggiungere altro afferra i bordi del mio maglione e li tira su, liberandomene. Lo lancia alle mie spalle e si fionda sul mio collo. Non so come io riesca a reggermi in piedi o a ricambiare il favore, sbarazzandomi della sua maglia ma è così. Faccio scivolare le mani lungo il petto e i solchi che definiscono il suo addome piatto. È stato scolpito nel più pregiato dei marmi, altrimenti non si spiega tale visione. Risalgo, accarezzando le spalle larghe e giungo al suo viso. Mi allungo nella sua direzione ma vengo respinta. Aggrotto la fronte e borbotto. «Perché no?»
«Si era cicatrizzata da appena qualche giorno e tua madre ha avuto la brillante idea di riaprirla. Non ho intenzione di fare lo stesso» spiega, intento a slacciare il bottone dei miei jeans.
«Chi se ne frega. Ho bisogno di baciarti» scuoto il capo e premo la mano sulla sua nuca per non farlo scappare. L'attimo successivo schianto la bocca sulla sua facendoci gemere in contemporanea. Non lo negherò, ha fatto un po' male ma solo perché lui non ha voluto baciarmi per primo. Muovo le labbra sulle sue, beandomi della loro morbidezza. Stringo la presa, gemendo quando le nostre lingue si ritrovano dopo tanto tempo. Devon allunga le braccia, tirandomi su con una sola mossa. Avvolgo le gambe attorno ai suoi fianchi e mi scosto. «È stato sexy. Puoi farlo tutte le volte che vuoi.»
Accenna una risata e si muove. Mentre sale le scale mi dedico al suo collo, mordendolo e riempiendolo di baci. Quando arriviamo sul soppalco, il mio reggiseno è la prima cosa a svanire. Devon lo stringe tra le dita e lo lancia, facendolo cadere di sotto. Beh, anche questo è maledettamente sexy. I nostri jeans sono gli indumenti successivi. Ben presto mi ritrovo con la schiena sul materasso freddo, Devon sopra di me. Mi riapproprio della sua bocca baciandolo con tutta me stessa, sollevo il bacino sentendo le sue mani sui fianchi e ansimo quando mi rendo conto che a separarci rimane solo il tessuto dei suoi boxer. Il moro si scosta, abbassandosi sul mio petto così da poter catturare un capezzolo tra le labbra. Chiudo gli occhi, sfiorando i suoi capelli con una mano mentre mi godo il suo attacco. Mi tortura per un tempo che sembra infinito e sebbene mi piaccia da impazzire, ho bisogno di un contatto vero e proprio, ho bisogno di lui.
«Dev» bisbiglio.
Devon libera il capezzolo dalle sue labbra e si china di lato per recuperare i suoi jeans. Tira fuori un profilattico dalla tasca anteriore e torna su di me. Cattura la mia bocca in un altro bacio; non mi passa inosservato il modo in cui preme con meno forza. Non vuole farmi male. Sorrido sulle sue labbra al pensiero, peccato il mio sorriso si disintegri in mille pezzi quando sento la sua mano lavorare sul mio sesso. Sibilo, travolta da un piacere che non provavo da mesi e strizzo gli occhi. Muove la mano tra le mie gambe con maestria, sapendo perfettamente quando fermarsi e quando fare pressione. Apro gli occhi trovando lo sguardo di Devon già su di me, e mi basta questo per venire sulla sua mano, mi basta guardarlo dritto negli occhi.
Ho il viso in fiamme quando si china su di me per baciarmi. «Pronta?» mormora, la voce roca.
Annuisco a corto di parole. È bello, bello da mozzare il fiato. Lo sento farsi strada dentro di me, ed è intenso come fosse la prima volta che mi ritrovo in una situazione del genere. Si fa spazio centimetro dopo centimetro. Respiro dopo respiro. Non mi perdo nemmeno un secondo di questo momento: lo vedo aggrottare piano la fronte ad ogni movimento, prendere piccoli respiri mentre si ritira per poi rientrare stavolta con una singola spinta. Anche il suo viso è arrossato, un tratto che lo rende umano e vulnerabile ai miei occhi.
La sua mano scivola lungo la mia coscia, tenendosela stretta sul fianco. Inizia a muoversi pigramente, facendomi abituare alla sensazione, alla sua dimensione. Notevole, se vogliamo essere precisi. E ci avrei creduto anche se non l'avessi visto dato che ho fatto un po' fatica ad accoglierlo.
Gemo sulle sue labbra, pregandolo in un sussurro di andare più veloce, più forte. Gli basta la mia supplica per incrementare il ritmo, andando sempre più veloce. Ansimo, portando gli occhi sui suoi fianchi che ondeggiano sinuosi, perdendosi nei miei. Sollevo il viso, acciuffando per l'ennesima volta la sua bocca. Questa volta, però, ricambia il bacio con energia, portandomi in una dimensione paradisiaca. Il sapore metallico del sangue invade i miei sensi ma non me ne importa un accidente, voglio che continui a spingere, a riempirmi spinta dopo spinta, voglio che mi morda e mi possegga senza esitazioni. Devon si accorge che il mio labbro sanguina scostandosi per un breve attimo ma quando si rende conto che sto benissimo, fa scivolare le mani sul mio fondoschiena sollevandolo dal materasso e si riappropria della mia bocca. Le nostre spinte si fanno sempre più sconnesse, sempre più selvagge. Ho solo bisogno di un... oh. Il suo tocco mi fa raggiungere le stelle, trasportandomi chissà dove. Il piacere mi divora, mi annienta mettendomi in ginocchio nella più bella delle torture. Stringo le gambe attorno al bacino di Devon, non mollando la presa nemmeno quando viene accasciandosi sul mio corpo. Non ho la minima intenzione di scollarmi, no. Sto troppo bene così. Troppo.
«Ci sono riuscito?» sussurra, sfiorandomi il labbro inferiore col pollice.
Noto una goccia scarlatta ma non è nulla di che. «A fare?» domando, confusa.
«Ci sono riuscito» accenna una risata.

𝐀𝐕𝐄𝐑𝐘 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐋𝐞𝐠𝐚𝐜𝐲 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟏]Where stories live. Discover now